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Un vescovo (Romero) e un Papa (Paolo VI)

WEB-SAINT-MAR 24-OSCAR ROMERO © J. Puig Reixach CC

© J. Puig Reixach CC

L'Osservatore Romano - pubblicato il 15/08/17

Nel giorno dell’Assunta il centenario della nascita di Óscar Romero

Nel giorno dell’Assunta ricorre il centenario della nascita di uno dei cristiani più conosciuti del nostro tempo, Óscar Romero. L’arcivescovo di San Salvador venne assassinato nel 1980 a sessantatré anni mentre diceva messa, per aver denunciato l’ingiustizia e la violenza che flagellavano il piccolo paese centroamericano: prese di posizione chiare in nome del Vangelo. Davanti alla sua tomba nel 1983 pregò Giovanni Paolo II, che nel 1997 autorizzò l’apertura della causa di canonizzazione, ma soltanto nel 2012 questa venne ripresa, per decisione di Benedetto XVI e poi di Francesco, fino alla beatificazione nel 2015 come martire.

Ma importante per Romero è stato soprattutto Paolo VI, il Papa che lo nominò nel 1970 vescovo ausiliare di San Salvador, nel 1974 vescovo di Santiago de María e nel 1977 arcivescovo della capitale. Il giovane chierico era stato a Roma, dove aveva studiato alla Gregoriana tra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta, ormai in piena guerra. Sarà proprio questa formazione romana, che gli dà un’impronta tradizionale, a permettergli di seguire un ventennio più tardi la stagione conciliare con fiducia nel magistero. E appunto la visione aperta di Papa Montini, che guida con coraggio e sapienza il Vaticano II, è quella che il prete salvadoregno inizia ad accogliere.

In un articolo pubblicato agli inizi del 1965 Romero scrive: «Per non cadere nel ridicolo di una critica affezione al vecchio e per non cadere nel ridicolo di farsi avventuriero di “sogni artificiosi” di novità meglio è vivere oggi più che mai quel classico assioma “sentire con la Chiesa” che concretamente significa attaccamento alla gerarchia». E proprio l’espressione Sentir con la Iglesia, di matrice ignaziana, sarà scelta cinque anni più tardi dal nuovo ausiliare di San Salvador come suo motto episcopale.




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Vescovo in un paese crudelmente oppresso dalle oligarchie e dai militari, preoccupato per le tendenze politiche che si manifestano nella teologia della liberazione, progressivamente arriva a condividerne il concetto della centralità dei poveri, che nel 1968 era stato ribadito dalla conferenza di Medellín a cui aveva preso parte Paolo VI, primo Papa a mettere piede in America latina. E proprio un documento di Montini, l’Evangelii nuntiandi, più volte ricordato con ammirazione dal suo attuale successore, incoraggia monsignor Romero. Che proprio per la sua posizione moderata viene scelto come arcivescovo di San Salvador, mentre la situazione si fa sempre più difficile e la violenza repressiva aumenta.

La prima omelia dell’arcivescovo è infatti per un amico fraterno, il gesuita Rutilio Grande, assassinato dagli squadroni della morte con due fedeli, Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus, mentre andava a celebrare per la novena di san Giuseppe, quasi un’anticipazione della propria morte: «Così ama la Chiesa, muore con loro e con loro si presenta alla trascendenza del cielo. Li ama, ed è significativo che sia stato mentre camminava verso il suo popolo per portare il messaggio della messa e della salvezza che padre Rutilio Grande cadde crivellato. Un sacerdote con i suoi contadini, sulla via del suo popolo per identificarsi con esso, per vivere con loro non un’ispirazione rivoluzionaria, ma un’ispirazione d’amore».




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Pochi giorni dopo Romero viaggia a Roma per cercare il sostegno che non ha più dal nunzio, e il Papa lo riceve subito, come era avvenuto tre anni prima, e come avverrà un anno dopo, proprio nell’anniversario dell’elezione di Montini. Il ricordo dettagliato di quest’ultima udienza è nel diario dell’arcivescovo. «Paolo VI mi ha stretto la mano destra e l’ha trattenuta a lungo fra le sue due mani e pure io ho stretto con le mie due mani la mano del Papa», che gli parla a lungo: «Comprendo il suo difficile lavoro. È un lavoro che può essere incompreso e ha bisogno di molta pazienza e fortezza. So bene che non tutti la pensano come lei; è difficile, nelle circostanze del suo paese, avere tale unanimità di pensiero; ma vada avanti con coraggio, con pazienza, con forza, con speranza». Un mese e mezzo più tardi Montini si spegneva. Meno di due anni dopo Romero veniva ucciso.

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