Alain Mejias è un neo-convertito. Già anarchico, artista senza fede né legge, ora prepara un film che racconta una messinscena teatrale del “Cantico dei cantici” nella Polonia degli anni ’50, messinscena in cui si trova implicato un certo… Karol Wojtyła, uno degli attori principali. Un film che riflette magnificamente il suo cambiamento di vita. Lo abbiamo intervistato.
Aleteia: Lei ha un passato quasi all’opposto della vita che conduce adesso, grazie a una conversione piuttosto recente – sopraggiunta nel 2013. Ce ne può dire qualcosa in più?
Alain Mejias: È necessario, bisogna che io parli del ruolo decisivo della mia conversione nella mia vita di uomo e di artista. Dai 15 ai 22 anni ho scritto poesie in uno stato di assoluta insubordinazione; a 25 anni, in spregio di ogni compromesso, presi il partito della trasgressione – bisognava far saltare in aria il belmondo dell’arte ufficiale, che mi stomacava. Abbandonai allora l’apparato teoretico sul quale lavoravo – gender theory, femminismo e cinema hollywoodiano. Ammirato dallo stile di Douglas Sirk, di Joseph Mankiewicz, di Vincente Minnelli, celebravo la magnificenza dei sentimenti, l’esubero della passione carnale; puntavo sulla trasgressione per destabilizzare quelli che, nell’arte, si schieravano con il bello – ciò si enunciava mediante tematiche “morbide”. L’arte era un metodo per affrancarmi dalla norma. Come uomo ero anarchico, antireligioso – e non intendo semplicemente ateo, ma rabbiosamente avverso all’idea di Dio, il famoso “né Dio né padrone”.
Mi ritagliai un tempo dedicato alla scrittura di scenografie. Ho fatto qualche pellicola trasgressiva nell’ambiente underground, diffusa unicamente nel circuito del cinema di genere. Non ha funzionato perché la cosa non era adatta, ma soprattutto perché gira e rigira si finiva a cose decisamente miserabili, a un passo dal peep show [riprendere persone che urinano, N.d.T.]. Come artista, la cosa non era ulteriormente sostenibile. Allora ho fermato tutto e la mia vita è diventata tutta “sesso, droga e rock’n’roll”. Erano gli anni ’90. Fino al 2013, l’anno della mia conversione, la mia vita era fatta di sbandate e di traiettorie oblique, alle volte sorprendenti e spesso poco simpatiche per la società – molto di più per me. Anarchico com’ero, rifiutai la società ed espulsi la violenza presente in me mediante dei rinunciabili atti di trasgressione.
Com’è andata la sua strada verso la conversione?
La Vergine Maria mi è venuta incontro domenica 8 settembre 2013, mentre passeggiavo lungo Rue d’Assas. Il tutto è accaduto tramite una donna, sulla sessantina, portati bene, che chiedeva l’elemosina. Mi ha chiesto cinque euro. Era domenica, tutti i negozi erano chiusi. Avevo venti euro in tasca e non ero il Buon Samaritano, non mi sarei scucito i miei venti pezzi ma glie ne avrei dati cinque volentieri. Le chiedo allora di avere un attimo di pazienza, il tempo di trovare chi mi facesse il cambio. Ho girato invano e sono tornato indietro, chiedendomi se la mendicante fosse ancora là… Stava lì buona buona ad aspettarmi. E – questo lo spiega solo il Signore, lo Spirito Santo che già era lì – mi guardo nel portafogli e vedo la banconota da cinque. Magari avevo guardato male, vallo a sapere, ma la cosa è andata così. Le do i soldi e m’inginocchio per risistemare il portafogli nello zaino. Quando mi sono rialzato lei non c’era più, eppure in quel punto di Parigi lo spazio tra le strade è bello largo: mi è sembrato strano, soprattutto vista la sua età, che non me la faceva sembrare veloce, ma non mi ci sono arrovellato oltre. A partire da quel giorno, ho sentito che la Vergine Maria era onnipresente in me, senza una manifestazione religiosa particolare, ma la sua presenza era continuamente là.
Conosceva già la Santa Vergine, magari per un’educazione religiosa precedentemente ricevuta, oppure l’ha scoperta in quel momento?
