Non ricordo di preciso il giorno e l’ora in cui ho incontrato per la prima volta il piccolo Manuel, ma di certo tutto è cominciato nel Settembre 2008 quando, dopo pochi mesi dalla mia ordinazione diaconale, con il consenso del mio Arcivescovo, ho voluto iniziare un’esperienza di volontariato all’Ospedale dei bambini di Palermo, per esercitare concretamente il mio ministero di servizio ai “piccoli”.
Ricordo che, a differenza degli altri bambini del reparto di onco-ematologia con cui ho preso confidenza andando personalmente da loro, Manuel invece, non appena si accorse che avevo il colletto ed ero un consacrato, si venne a presentare, mi chiese il nome e se ero sacerdote. Subito dopo aver scambiato con lui qualche nostra esperienza, mi chiese subito di voler fare la Comunione. Da quel momento in me è scattato un legame e un amore speciale per questo bambino di 7 anni, in cui ho sin da subito ho avvertito una presenza soprannaturale che abitava in lui.
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Mi sono reso subito disponibile sia a Manuel che alla sua stupenda famiglia per ogni loro bisogno. Il piccolo Manuel, come mi disse una volta la mamma Enza, non appena faceva buio e doveva andare a letto, cominciava ad essere vivace e poco sereno e cercava mille modi per giocare e sfuggire così di coricarsi. Nasce da quel momento il desiderio in lui e la mamma, che ogni sera, dopo la quotidiana recita del Santo Rosario in comunione con il santuario di San Giovanni Rotondo, ci sentissimo per telefono per la benedizione, che Manuel definiva essere “una bomba atomica che gli concede forza per andare avanti nonostante le sofferenze che ormai di giorno in giorno si andavano accrescendo”. Da quel giorno in poi fino all’ultimo giorno della vita del piccolo Manuel non ha mai smesso di chiedermi la benedizione, seppur spesso per telefono. A volte più benedizioni riceveva in una giornata e più benefici e forza riceveva per combattere contro la sofferenza.
Appena ordinato sacerdote, nel Marzo 2009, un giorno Manuel mi chiese di confessarsi dato che l’ultima volta che si era confessato era stato il giorno della sua Cresima, circa un anno prima. La mamma rimase stupita che mi chiedesse di confessarsi visto che non l’aveva voluto fare prima con nessun altro sacerdote. Io ho avuto qualche difficoltà a confessarlo perché ancora non avevo la piena facoltà di confessare ovunque se non nella parrocchia dove svolgevo il ministero sacerdotale di vicario parrocchiale. Visto l’insistenza e il desiderio di Manuel, ho chiamato il mio Arcivescovo per chiedere un permesso speciale e dopo tante peripezie sono riuscito ad ottenerlo.
Dopo quella volta Manuel comincia spesso a chiedermi di confessarsi con me e ricordo con tanta commozione il grande senso del peccato che aveva, tanto che spesso scoppiava in lacrime durante la Confessione stessa.
Ricordo soprattutto ciò che ci legava in maniera speciale: l’amore e la devozione grande nei confronti di Gesù Eucarestia. Sin dal primo momento Manuel mi parlò del suo amico davvero speciale, che è Gesù.
Ogni volta che riceveva con tanta riverenza e rispetto la Santa Comunione nelle mani, se eravamo nella cappella dell’ospedale si distendeva nella panca, o se era ricoverato si metteva sotto le coperte coprendosi anche il volto, rimaneva per un po’ di tempo (dai 10 ai 20 min circa) in assoluto silenzio: questo era il momento culminante della Comunione perché entrava in dialogo con Gesù in maniera spontanea, come fanno due amici intimi. Più volte gli ho chiesto se vedeva Gesù faccia a faccia e lui mi rispondeva che non lo vedeva fisicamente ma sentiva la sua voce nel suo cuore.
Inizialmente Manuel confidava questi dialoghi con Gesù solo alla mamma, ma dopo il giorno in cui mi chiese di diventare il suo Padre Spirituale, cominciò a farlo spesso anche con me. Tante volte neanche Manuel riusciva a capire la spiegazione di tante cose che gli rivelava Gesù. Per esempio un giorno mi chiese: “perché Gesù mi dice sempre questa frase: il tuo cuore non è tuo ma è mio, e io vivo in te? Non capisco cosa vuole dirmi”; io stupito per quanto mi diceva, gli diedi risposta sul significato di quel messaggio di Gesù e poi riflettendo personalmente mi resi conto che quelle parole rispecchiavano la frase di San Paolo quando dice in Galati 2,20 “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”.
Manuel mi diceva sempre che Gesù gli aveva donato la sofferenza e che aveva di bisogno di essa perché insieme dovevano salvare il mondo (dal momento che Gesù lo aveva proclamato GUERRIERO DELLA LUCE). Manuel ha sempre lottato come vero guerriero, ad imitazione di Cristo, fino al dono di tutta la sua vita per la salvezza e la conversione di tutti.
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A questo proposito mi sono sempre ricordato delle parole di San Paolo in Colossesi 1,24 “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. Tutto questo e tantissime altre cose che mi confidava Manuel mi facevano ogni giorno sempre di più convincere che in lui c’era davvero qualcosa di grande, superiore alle normali cose che un bambino possa dire o pensare .
Nonostante il piccolo Manuel a causa dei valori del sangue sempre bassi che aveva non poteva andare come tutti gli altri bambini a scuola o al catechismo o partecipare a Messa, da lui sprizzava una sapienza divina davvero grande.
Quando mi chiese se volessi diventare il suo Padre Spirituale mi sentii subito poco degno, visto la sua alta spiritualità. Gli chiesi di farselo dire da Gesù chi doveva essere . Subito dopo la comunione spirituale che faceva a casa ogni qualvolta non poteva comunicarsi sacramentalmente, mi chiamò per telefono e mi disse che Gesù gli aveva detto che dovevo essere io il suo padre spirituale, insieme a Fra Giuseppe dell’ordine dei Carmelitani che ormai vedeva pochissimo visto il suo trasferimento in altra città. Ancora per avere conferma che davvero dovevo essere io la sua guida spirituale gli chiesi di fare a Gesù queste due domande da parte mia: 1) cosa ne pensa di Don Ignazio e 2) cosa deve fare Don Ignazio.
Dopo una comunione mi riferì cosa gli aveva detto Gesù, mettendolo per iscritto sotto forma di preghiera a me indirizzata. Gesù gli aveva detto che ero il Suo Angelo custode e che dovevo continuare ad occuparmi dei bambini sofferenti lottando anch’io come guerriero della luce. Da quel momento mi sono affidato alla volontà di Dio, lasciandomi guidare dallo Spirito Santo.