La seconda, sorprendentemente, sembra non essere compresa dalla maggior parte degli opinionisti
di Elton Chitolina
La sentenza giudiziaria che ha stabilito che debbano essere staccati gli apparecchi che mantengono in vita il piccolo Charlie Gard sta suscitando grandi polemiche principalmente su due domande.
La prima domanda
La prima domanda riguarda l’ambito bioetico: nel caso in cui le possibilità di cura siano estremamente remote, vale la pena sottoporre il bambino a una terapia sperimentale?
La domanda è quella che domina in apparenza la maggior parte delle discussioni su questo caso. La maggioranza di chi sostiene la decisione giudiziaria sembra addurre argomentazioni come la “sofferenza inutile del bambino”, l’“esaurimento delle risorse della medicina”, le “possibilità irreali di cura”, ecc.
La seconda domanda
C’è però una seconda domanda che sorprendentemente gran parte dei commentatori e degli opinionisti sembra non affrontare con chiarezza: quella dell’ambito del diritto.
È una domanda semplice e diretta: è lo Stato a decidere la risposta alla prima domanda?
Detto in altri termini, se una famiglia vuole tentare un’ultima risorsa a favore della vita di un figlio per conto proprio, per quanto le possibilità di successo siano praticamente nulle, lo Stato ha la prerogativa di proibirla? Lo Stato ha l’autorità legittima per obbligare un padre e una madre a staccare le apparecchiature che tengono in vita il loro bambino vivo quando c’è ancora una seppur remota e labile speranza di cura?
E altre domande: nel caso in cui lo Stato abbia questa autorità, su cosa si basa? Su quali principi si fonda questo tipo di Stato?
È una domanda che dovrebbe far venire i brividi a qualsiasi cittadino sottoposto a qualsiasi tipo di Governo di fronte a un caso come questo, perché implica un precedente estremamente pericoloso: quello di uno Stato che si presume democratico che si è arrogato il potere sulla vita e la morte dei suoi cittadini malgrado la volontà e le risorse di questi.
È questo lo Stato che desideriamo? In questo caso dobbiamo essere consapevoli del fatto che si tratta di uno Stato che permette all’arbitrio di un gruppo di magistrati di decidere in modo assolutistico contro il diritto naturale di un padre e di una madre di tenere il figlio vivo finché non muore per l’esaurimento di tutte le risorse lecite disponibili – risorse, del resto, che nel caso di Charlie sarebbero messe a disposizione dagli stessi genitori e dalle donazioni di migliaia di volontari, e non dallo Stato.