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La via Francigena in Sicilia: alla scoperta di una parte poco conosciuta dell’isola

VIA FRANCIGENA SICILIA
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Credere - pubblicato il 30/08/17
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La Magna Via da Palermo ad Agrigento e gli altri tre percorsidi Rossana Campisi

Un passo, e ancora un altro. Trazzere, distese di grano, abbazie, santuari, l’orizzonte che si allarga oltre ogni grandangolo e il sudore che si mischia alla storia, e alla bellezza. Siamo in Sicilia, l’isola che nel Medioevo diventa “hub” di pellegrini, terra di passaggio per raggiungere, soprattutto, Gerusalemme, ma poi anche Roma e Santiago de Compostela: non c’è però nessuna tomba di santo da visitare qui, solo il viaggio da percorrere in una regione che i normanni conquistano per trent’anni dopo i bizantini e gli arabi, che trasformano in prima Apostolica Legazia grazie a un accordo col Papa (i normanni promettono di cristianizzarla ma vogliono decidere chi mettere a capo delle diocesi).

DA PALERMO AD AGRIGENTO

Siamo in quel Sud Italia che accoglie da sempre idee per (ri)creare sintesi religiose e umane uniche. E per questo è facile immaginare un gruppetto di giovani che nel 2009 si mettono a studiare per riscoprire archeologicamente certe strade poco battute, raccontarle in un modo nuovo e rivivere la fede dei viandanti che sostavano nelle chiese urbane o dentro le grange rurali. Nel 2013 questi giovani compiono poi il primo viaggio lungo questi cammini francigeni e quest’anno li condividono in via ufficiale con tutti.

La Magna Via Francigena è uno dei quattro cammini emersi dai documenti antichi: è il più breve (180 km), quello che ha ricevuto un finanziamento dalla Regione Sicilia e dal Ministero dei beni culturali e del turismo, e che collega il mar Tirreno al Mediterraneo. Si parte da Palermo, davanti alla cattedrale e si arriva ad Agrigento. «La prima volta che l’ho percorso ricordo una donna affacciata a un balcone e ci chiede “Chi siete?», racconta Davide Comunale, 36, ricercatore di Archeologia tra Palermo e Roma. «“Siamo pellegrini”, le abbiamo detto. “Pregate per i miei peccati”, ci ha risposto proprio come si faceva un tempo davanti all’homo viator. Quando abbiamo raccontato il nostro progetto ai vecchi dei paesi, restavano in silenzio: hanno il pudore di chi pensa a quelle vie come fatica, la strada per andare a lavorare e dove alzare gli occhi al Cielo», conclude.

IMPARARE LA FATICA

La spiritualità di questa via è tutta qui: imparare a vivere all’insegna dell’essenzialità, del cambiamento e della fatica. «Resti solo con te stesso, riscopri la semplicità e la riconoscenza verso tutto ciò che capita, anche per la pioggia che, se non è gradita a te, di sicuro lo è alla natura. E queste sono più di mille pagine bibliche», aggiunge Giovanni Mercandalli, 67, lombardo di Cesate, esperto dei cammini di Sicilia.

Dall’araba Palermo si raggiunge  Agrigento passando per l’immenso Duomo di Monreale e superando la Conca d’Oro e poi il fiume Platani: sono otto tappe che coinvolgono tredici comuni, di cui è certamente rappresentativa Piana degli Albanesi, colonia dove gli albanesi in fuga dall’invasione musulmana si sono rifugiati nel XV secolo portando i loro riti, oltre che la loro lingua: magari vi capita di assistere a un matrimonio tradizionale con la sposa che indossa i vestiti ereditati dalle donne di famiglia, o magari assaggiate il miglior cannolo di Sicilia e sappiate che lì è nata la letteratura albanese.

CAMMINANDO CON LA STORIA

Dopo Piana, ci si addentra fino a Castronovo di Sicilia, cuore della via, sede della chiesa di San Pietro, simbolo dell’accoglienza multietnica di viandanti e vescovi; si sbuca a Sutera, millesettecento abitanti arroccati sulla rocca di San Paolino (festeggiato il giorno di Pasquetta) e, oltre le colline e i borghi minerari, si resta irretiti dall’atmosfera della Magna Grecia che vi offre Agrigento.

Si tratta di un cammino (conosciuto già dai Romani) che collega due grandi strade direttrici: quella che da Palermo arriva a Messina (la Via Francigena “per le montagne”, quasi 400 km percorribili in quasi 20 giorni) e quella che da Agrigento sbuca a Randazzo, nel catanese (320 km in due settimane). Il quarto è quello che collega Palermo ad Agrigento passando per Marsala (330 km, percorribili in due settimane).

E se lungo questi itinerari vi imbattete in due chiesette affiancate, è lì che la storia continua a parlarvi: a volerle sono state in genere due confraternite rivali al punto che chi si faceva battezzare in una non avrebbe potuto sposare chi era stato battezzato nell’altra. La Storia trasuda tra le piante profumate di strade ora percorribili con un occhio nuovo. La religiosità, del sacrificio e dell’accoglienza, invece offre il senso di tutto.

ORGANIZZARE LA VISITA

Per trovare informazioni sui cammini, conoscere la segnaletica, i percorsi da poter fare anche in bici e mountain bike, gli alloggi aderenti si possono consultare i siti camminifrancigenidisicilia.wordpress.com e www.magnaviafrancigena.it.

CREDENZIALI

Si possono anche vedere in anteprima la credenziale e il testimonium che si riceveranno alla fine come suggello del cammino di Sicilia. Nei siti infine appaiono, per ogni comune, feste ed eventi programmati in ogni stagione, oltre che i weekend organizzati per partire in gruppo.

ALLOGGIARE E MANGIARE

La gran parte degli alloggi sono storiche casette di nonni chiuse e sfitte che, grazie ai cammini, sono tornate a vivere: alcuni proprietari chiedono una donazione libera, altri hanno una tariffa fissa che non supera i 20 euro. Si tratta della rete di ospitalità diffusa (meglio avvisare che arriverete 4/5 giorni prima), un’esperienza che arricchisce e che ha fatto ripartire la microeconomia basata sulle eccellenze del territorio. Esistono anche ristoranti che offrono il menu del pellegrino a prezzi contenuti. Invece, a Castronovo di Sicilia, lungo il cammino della Magna Via, il pasticcere Giuseppe ha creato la torta del pellegrino (fatta col grano saraceno e il gelsomino del territorio): non perdetela.

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