Errore numero 1: pensare che l'altro debba farci felici
In teoria il fidanzamento è considerato il periodo che intercorre tra la conoscenza e la scelta per il matrimonio. Non ha come finalità l’esercizio della genitalità, né la ricerca del proprio piacere in nome dell’affetto.
Non cerca di riempire solitudini mal vissute, né vuoti che nessuno può colmare. Non è stato ideato per dimostrare le proprie abilità di corteggiamento, né per incontrare l’altro quando non si è certi di quello che si è.
La sua finalità è la conoscenza reciproca, la maturazione dell’affetto fino a trasformarlo in un amore di decisione, capace di arrivare alla scelta che porti alla rinuncia a qualsiasi altro uomo o donna.
Il sesso non c’entra in questo processo e non dev’essere la base del rapporto, ma l’atto culminante dell’impegno sigillato nel matrimonio. Iniziare la conoscenza personale dalla nudità e dall’offerta genitale è restringere la via della trasparenza.
L’obiettivo del fidanzamento è vedere l’altro con la chiarezza della ragione e non con la parte annuvolata del cuore, senza minimizzare i suoi difetti né massimizzarne le qualità. Bisogna scoprire nel processo quello che ci assomiglia, quello che fa sì che siamo capaci di divertirci insieme, di prendere decisioni, di sapere dove andiamo; quello che ci complementa, perché mostra quanto possa essere arricchente il fidanzamento, come quello che ci differenzia e che ci può far crescere.
Un fidanzamento ben condotto porta alla certezza sulla persona che scegliamo per condividere la vita. Non si tratta della persona “ideale”, che non esiste, ma di quella “adeguata”, quella che è forte nelle debolezze ed è in grado di gestire i conflitti.
Nulla di tutto questo può essere estraneo alla coppia di fidanzati, perché tutto farà parte dell’equipaggiamento della loro vita futura. Sapere come ciascuno affronta i conflitti è essenziale, perché si verificheranno per tutta la vita.