Bisogna insegnare loro a riconoscere la differenza tra un fenomeno sociale e la loro dignità come persone
I progressi tecnologici e la proliferazione delle reti sociali hanno cambiato il nostro modo di stare nel mondo. L’introduzione in tenera età dei mezzi tecnologici ha fatto sì che i nostri figli abbiano modi diversi di socializzare che spesso sono poco compresi dai genitori.
I messaggi di testo e i video hanno sostituito le telefonate e le visite personali, e i giovani hanno grazie al loro telefono cellulare la capacità di interagire con migliaia o milioni di persone in tutto il mondo.
Si parla molto delle precauzioni che i nostri figli devono avere nei confronti di questa interazione sociale e dei pericoli che affrontano relazionandosi con gli sconosciuti, ma c’è un tema di cui come genitori dobbiamo tener conto, ed è quello della cultura del “Mi piace”. Al giorno d’oggi i giovani hanno un modo di misurare la loro azione nei confronti degli altri e di sapere quale sia l’impatto delle cose che pubblicano, a livello di foto e video: i “Mi piace”.
La socializzazione dei nostri figli si vede superata dall’ossessione di ottenere “Mi piace”, visto che questo si traduce nella visibilità o nell’accettazione che possono avere da parte dei genitori. La ricerca di “Mi piace” può allora diventare una dipendenza che fa sì che i giovani pubblichino cose sempre più innovative o di impatto per riuscire a influire su un numero superiore di persone.
In questo modo si influisce sulla loro immagine di fronte al mondo, visto che ci si allontana dal mostrarsi per come si è e ci si concentra su una specie di campagna pubblicitaria nella quale la propria immagine si deve vendere ad ogni costo.
Leggi anche:
Attenzione alle catene di preghiera sulle reti sociali