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L’ultimo desiderio di San Francesco: mangiare i mostaccioli

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Nancy Bauer/Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 03/07/17

Chiede ai frati di contattare la signora Jacopa a Roma. Ma cosa realmente significa questo gesto del "poverello"?

Presso la Porziuncola, prima di morire, san Francesco chiede a “frate” Jacopa di offrirgli dei mostaccioli. Uno degli ultimi desideri del Santo, quindi, è quello di mangiare i dolci preparati dalla nobildonna romana.

Questa richiesta, in un certo senso equivale a riaffermare senza polemiche la bontà del creato in un periodo in cui diversi filoni di pensiero disprezzavano la materia come una cosa vile.

L’aneddoto è raccontato ne “Il cibo di Francesco” di Giuseppe Cassio e Pietro Messa (edizioni Terrasanta)

“INFORMATE DONNA JACOPA…”

Un giorno, si legge nella “Compilazione di Assisi“, il beato Francesco fece chiamare i suoi compagni e disse: “Voi sapete come donna Jacopa dei Settesogli fu ed è molto fedele e affezionata a me e alla nostra Religione. Io credo che, se la informerete del mio stato di salute, lo riterrà come una grande grazia e consolazione. Fatele sapere, in particolare, che vi mandi, per confezionare una tonaca, del panno grezzo color cenere, del tipo di quello tessuto dai monaci cistercensi nei paesi d’oltremare. E mandi anche un po’ di quel dolce che era solita prepararmi quando soggiornavo a Roma”.

IL MOSTACCIOLO

Si tratta del dolce che i romani chiamano mostacciolo, ed è fatto con mandorle, zucchero o miele e altri ingredienti. […] Un giorno poi donna Jacopa preparò per il padre santo quel dolce, che egli aveva desiderato di mangiare. Ma egli lo assaggiò appena, poiché per la gravissima malattia il suo corpo veniva meno di giorno in giorno e si appressava alla morte.




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REALISMO E GIOIA

Questo episodio avvenuto presso la Porziuncola negli ultimi giorni di vita di Francesco mostra che, come giustamente afferma il filosofo Massimo Borghesi, «l’attrattiva esercitata da Francesco dipende essenzialmente da due fattori: dal realismo e dalla gioia che caratterizzano il santo di Assisi».

IMMAGINE MATERIALE DI CRISTO

Citando Jacques Le Goff, lo stesso Borghesi sottolinea: «Questo amore al mondo creato, all’opus Dei colloca Francesco in una prospettiva diversa rispetto a quel filone della mistica medievale che pone al centro il contemptus mundi. […] La tenerezza verso le cose finite si esprime, innanzitutto, nel giudizio da portare sulla corporeità. “Francesco non ha cercato sistematicamente di umiliare il corpo”, quel corpo angustiato, negli ultimi anni, da una cecità quasi completa e da terribili mal di testa. L’atteggiamento nei suoi confronti è ambivalente. Il corpo è sì strumento di peccato “ma esso è anche l’immagine materiale di Dio e più in particolare di Cristo“».




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IL CORPO E LO SPIRITO

Come è detto nelle “Ammonizioni”, prosegue Borghesi, “Considera, o uomo, a quanta eccellenza ti ha elevato il Signore perché ti ha creato e formato a immagine del Figlio suo diletto, secondo il corpo, e a somiglianza di se stesso, secondo lo spirito”.

Il corpo, modellato ad immagine del Figlio, «è il “frate corpo pieno di dolori” per il cui sollievo, durante il suo soggiorno a Rieti, affidato alle cure dei medici pontifici, Francesco chiede ad un compagno il suono di una cetra. È il corpo che, nell’imminenza della morte, chiede un’ultima consolazione, in una lettera a Giacomina dei Settesogli, “in quei dolci che mi solevi dare a Roma quando caddi ammalato“. Questo rispetto del corpo raggiunge il suo acme laddove l’oggetto è il “corpo di Cristo”, ovvero l’Eucaristia».

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