La conoscevo perché i miei genitori erano cattolici. Ma dal momento che ero anarchico certe cose non le potevo sentire: ero molto provocatore, quindi diciamo che la conoscevo ma non per farle del bene. All’epoca, andavo spesso nella chiesa di Saint-Sulpice, non per la bellezza di Cristo ma per quella dei quadri, come La lotta di Giacobbe con l’angelo di Delacroix, che amo particolarmente. Allora mi sono deciso ad andare a messa più regolarmente, senza pensare troppo a quello che mi stava per capitare. Mia moglie, avendo saputo della mia chiamata alla fede, mi propose di andare alla messa della Veglia di Natale a Saint-Sulpice. Non sapevo come si sarebbe svolta la funzione ma alla fine dovemmo andare al presepe. Quando fummo là, mi sentii fortemente chiamato verso la sinistra della navata, lì dove si trova la tredicesima stazione – Gesù deposto dalla croce. Mia moglie ha visto una luce bianca vicino a me mentre mi inginocchiavo davanti al Sacro Cuore di Gesù, senza che io le avessi detto niente. Non do molta importanza a questa cosa, ma resta nondimeno un segno visibile.
A partire da allora, compresi di essere stato preso dal Signore. Poi appresi le cose da fare quando si viene travolti dalla fede: andare a messa la domenica, avvicinarsi alla parrocchia, seguire le catechesi ecc… Sono andato alla parrocchia del mio arrondissement (Sainte Claire, nel XIX) per cominciare. Mi hanno chiesto se avessi il certificato di battesimo: io non vedevo più i miei genitori, quindi non avevo modo di rintracciare la chiesa in cui ero stato battezzato. La fortuna – oggi direi la Provvidenza – è che lo Spirito Santo era già lì e io non lo sapevo: i miei genitori erano credenti, mi avevano battezzato quando avevo tre mesi. Wow! Gioia. La data della Confermazione si avvicinava e io ancora non avevo il certificato di battesimo, eppure volevo profondamente ricevere l’Eucaristia. Grazie allo Spirito Santo, sono riuscito a trovare l’indirizzo della chiesa che cercavo.
Dal 2013 al 2015 ho navigato in acque tumultuose e ho ricevuto la Confermazione nel 2016. Durante il giovedì santo di quell’anno, al momento dell’Eucaristia, ho sentito forte la presenza di santa Thérèse [di Lisieux, N.d.T.] che mi diceva di parteciparvi. Mi sono allora unito alla fila dei fedeli che andavano a comunicarsi e il padre mi benedisse. Poi fu la volta della processione, con le suore benedettine e padre Soubias… un momento ineffabile. Ma il culmine della serata fu l’emozione intensa che mi ha procurato la veglia di adorazione all’altare della reposizione, nella cappella dei beati Louis e Zélie Martin, genitori «più degni del cielo che della terra». A tal punto che alla fine sono rimasto per lunghi minuti solo, con Thérèse al mio fianco, nella basilica di Notre Dame des Victoires, trasportato dalla felicità. Alle 23, si ripeteva tutta la celebrazione, io rimasi immobile… la Vergine Maria, sublime e umile al contempo, mi faceva entrare nella gloria del Signore. Dopo un tempo di maturazione e dopo una percezione della fede molto cerebrale – che in realtà era la mia nuova nascita in Cristo – entrai nell’età adulta della fede. Questo è importante, nella mia carriera di artista, perché ho veramente compreso che devo ascoltare il Signore contro venti e maree, che non posso anteporgli la mia propria volontà. Continuavo malgrado tutto la mia vita da sfaccendato, ma sono anche un cineasta e la voglia di tornare alle mie aspirazioni artistiche si faceva sentire.
Prima della sua conversione, lei era per il Mariage pour tous [nome francese del “matrimonio” gay, N.d.T.], e qualche anno dopo ha partecipato alla Marche pour la vie [versione francese della March for life, N.d.T.]. Una bella inversione a U!
Quando ero giovane partecipavo a molte manifestazioni che non mi entusiasmavano. Nel 2013, la Legge Taubira [sul Mariage pour tous, dal nome della prima firmataria, N.d.T.]… non ero contrario. Ognuno è libero di vivere la sua sessualità, dunque non vedevo problemi ad accordare il matrimonio agli omosessuali. Secondo me, la cosa riguardava l’ambito privato, e dal momento che non lede la vita sociale non c’è problema. Mi piaceva la personalità di Christiane Taubira, colta, non convenzionale. Adesso, da cattolico, guardo con affetto e benevolenza gli omosessuali, che sono figli di Dio. Non bisogna cadere nell’eccesso dell’esclusione, anche se si ha il diritto di battere il pugno sul tavolo quando è necessario.
