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Perché Dio non ha curato Charlie Gard?

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Facebook / Charlie's fight

Padre Aquinas Guilbeau, OP - pubblicato il 08/08/17

Nulla nella Provvidenza divina è invano

La notizia si è diffusa rapidamente in tutto il mondo. Charlie Gard, il bambino britannico affetto da una grave malattia, è morto in un ospedale di Londra. Anche se era ormai attesa, la sua morte ha provocato una grande tristezza.

Negli ultimi mesi la situazione di Charlie aveva richiamato l’attenzione. Il piccolo, che non aveva ancora compiuto un anno, ha visto la propria vita – e la propria morte – al centro di un’aspra battaglia legale. Mentre i medici ritenevano meglio sospendere i trattamenti a cui era sottoposto, i genitori non erano d’accordo e volevano dare al figlio una possibilità di lottare per la vita, anche se le cure sperimentali potevano offrire solo un piccolo miglioramento delle sue condizioni.

L’accaduto ha smesso di essere una disputa sulle cure di Charlie ed è diventato una battaglia legale sui diritti genitoriali. Tra l’ospedale e i genitori, chi doveva avere l’ultima parola per determinare cosa sarebbe stato meglio per il bambino malato? In innumerevoli udienze, i genitori di Charlie, Chris Gard e Connie Yates, hanno perso quasi tutti gli appelli. I tribunali hanno respinto le richieste da loro avanzate per trasferire il piccolo in un altro ospedale e provare una cura sperimentale negli Stati Uniti. Perfino la richiesta di portare Charlie a morire a casa è stata respinta. Risultato: Charlie non ha lasciato l’ospedale nel quale gli era stata diagnosticata la malattia e i desideri dei medici sono stati esauditi.

Il dibattito legale sul caso di Charlie Gard continuerà, com’era da aspettarsi. Ma non basta. Verranno discusse anche le questioni culturali e religiose. Ad esempio, dal punto di vista religioso alcuni fedeli possono trovare nella malattia e nella morte di Charlie una sfida alla fede. Anche se le foto del Battesimo del piccolo ci consolano come cristiani, possiamo chiederci perché Dio non abbia agito per salvare la sua vita.




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Come molte persone, ho postato e ripostato molte storie con l’hashtag #CharlieGard su Twitter, chiedendo preghiere per lui e per la sua famiglia. Migliaia di persone su Facebook hanno fatto lo stesso, e il risultato è stata una corrente di preghiera che si è diffusa in tutto il mondo. Tutto invano? Giorni fa pregavamo per la vita di Charlie, ora preghiamo per il riposo della sua anima. Questo può far sorgere una domanda in alcuni: se la preghiera di centinaia di migliaia di persone a favore di un bambino innocente non basta a far agire Dio in questo mondo, cosa può farlo?

Domande come questa possono essere inevitabili, ma non restano prive di risposta. Il proposito della preghiera di intercessione non è cambiare la volontà di Dio, ma far cambiare noi. Sant’Agostino lo ha spiegato secoli fa a una nobile cristiana che affrontava innumerevoli sfide. Il santo vescovo esortò la donna sofferente a pregare per una “vita felice”, che è quella in cui possediamo tutto ciò che desideriamo a patto che questo, ovviamente, non sia qualcosa che non dobbiamo avere. In altre parole, la felicità consiste nel possedere ciò che Dio vuole darci. La visione di Agostino è istruttiva. Aprendo il nostro cuore a Dio – per noi e per gli altri –, e la nostra preghiera viene purificata, di modo che col tempo iniziamo a desiderare di più ciò che Dio vuole darci e di meno quello che vorremmo avere. Anche nei momenti di angoscia, spiegava Agostino, la preghiera trasforma il nostro sentimento di dolore e ansia per iniziare la ricerca del bene maggiore che Dio ci offre attraverso la nostra sofferenza.

Nella sua dottrina di preghiera, San Tommaso d’Aquino ha sottolineato lo stesso aspetto, insegnando che pregare per la salvezza, per una grazia, per una conversione e per la crescita di una virtù è allineare la nostra volontà a quella di Dio. Non è quindi Dio che cambia come risultato della nostra preghiera; siamo noi a cambiare. Nonostante questo, Tommaso d’Aquino e Agostino non credevano che non dovremmo pregare anche per i beni temporali – per un buon lavoro, per essere preservati dalla malattia, per la difesa contro i nemici… -, ma entrambi consideravano che il nostro desiderio di questi beni dovrebbe essere orientato alla felicità finale ed eterna che Dio desidera per ciascuno di noi. Il desiderio di raggiungere il Cielo, quindi, rappresenta il frutto della nostra preghiera: che sia fatta la volontà di Dio, sia in terra che in Cielo. Anche se soffriamo per la disoccupazione, per una malattia difficile o per gli attacchi dei nostri nemici, la nostra volontà di arrivare in Cielo deve persistere, e perfino crescere.




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Quando applicati alla breve vita di Charlie Gard, gli insegnamenti cristiani sulla preghiera possono essere una sfida. Abbiamo bisogno di molta fede per capire che la morte del piccolo Charlie, avvenuta nonostante le tante preghiere per lui, ci indica qualcosa di positivo che Dio ci vuole dare, qualcosa di più grande del male rappresentato dalla morte di Charlie. Questo mistero non deve sorprenderci. Consideriamo la vita e la morte di Gesù. La Passione di Cristo ci ha portato a un bene maggiore dell’esecuzione del Dio-Uomo. Accade lo stesso con tutto il male che affrontiamo. Dio lo permette solo per un bene maggiore. Di conseguenza, quando pregavamo per la vita di Charlie Gard cercavamo di fatto di non cambiare Dio né di forzare la Sua mano ad agire, ma di cambiare noi stessi. Attraverso la nostra preghiera, cerchiamo di raggiungere il bene maggiore che Dio concederà dopo aver permesso la malattia di Charlie. Ora che la nostra preghiera è cambiata e preghiamo per il riposo della sua anima, il lavoro di cambiarci attraverso la ricerca di questo bene maggiore, che implica la sofferenza per la morte di Charlie, deve intensificarsi.

Forse questa preghiera sta già dando dei frutti. Forse in questa vita non potremo mai conoscere la natura esatta del bene maggiore per il quale Dio ha permesso che Charlie Gard morisse così giovane. Qualunque sia la natura specifica di questa grazia, il mondo già sembra migliore – forse più umano – per il fatto di avere #CharlieGard come simbolo dei diritti genitoriali e della preghiera per l’ordinamento dei diritti civili. Possiamo già vedere che nella Provvidenza di Dio né la morte di Charlie né le nostre preghiere per la sua vita sono state vane.

L’eterno riposo donagli, o Signore, e splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace. Amen.

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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