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Liberati delle sofferenze superflue!

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© osinconfidentes.com

padre Carlos Padilla - pubblicato il 11/07/17

Voglio essere più di Dio per riposare in Lui e poter prendere così la vita con tutto ciò che mi accade senza perdere l'allegria neanche un attimo

Voglio vivere la vita in pace e non soffrire senza motivo. Faccio progetti e non vanno a buon fine. Ripongo la speranza in obiettivi che non raggiungo. Mi impegno in vie che non mi danno la felicità. Mi lego senza rendermene conto e mi schiavizzo.

So che molte delle mie sofferenze non sono necessarie, o me le invento io stesso. Ho posto il mio cuore in ciò che non mi fa bene. E soffro in modo ingiustificato. Potrei evitare questa sofferenza, lo so. Potrei smettere di soffrire se cambiassi il mio modo di guardare le cose. Il mio modo di intendere la vita.

Ci sono sofferenze che posso evitare. A volte soffro perché interpreto quello che gli altri pensano e sentono. Credo che mi critichino quando magari non lo fanno. Penso che non mi accettino quando non è vero, o do troppo peso al loro rifiuto. Mi aspetto dagli altri più di quanto possono darmi, o pretendo che comprendano le mie aspettative.

Non posso esigere da loro quello che non possono darmi. Devo baciare la mia vita com’è. Accettare la realtà che vivo. Senza sognare cambiamenti impossibili o pretendere soluzioni impraticabili. Ho bisogno che il mio cuore maturi, e che i miei affetti si ordinino.




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Perché la cosa più difficile nella vita è educare i propri sentimenti. Vanno da una parte all’altra e impongono la loro legge nella mia anima. Come sulle montagne russe,passo dall’euforia al pessimismo più nero, e tutto senza motivi sufficienti. Voglio maturare perché il mio amore e la mia dedizione siano più sani. È questo che desidero. Che tutte le sofferenze che patisco non siano dovute all’immaturità del mio cuore. Perché questo non ha senso.

Cambio sguardo. Gesù viene a salvarmi nella forza della sua umiltà. Questo mi colpisce sempre. E io tante volte soffro perché voglio vincere, voglio essere forte, voglio impormi agli altri, voglio vincere in tutte le battaglie.

Rallegrarmi per la povertà del mio re non mi sembra un motivo sufficiente. Non cambio sguardo. Non mi rallegro anche se i miei progetti non riescono. Non sono umile e mite.

Gesù dice qualcosa di molto umano: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. In tutto il Vangelo è l’unica cosa che Gesù mi chiede di imparare da Lui.
Egli è Dio in terra, e da Lui posso imparare tante cose. Ma me ne chiede solo due. Mitezza e umiltà di cuore.

Gesù ama fino all’estremo. Accetta tutti senza guardare alla loro provenienza. Guarda sempre nel cuore dell’uomo. È compassionevole e misericordioso. Ma l’unica cosa che mi chiede è che io sia mite e umile. Questo mi commuove.

Ammiro le persone miti e umili, ma io non sono così. Gesù è venuto a mostrarmi la via più diretta verso Dio. Vuole che lasci modellare il mio cuore sul suo, la mia vita sulla sua. Anche Lui ha modellato la sua anima sull’amore per il Padre. È stato figlio, ha confidato nel Padre, lo ha chiamato, lo ha implorato, si è consegnato a Lui. È diventato povero, umile e mite.




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Per questo mi dice di imparare da Lui, e così troverò riposo per la mia anima angosciata e stanca. Voglio esssere mite e umile di cuore. Quanto sono lontano da questo ideale! Diceva Santa Teresa: “Considerando la sua umiltà, vedremo quanto siamo lontani dall’essere umili”.

Ho bisogno che Egli renda questo una realtà in me. La forza del suo Spirito. Voglio vivere in base a Lui per assomigliargli. Mettere da parte il mio orgoglio e la mia ira. La mia impazienza. La mia incapacità di accettare chi è diverso. La mia intolleranza. Il mio desiderio di spiccare e di vincere sempre.

Essere miti e umili è un dono. Una grazia che chiedo a Dio ogni mattina. Voglio essere capace di rallegrarmi quando non va tutto bene e fallisco. Smettere di darmi tanta importanza. O smettere di darne alle cose che mi succedono. Per questo ho bisogno di una certa maturità nell’anima.

Leggevo giorni fa: “Chi ama completamente si dona del tutto, ma per potersi donare una persona si deve possedere. Dominarsi personalmente. La personalità, la conoscenza e il dominio di sé sono tre conseguenze e allo stesso tempo condizioni imprescindibili dell’amore pieno, conseguente, fecondo e maturo”.

Possedermi per donarmi. Avere una certa stabilità dell’anima per non cambiare da uno stato all’altro senza neanche rendermene conto. In questo modo riesco a far sì che le cose che mi dicono gli altri e quelle che mi succedono non mi influenzino tanto.




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Un fallimento non è la fine di nulla. È la porta che mi si apre per una nuova opportunità. Divento più mite, più umile. Una perdita non è un vuoto insuperabile. Posso camminare con la perdita incisa nell’anima. Vado avanti. Una delusione può rendermi più forte se la prendo in mano e le do il valore che ha.

Così è la vita che Dio mi dona. Questo mi è chiaro. Voglio essere più di Dio per poter riposare in Lui e poter prendere così la mia vita con tutto ciò che mi accade senza perdere la gioia neanche per un attimo. Questo sguardo sulla vita è ciò che invidio a molti santi che conosco.

Diceva padre Josef Kentenich: “Nella vita spirituale, progredire significa mettere meno l’accento sulla propria soddisfazione e pienezza e più sull’amore disinteressato per l’altro. Più maturiamo e siamo vicini a Dio, minore sarà l’accento su noi stessi e sul profitto personale che potremo trarre dal nostro rapporto con gli altri. Più siamo maturi, più sarà nostro il motto ‘Mio Dio e mio tutto’”.




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Cambio così nella forza dello Spirito l’accento che pongo sulle cose. Solo Lui può cambiarmi davvero e rendermi mite e umile. Voglio cambiare il mio modo di gettare radici, di amare e di sperare. Nella forza dello Spirito Santo voglio maturare e progredire nella mia vita spirituale.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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