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Ermanno Olmi: “Dai sogni a Sant’Agostino, vi racconto chi era il cardinale Carlo Maria Martini”

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 31/08/17
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Il regista del film “vedete, sono uno di voi” aveva un rapporto amicale con il porporato. Per la sua grande profondità di pensiero lo scelse come soggetto della sua pellicola

«Ogni capitolo della sua vita ha potuto rappresentare l’occasione per rivivere emotivamente un capitolo della nostra stessa esistenza, di ciascuno di noi».

Ermanno Olmi nel libro intervista Vedete, sono uno di voi, a cura di Marco Garzonio (Ancora editrice), racconta da dove è nata l’idea di realizzare un film sul cardinale Carlo Maria Martini e cosa l’ha spinto a ricostruire i momenti salienti della vita dell’indimenticato cardinale di Milano.

LA FINE DI UN’EPOCA

«Quando Martini è stato nominato Arcivescovo di Milano e ha fatto il suo ingresso in Diocesi a piedi – spiega Olmi – scegliendo di compiere un cammino di preghiera dal Castello Sforzesco al Duomo in mezzo alla folla invece di raggiungere la piazza a bordo di una limousine come avrebbe fatto una qualunque altra autorità religiosa o civile, si è visto quasi subito che egli interpretava un passaggio epocale: finiva un tempo e ne incominciava un altro che non dava rassicurazioni».

I “TRE” SOGNI DI MARTINI

È stato fondamentale all’inizio della lavorazione, nella prima stesura del soggetto, sottolinea Olmi, «cercare di porci dal punto di vista del Cardinale, interrogarci, chiederci che cosa rendeva i suoi primi gesti così diversi, capire quale potevano essere stati i “sogni” di Martini, i sogni del bambino che aveva cercato nelle librerie di Torino una buona edizione della Bibbia e del giovane seminarista che deluse il padre scegliendo la vita religiosa invece che una professione (il padre lo voleva medico), i sogni del gesuita che si dedica alla Scrittura, la studia e la insegna, i sogni del professore che ha l’opportunità di dare in prima persona un contributo a quel grande cambiamento della Chiesa, ma non solo di questa, che hanno rappresentato papa Giovanni XXIII e il Concilio».

UNA “NUOVA” CHIESA

Nella pellicola Olmi ha provato a trasmettere quell’aspetto rivoluzionario del cardinale, che è stato il “ripensamento” della Chiesa. «Attraverso la vicenda di Martini tu arrivi a renderti conto come l’Uomo, lo dico intendendo sottolineare la parola, con la “U” maiuscola quindi, come l’Uomo possa raggiungere la consapevolezza che senza giustizia non c’è libertà. Arrivo a dire che puoi intravedere una Chiesa non più fondata sui dogmi, ma permeata da una religione il cui comandamento fondamentale è un percorso libero e condiviso, di testimonianza, che riconosce e difende il diritto alla dignità di ciascun uomo».



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“MEDIATORE” TRA MILANO E IL MONDO

E’ tutto questa straordinarietà del personaggio ad aver fatto ricadere la scelta su di lui. «Abbiamo fatto un film su Martini – sentenzia il regista –  perché ogni capitolo della sua vita ha potuto rappresentare l’occasione per rivivere emotivamente un capitolo della nostra stessa esistenza, di ciascuno di noi. Potremmo addirittura immaginarci un diagramma, una sorta di tabella, in cui mettere in colonna da una parte gli avvenimenti del mondo, dell’Italia, di Milano; dall’altra disporre quelli della Chiesa di Milano, della Chiesa di Roma, della Chiesa universale; in mezzo porre Martini, come punto di raccordo, di incontro, di dialogo tra le tante situazioni. E a parte, in un’ulteriore colonna, potremmo indicare le aperture al futuro rese possibili da quell’intreccio di scambi».

L’INFLUENZA DI SANT’AGOSTINO

Un film con un’impostazione agostiniana, dunque, “questo vedete, sono uno di voi“. È Agostino a scrivere nelle Confessioni che i “tempi sono tre: il presente del presente, il presente del passato e il presente del futuro“. Del resto si sa che Martini conosceva e amava molto Agostino.

E’ ne metteva in pratica il pensiero. «Ad esempio – evidenzia Olmi – quando teorizzava la solitudine in cui vive l’uomo, di cui si incomincia oggi ad avere consapevolezza. Oppure il diffuso senso d’ingiustizia. E ancora la precarietà, che non è solo quella riferita al lavoro che manca o che risulta inadeguato rispetto ai bisogni e alla dignità; lo smarrimento delle persone; la perdita di fiducia, soprattutto nell’altro».



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“VEDEVA OLTRE IL PRESENTE”

Ecco, sottolinea il regista, «il tempo presente è l’oggi. Noi raccontiamo, ma cerchiamo di far capire che ci stacchiamo dalla narrazione, che siamo degli interroganti. Sono le nostre continue domande che fanno procedere il racconto cinematografico. Dai sogni dell’infanzia arrivi al sogno della giustizia tra le persone. Credo che Martini ci abbia aiutato a capire anche un tale passaggio».

Perché, secondo Olmi, «ha attraversato situazioni molto difficili, nelle quali ha visto che al massimo di dolore può corrispondere il massimo di speranza. Pensa solo al “benvenuto” che quasi da subito Milano gli ha dato con il terrorismo, lui che accorre a benedire le vittime, a celebrare i funerali, a dover cercare un senso a tante morti per i parenti, per la città, per la gente che gli è stata affidata, oltreché per sé, sottratto ai suoi libri e catapultato qui. Credo che lo abbia sorretto molto in questa capacità di vedere oltre l’istante e l’immediato delle situazioni una circostanza all’apparenza privata».



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