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4 mamme: un programma (quasi) tutto da perdere

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Paola Belletti - Aleteia Italia - pubblicato il 24/06/17

Potevamo restare senza un reality/talent show sulla bravura delle mamme?

La risposta è sì.

Mentre invece è già in onda su Sky, dal 31 maggio scorso. Ogni mercoledì, con replica il venerdì. Sempre in prima serata.

Il titolo per nulla enigmatico ne illustra il format. Un reality durante il quale ad ogni episodio quattro mamme sono messe a confronto e gareggiano in bravura per ottenere il primo posto e la possibilità di realizzare un sogno con il figlio. E su cosa, vi starete chiedendo curiose, se ancora non lo avete visto?

Su tre momenti critici della giornata: pappa, gioco, nanna.

Questo voleva essere il mio incipit. Avevo già ingranato la marcia dell’invettiva. Ed effettivamente, care lettrici, troveremmo insieme diversi motivi per dissociarci da questo  programma ben confezionato: la presentazione caricaturale delle mamme, innanzitutto. A tutte viene affibbiato un attributo che non si limita a caratterizzarle ma le rende dei ridicoli “tipi”.

La mamma posh, l’anarchica, la religiosa  (la fede va benissimo, quando è una, magari la più penosa e meno cool delle opinioni possibili), la principessa, la fai da te, la qualsivoglia… Certo, siamo in un programma televisivo, il format ha le sue regole. È quasi un reality, per giunta con l’impianto competitivo da talent show.

Si sente l’artificiosità di molti passaggi, almeno per i tre episodi che ho visto. (Ne hanno già trasmessi  4 e in totale saranno 8).

Almeno questa è la mia fondata speranza: che alcuni comportamenti non siano effettivamente reali ma calcati, decisi prima a tavolino e resi in modo esasperato.

Mamme algide come una scena di Frozen che apostrofano figli con un hashtag bimba#1, bimba#2. Mamme che sono la caricatura della caricatura della napoletanità  che servono il caffè- il caffè!- versandolo direttamente in bocca al bambinone ancora semiaddormentato in un grande letto barocco, di 10 anni al massimo e ben oltre i 40 kg al quale poi infilano t-shirt, calze e ciabatta… Beh in realtà non è detto.

Ci sono cose che voi umani di sesso maschile non potete nemmeno immaginare e che noi  esemplari pluripare italiane mettiamo in atto senza vergogna pur di ottenere l’obiettivo minimo di arrivare a sera e di guadagnarci il letto per dormire. Dormire.

Per questo non mi stupisce moltissimo l’utilizzo del phon come metodo di addormentamento per i due figlioletti escogitato e portato avanti con un orgoglio che però tentenna davanti allo sguardo attonito della Family Coach dalla mamma fai da te Stefania. Forse ci è arrivata per disperazione i primi mesi di vita del primo figlio, chissà, poi la cosa le ha preso la mano e si è imposta come abitudine consolidata.




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Nemmenole altre mamme in casetta a criticare selvaggiamente la poveretta di turno mi stupiscono (si, hanno installato una vera casetta di legno colorata nella quale le tre delle 4 sfidanti ne osservano una cimentarsi con le varie prove.

Domandina en passant alla segreteria di produzione del programma: qualora finiti gli episodi vi rimanesse tra i piedi siamo disposti io e il mio alter ego mamma-coccolona-mamma naturale-mamma esaurita-mamma che non le vuole far crescere- a liberarvi dell’impiccio e ad installarla in giardino).

«No, ma veramente? Cioè mi stai dicendo che li fa andare in bici da soli in mezzo a questo traffico?»

«O mio Dio e quello cos’è?! Dai, no. Dimmi che non è vero. Seduti in terra con la tv accesa e il piatto in mano».

Siamo un po’ noi. Cioè magari di più loro, ma tutte noi… il chiacchiericcio, il criticare alle spalle, il dire le cose ma non per  per giudicare, figurati! Il confronto dapprima prudente e poi sbracato sull’uscita infelice della mamma di Aria o di Kevin o di Rolex (sapete vero che esistono bambini con questo nome?)  che ha rivolto al figlio quella parola! O Lucia? Ma che non lo sai che le torte lei le compra, poi le mette nel piatto rustico e ci sparge lo zucchero a velo? E l’altra che i compleanni li fa tutti da Macdonald per far meno fatica, pensare che ne ha solo uno di figlio e c’ha (licenza prosaica) pure la nonna! Invece sai noi quest’anno abbiamo trovato un animatore per feste davvero incredibile!

No signore, incredibile è che riteniamo necessario animare le feste di compleanno dei nostri figli. Appaltando la cosa all’esperto di turno. E anche qui, confessiamolo, ognuna nel suo giro, ha visto partire la competizione sulla scelta dell’animatore di feste (il mio amico Luca deve avere perso l’ultima volta perché al suo è scappata una parolaccia irripetibile. Gli davano fastidio i bambini).

