di Antonio Paolucci
Nei secoli dell’Europa cristiana due erano i viaggi che ogni credente desiderava compiere nella vita prima di lasciare questo mondo; uno era il viaggio a Roma ad limina Petri, per pregare sulla tomba del Principe degli apostoli, l’altro era il pasagium ultramarinum, il viaggio a Gerusalemme per venerare i luoghi santi, dove si conservava memoria di vita, passione e morte di Nostro Signore.
Se il viaggio fino a Roma era relativamente tranquillo perché, procedendo da nord a sud lungo la strada o, per meglio dire, lungo il fascio di strade noto come Via Francigena, si attraversavano paesi cristiani forniti di ospizi, di ospedali, di centri di accoglienza, il pasagium ultramarinum era estremamente più difficile e pericoloso. Spesso il viaggio in Terra Santa cominciava là dove finiva il pellegrinaggio a Roma. Il punto di incontro e di raccordo per chi veniva dalla città eterna era Capua, perché da lì ci si avviava per l’Appia Traiana, la strada che attraversa l’Italia da ovest a est fino a Brindisi. Da Capua, nel cuore delle terre dominate dal potente abate di Cassino, la grande strada imperiale portava a Benevento, ed è facile immaginare lo stupore dei pellegrini di fronte all’Arco di Traiano, un’opera che riproduceva nel cuore montagnoso d’Italia i monumenti trionfali già visti fra le rovine di Roma.
Dopo Benevento la strada si divideva in tre direzioni. Sono le cosiddette “vie dell’angelo”, i percorsi che, attraverso i valichi dell’Appennino, conducono al santuario di San Michele sul Gargano. I pellegrini che si accingevano al grande viaggio penitenziale, tutti si fermavano in preghiera nella Grotta di San Michele. Fin quassù salivano prima di partire per la guerra i duchi longobardi, gli strateghi bizantini, i conti franchi, i baroni tedeschi. Tutta la cristianità sapeva che al termine d’Italia, in cima a una montagna alta sul mare come la prua di una nave gigantesca, c’era il tempio dell’angelo guerriero.
I cristiani, arrivati fin lassù da ogni parte d’Europa, avevano la sensazione che questo fosse veramente il finis Terrae. A est, oltre l’Adriatico, schiumante contro le rocce del Gargano, c’era il mondo infido dei Greci. A sud, dove li avrebbero condotti le navi ferme agli approdi di Manfredonia, di Brindisi, di Otranto, c’erano gli infedeli usurpatori dei luoghi santi. D’ora in poi solo l’angelo guerriero, che aveva sconfitto Satana e che protegge i credenti dal male sempre incombente, sarebbe stato scudo e guida nel viaggio.
Ho cercato di evocare il pasagium ultramarinum nella sua tratta italiana quando il viaggio ai luoghi santi, ancorché pericoloso e pieno di insidie, era ancora possibile. Le cose cambiarono a far data dalla fine del xv secolo. La caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi (1453) e l’espansionismo sempre più aggressivo degli ottomani nel Mediterraneo resero difficile e molte volte impossibile il pellegrinaggio in Terra Santa.
Nacquero così i Sacri Monti, allestimenti insieme monumentali e urbanistici che intendevano offrire alla devozione dei credenti la geografia sacra di Gerusalemme con la riproduzione dei luoghi che avevano visto la vita e soprattutto la passione di Gesù: l’edificio dell’Ultima Cena, il pretorio di Pilato, il Calvario, il sepolcro… Sono sette i Sacri Monti del Piemonte, due quelli di Lombardia. Nel 2003 l’Unesco li ha dichiarati patrimonio dell’umanità. Li tutelano leggi nazionali e regionali e provvidenze internazionali quali il progetto Atlante del 1995 che ha per oggetto la catalogazione, lo studio, la valorizzazione degli antichi complessi devozionali distribuiti nell’Europa cattolica: dall’Ungheria all’Austria, dalla Slovenia alla Spagna.
Occorre ricordare tuttavia che i Sacri Monti italiani hanno un carattere speciale. Intanto perché è italiana l’invenzione del genere. Fu infatti il francescano Bernardino Caimi, che era stato guardiano del Santo Sepolcro a Gerusalemme, a volere (nel 1486 secondo la tradizione comunemente accettata) la nascita di un luogo di devozione che riproducesse i percorsi e le stazioni della passione e morte di Gesù. Il luogo scelto fu Varallo e da Varallo occorre partire quando si parla di Sacri Monti.