Salto nel tempo. A gennaio 2017 vengo informato sulle serate dell’“Università della vita” organizzata da Alliance Vita. Ci sono andato e sono rimasto sedotto dalla qualità dei relatori, dai loro argomenti sostenuti da un’argomentazione strutturata e positiva. I temi riguardavano, tra gli altri, l’eutanasia, l’aborto… era fantastico. Poi mi hanno parlato della Marche pour la vie: per la prima volta ho manifestato con gioia… non era più il vaso di coccio contro il vaso di ferro. Ero impressionato da quanto era gagliarda la gioventù cristiana che ha messo in moto, malgrado le forze contrarie, un simile evento. Non si trattava solo di convinzione personale: quando si scopre la vita quotidiana di Giuseppe e di Maria, la ricchezza incommensurabile degli scambi di Marta e Maria con Gesù, con Maria Maddalena o con la Samaritana, si comprende la complementarietà dell’uomo e della donna. Mi permetta di evocare Pasolini, cineasta omosessuale, e il suo magnifico film Il vangelo secondo Matteo, la scena in cui l’angelo viene a trovare Giuseppe, un po’ smarrito e pieno di Spirito Santo. Si vede dunque Giuseppe, magnifico, così buono, che accetta il suo ruolo di uomo, e si sa già che sosterrà sua moglie Maria per educare Gesù. E Maria, da parte sua, accetta il suo ruolo di moglie e di madre. Non si può essere per il Mariage pour tous dopo aver visto una cosa simile – è impossibile se si è credenti. Per quanto riguarda il mio rapporto col maschile, anche se non sono stato ancora toccato da Giuseppe, lo trovo magnifico in ciò che ha accettato.
Vorrei del resto ringraziare una donna formidabile che è per me una carissima amica, Maylis Gillier, vicepresidente di Femina Europa, una ONG che vuole riabilitare la vera identità della donna in tutte le sue dimensioni, in complementarietà con l’uomo. Mi ha insegnato a realizzare il dovere di responsabilità e l’interdipendenza indispensabili per vivere in armonia la mia percezione della relazione uomo-donna.
La lettura del Cantico dei Cantici l’ha molto segnata, in rapporto alla sua storia e alla sua sensibilità. Alla fine ha scoperto il rapporto di desiderio che dobbiamo avere con Dio. Me ne parla?
Certo, le leggo un passo:
Che mi baci con i baci della sua bocca.
I tuoi amori sono più deliziosi del vino;
l’aroma dei tuoi profumi è squisito;
il tuo nome è un olio che si spande,
e perciò le ragazze ti amano.
Trascinami dietro a te, corriamo!Ct 1,2-4
Quando ho letto questo passaggio mi sono detto che era di una sensualità pazzesca. Se l’avessi letto all’epoca in cui ero anarchico e turiferario del surrealismo, mi sarebbe piaciuto da matti, perché di un’intensità e di una bellezza incredibili:
Il mio amato, per me,
è un sacchetto di mirra:
passerà la notte tra i miei seni.Ct. 1,13
Ho un amore molto carnale e una vera relazione d’amore con Cristo, quasi femminile, e questo desiderio carnale è un desiderio di Dio. Non è sconveniente pensare che Dio «ci dia i baci della Sua bocca». Ciò si esprime meravigliosamente nelle vite dei santi, dei martiri e delle vergini come santa Cecilia, santa Lucia e sant’Agnese, che ha delle frasi magnifiche su questo amore che l’ha salvata dal rogo. Il desiderio di amare Dio col nostro corpo, anche se è un corpo virile, è possibile perché la nostra capacità di amore per Lui è talmente grande che essa traduce il desiderio di amare col nostro cuore, con la bocca, con le labbra… e di abbracciare il Signore con tutto l’amore che ci ha dato. Dio ci dà un corpo, il suo, simile in tutto al nostro, perché possiamo toccarlo… noi dobbiamo toccare il corpo di Cristo. Gesù è in ognuno di noi. Eppure il Signore soffre mancanza d’amore, Egli lo esprime dicendo “Ho sete”, e santa Marguerite-Marie Alacoque lo ha opportunamente ricordato. La maggior parte dei cristiani sono timidi, hanno paura: Papa Francesco, del resto, ci ha pungolati in tal senso. Alcuni vogliono amarLo a modo loro, ma bisogna amarlo a modo Suo, mediante l’Amore… che si sia ancora nel peccato o che ce ne siamo già liberati… Cristo ci rende liberi… liberi di amare senza posa, come una mitragliatrice spianata… legga, legga la sublime Thérèse del Bambin Gesù.
Intervista di Louise Alméras.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]