Ecco da questa finta presa diretta di chiacchiere tra mamme viste fuori da scuola o alla tv quello che mi rattrista è questa svendita del nostro ruolo di mamma e papà. Siamo mamma e siamo papà. Accidenti!

Perché non basta questo per rimboccarci sinceramente le maniche e sforzarci di curare ed educare al meglio i figli che ci arrivano? No, tutte le care vecchie virtù si trasformano in competenze, prolassate fuori come fantomatiche abilità professionali da poter cedere in outsourcing. Sono sicura che il grande Fabrice Hadjadj rabbrividirebbe con noi (cfr Ma che cos’è una famiglia?, F. Hadjiadj).




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La cosa triste della TV è che riesca sempre meglio nella corrosiva operazione di mettere in scena i nostri vizi. Alimentari, soffiarci sotto di modo che il fuoco poi divampi crepitando.

Altro tema che mi ha rattristato e urtato è questo: perché ci sottoponiamo continuamente a prove, esami, gare, competizioni, test? Perché? Che modelli cerchiamo? Di chi ci serve l’approvazione continua?

Ci prendono in giro, noi mamme cattoliche– oltre a trasformarci in macchiette tutte tacco basso, ricrescita e gonna plissée- se magari osiamo dire che è la Vergine Maria l’esempio al quale vogliamo assomigliare seppur vagamente, come mogli e come madri.

Ci considerano un po’ minorate se pensiamo che il figlio sia dato in custodia e non sia un possesso. Ci guardano con compatimento o fastidio se ogni tanto confidiamo nell’intervento della Provvidenza. O se crediamo che ogni bambino abbia una sua impronta soprannaturale ed una coscienza della quale il buon Dio l’ha senza dubbio dotato e che è a quella che vogliamo rivolgerci e che vogliamo soprattutto formare.




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Ecco queste erano un po’ le cartucce che volevo sparare. Ma ho notato che la Family Coach,  Roberta Cavallo, a parte il titolo in brutto aziendalese che le viene dato, ha scritto diversi best seller sul rapporto figli genitori, sulla felicità dei bambini, sulla possibilità di essere mamme e papà capaci e sereni. E mi sono piaciute le sue idee!

Si rivolge alla natura del bambino, parte dall’assunto che ogni essere umano nasca dotato di una natura e una personalità da far emergere e che abbia grandi risorse spirituali. Che certi errori possiamo smettere di farli o almeno  possiamo cominciare a sapere che sono tali. Parla della necessità che i genitori innanzitutto lavorino su se stessi, amino se stessi  (e magari si amino tra loro?), curino le proprie ferite; parla di natura e di naturalezza.

Non conosco le fondamenta profonde di questo suo pensiero (anche se il fare appello a Madre Natura con tanto di maiuscole già lascia presagire una eccessiva fiducia nella natura che invece è a sua volta ferita) e mi riprometto di andare a leggere presto uno dei suoi testi più diffusi , ad esempio “Smettila di reprimere tuo figlio. Come la semplice formula di madre natura garantisce la crescita felice del tuo bambino da 0 a 21 anni”, R. Cavallo, A. Panarese, Uno Editori, 2013.

Nonostante il titolo imperativo – ma dobbiamo riconoscere che ci siamo troppo ammansiti noi. Pare stia sempre male usare ordini o formule perentorie. Invece sono utilissime: “fermati, c’è una macchina!”per esempio va detto così ed è più gentile che sussurrare un “se credi, valuta la possibilità di modificare la tua traiettoria perché forse, non ne sono sicura, sta sopraggiungendo un’auto a passo diciamo spedito. Ma sentiti libero, figlio mio”). Mi piace perché parte dal dato. E partire dal reale è segno di grande sanità mentale e fattore di sicura efficacia.

Certo, servono gli occhi giusti per guardare l’oggetto in questione, soprattutto se si tratta di un soggetto, il figlio. State a vedere che troviamo il modo di fare dell’altissima filosofia morale anche su una replica di un programma di semplice intrattenimento!

Attenzione: sì perché a queste signore, piuttosto eccentriche invero, ai conduttori, bellocci e bravini, alla Family Coach, all’impianto del programma manca – perché non gliene importa niente, non farebbe audience-  l’orientamento ultimo: che vuol dire, davvero, riuscire come genitori? Riuscire come mamma? E per un figlio? Che significa riuscire? Ecco.

Occorre rimettere in palinsesto l’anima immortale e nel frattempo vedere di non corromperla troppo con tv spazzatura. Lo dice la Family Coach alla bellissima mamma latina, separata da poco (ecco un po’ di tv verità: la malinconia che ha negli occhi buca)  che mangia in terra con suo figlio guardando la tv: “sono sicurissima che tu sia molto meglio della compagnia di una sit-com”.


PADRE FIGLIO PINOCCHIO

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