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Come superare la vergogna per il fatto di avere una fobia

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Jim Schroeder - pubblicato il 28/06/17

Quando si è colpiti da un'intensa paura di una fobia, è facile sentirsi dei falliti, psicologicamente ma anche nella vita spirituale

Per milioni di persone, le fobie sono fonte non solo di paura, ma anche di vergogna. Se avete mai avuto un’intensa paura di rimanere in spazi chiusi o di incontrare dei cani nel vostro quartiere o ancora di andare in aereo, capite che non è facile ammettere quanto una paura intensa possa influire sulla propria vita.

I bambini sono spesso meno inclini a nascondere le fobie, ma la maggior parte di noi – giovani e non – crede che le fobie siano un segno di debolezza o di intelletto fragile. I cristiani vengono spesso allevati con l’idea che non si dovrebbe aver paura e che Dio si prenderà cura di noi, e quindi quando arriva la paura intensa di una fobia è facile sentire che si sta fallendo non solo psicologicamente, ma anche nella propria vita spirituale.

La realtà, però, è che le fobie sono comuni e possono colpire chiunque. Alcune persone che lottano con le fobie hanno vissuto un’esperienza traumatica che ha provocato quella paura duratura, ma nel mio lavoro da psicologo ho scoperto che molte persone hanno avuto semplicemente un’esperienza spiacevole (ma non estremamente dannosa) che ha provocato la voglia di evitare una situazione che è poi sfociata in una paura intensa. Se vi siete mai spaventati per un cane minaccioso, ad esempio, è facile vedere che evitare i cani completamente potrebbe essere la risposta più semplice e sicura.




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Per definizione, una fobia è una paura estrema o irrazionale che influisce in modo significativo sul “funzionamento” di un individuo o provoca uno stress notevole. Diversamente da altri tipi di ansia o paure razionali, una fobia si definisce in pochi modi specifici. In primo luogo è associata a un’intensa reazione emotiva quasi ogni volta che ci si trova di fronte a una circostanza o a un oggetto specifico. In secondo luogo, una persona affetta da fobie cercherà fortemente di evitare l’impeto della propria paura, anche se le costerà. In terzo luogo, il grado della paura è sproporzionato rispetto al pericolo reale esistente.

Anche se i tratti delle fobie sono simili, i tipi sono estremamente vari. Alcuni possono avere una paura intensa di alcune esperienze (come trovarsi in ascensore), altri possono avere reazioni forti nei confronti degli animali o di altri elementi ambientali (come le tempeste). Alcune persone possono avere una reazione fobica alla percezione di essere giudicate negativamente, mentre altre possono preoccuparsi che si scateni un attacco di panico in mezzo alla folla e di non riuscire a fuggire. Per tutti, però, la paura è intensa e stressante.

Per trattare le fobie si usano in genere alcuni approcci principali, il più comune dei quali è costituito dalle tecniche di esposizione graduale, che incoraggiano la desensibilizzazione sistematica. In poche parole, si insegna alle persone a creare una “gerarchia delle paure”, esponendosi gradualmente a situazioni sempre più impegnative finché non si arriva alla circostanza più temuta.

Anche le tecniche cognitivo-comportamentali sono in genere usate con la terapia dell’esposizione, in cui alle persone vengono insegnate tecniche calmanti specifiche (ad esempio respirare a fondo, rilassamento muscolare progressivo, raccolta dei pensieri) da usare man mano che si progredisce nella gerarchia.

A volte i farmaci possono essere utili per ridurre i livelli d’ansia abbastanza per poter utilizzare i trattamenti menzionati, ma non sono una difesa da “prima linea”. Si usa anche l’esposizione in-vitro, o esposizione virtuale, in cui una persona immagina di essere esposta all’oggetto o alla circostanza che spaventa, ma i trattamenti più efficaci richiedono qualche grado di esposizione reale per essere utili a lungo termine.




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Indipendentemente dal tipo di intervento e dai propri desideri, la vergogna e l’imbarazzo che si possono provare per via di una fobia possono lasciare immobilizzati. Pensate per un secondo alle volte in cui vi siete sentiti soli nelle vostre lotte e avete temuto che ammetterlo con gli altri vi avrebbe fatto sembrare deboli o incompetenti. È in quei momenti che la virtù del coraggio diventa fondamentale e dobbiamo ricordare a noi stessi che perfino i più grandi santi sono stati afflitti da momenti di codardia e scoraggiamento. Alla fin fine, non sono stati definiti da quelle lotte, ma dalla loro persistenza nel forgiare la via che erano chiamati a perseguire.

C’è qualcos’altro che dovreste sapere. Nuove ricerche suggeriscono che potremmo essere ampiamente responsabili della vergogna che proviamo. È stato verificato che se poche persone indicano che condannerebbero gli altri per una reazione fobica (o per qualsiasi questione psicologica), credono che molte di più le condannerebbero per le stesse cose. In altre parole, percepiamo gli altri come più duri e pronti a giudicare di quanto saremmo noi.

Ci sono alcuni fattori che possono potenzialmente confondere nei metodi di ricerca che possono aver moderato o mediato questi effetti. Ad ogni modo, ci sono prove evidenti che suggeriscono come l’imbarazzo o la vergogna che una persona prova per via delle fobie – o qualsiasi altra difficoltà psicologica – sia più un prodotto della nostra autovalutazione che di quello che gli altri potrebbero davvero pensare e trasmetterci.

Anche se in qualche modo potrebbe essere un messaggio frustrante, lo considero utile. Come psicologo, ho verificato più volte che quando le persone parlano in modo autentico, trasparente e umile delle proprie sfide in genere rimangono sorprese da quanto gli altri le accettino e capiscano la loro vulnerabilità.




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Non tutti lottano con una fobia, anche se sono molte più persone di quelle che voi o io possiamo pensare, ma tutti noi lottiamo con alcune paure, e faremmo un ottimo servizio a noi stessi e agli altri se ci sforzassimo di riconoscere dove risiede la paura e cercassimo la risposta più efficace. In molti modi, aveva ragione Franklin Delano Roosevelt quando ha detto:

Quindi, prima di tutto, lasciatemi esprimere la mia ferma convinzione che l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa – il terrore senza nome, senza ragione, ingiustificato che paralizza gli sforzi necessari per trasformare la ritirata in avanzata.

Non dimenticatelo. Roosevelt ha pronunciato questa frase nel bel mezzo della Grande Depressione, un’epoca in cui le persone avevano davvero paura, ma ha riconosciuto quello che la ricerca psicologica ha poi mostrato, che solo quando la ritirata viene trasformata in avanzata le nostre paure iniziano a recedere. Ed ecco quello che ha da dire la nostra fede: “Non ti ho io comandato: Sii forte e coraggioso? Non temere dunque e non spaventarti, perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada” (Giosuè 1, 9).

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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