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Gesù ha versato il suo sangue “per molti” o “per tutti”?

EUCARISTIA SANGUE TUTTI

St Joseph CC

Salvador Aragonés - pubblicato il 21/06/17

Il biblista Pius-Ramón Tragán parla delle traduzioni e del significato delle parole eucaristiche di Gesù nell'Ultima Cena

Il nuovo Messale pubblicato di recente dalla Conferenza Episcopale Spagnola suscita alcune domande in molti cristiani. In concreto sulla forma eucaristica “sul calice”, che nell’edizione precedente diceva “il mio sangue versato per voi e per tutti”, mentre nel nuovo Messale si legge “il mio sangue versato per voi e per molti”.

Al riguardo abbiamo consultato Pius-Ramón Tragán, O.S.B., monaco del monastero di Montserrat e grande conoscitore del mondo antico e della Bibbia. Ecco l’intervista che ha rilasciato in esclusiva ad Aleteia.

Padre Pius-Ramón, qual è l’esatto significato di questo testo eucaristico? Gesù ha versato il suo sangue “per molti” o “per tutti”?

La domanda è pertinente e non è semplice darvi una risposta. Per essere più chiari, conviene menzionare alcuni precedenti per contestualizzare il problema.

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II ha stabilito che la celebrazione liturgica romana venisse tradotta dal latino nelle varie lingue vigenti per offrire una partecipazione attiva dei fedeli al culto, soprattutto alla Messa.

Per ottenere una traduzione fedele al testo originale e allo stesso tempo adattata alla cultura dei cristiani, hanno lavorato alacremente esegeti e teologi. In concreto, hanno stabilito questa traduzione della formula eucaristica nel Messale spagnolo: “il mio sangue versato per voi e per tutti gli uomini”.

Perché nel nuovo Messale il testo è stato modificato?

L’istruzioneLithurgiam authenticam, approvata da Papa Benedetto XVI nel 2001, insiste sull’importanza del latino nella liturgia romana e propone di correggere alcune espressioni del Messale post-conciliare in castigliano, in concreto la formula eucaristica sul calice, “… il mio sangue versato per voi e per tutti gli uomini”, considerata un’interpretazione e non una fedele traduzione dell’originale latino qui pro multis effundetur, ovvero “effuso per molti”. Non per tutti.

Lo stesso Pontefice si è reso conto che questo principio di letteralità e il cambiamento che presupponeva nelle parole eucaristiche potevano causare sconcerto tra i fedeli, visto che la morte di Gesù sarebbe solo per “molti” e non per “tutti”.

Per questo motivo, Benedetto XVI ha esortato i vescovi e i presbiteri a intensificare una catechesi che escluda la contraddizione che potrebbe apparire tra i due sensi della morte di Gesù – per “molti” e per “tutti” -, e a spiegare chiaramente che si tratta di due sensi che non si escludono ma si completano.

Ma la lingua di Gesù non era il latino!

Certamente non era né il greco né il latino. La sua lingua era l’ebraico o aramaico, e quindi per conoscere il senso originale delle sue parole bisogna riferirsi al senso della sua lingua semitica.

I primi discepoli che seguirono Gesù e i primi ebrei convertiti al cristianesimo mantennero la formula pronunciata da Gesù nella sua lingua semitica celebrando la cena in memoria del Signore.

L’espansione del cristianesimo tra i greci rese presto necessaria una prima predicazione del Vangelo in greco. Alcuni decenni dopo, le lettere in greco di San Paolo e degli evangelisti sono una testimonianza della traduzione scritta del Nuovo Testamento e rappresentano una prima interpretazione dell’originale semitico.

Il Nuovo Testamento tradotto in seguito dal greco al latino presuppone una seconda versione del testo originale, e quindi il Vangelo tradotto nelle lingue moderne presuppone tre stadi di interpretazione quando arriva a queste lingue.

Quali sono le parole eucaristiche pronunciate da Gesù?

Secondo i filologi, le parole dietro al latino effundetur pro multis, tradotto parola per parola in spagnolo con “versato per molti”, corrispondono all’espressione greca polloi, che significa sempre “molti”.

Il Vangelo di Marco offre una variante significativa: la preposizione uper precede il sostantivo polloi, suggerendo che la morte di Gesù non è solo “per molti”, ma “per una moltitudine”. Bisogna tener conto anche del fatto che il termine greco polloi traduce la parola semitica rabbiym, che indica “una grande moltitudine” e implica anche la nozione “tutti”.

In ogni caso, il senso originale delle parole di Gesù non presupponeva alcuna contrapposizione tra “molti” e “tutti”.

Per ragioni filologiche, esegetiche e per motivi teologici, la traduzione del Messale post-conciliare in lingue moderne ha interpretato il significato delle parole eucaristiche nel suo senso autentico: “sangue versato per tutti”.

San Paolo, infatti, trasmette nella prima Lettera ai Corinzi la formula eucaristica dell’Ultima Cena di Gesù con la parola greca polloi, “molti”, ma nella stessa lettera afferma chiaramente che Gesù è morto per tutti.

Cosa pensa personalmente della questione?

Per varie ragioni ritengo che la traduzione approvata dal Concilio Vaticano esprima con più esattezza e in modo più chiaro il senso delle parole di Gesù nell’Ultima Cena. Ciò non vuol dire che l’opinione di tradurre pro multis “per tutti gli uomini” sia un’opinione personale o isolata. Esistono studi recenti molto precisi sulla convenienza di mantenere l’espressione spagnola “il mio sangue versato per tutti” e non l’espressione “il mio sangue versato per molti”.

Ad ogni modo, la Conferenza Episcopale Spagnola ha preferito modificare il testo accettato dal Vaticano II. Si dovrà accentuare la catechesi sui cambiamenti del nuovo Messale, in base all’esortazione di Papa Benedetto XVI.

Lei conosce la lingua semitica?

Per preparare gli esami di licenza in Scienze Bibliche alla Pontificia Commissione Biblica ho trascorso tre anni a Gerusalemme studiando l’ebraico classico all’École Biblique e l’ebraico moderno in un Ulpán [scuola per lo studio intensivo dell’ebraico, n.d.t.]. Ho lasciato Gerusalemme dopo la Guerra dei Sei Giorni nel 1967. Ho continuato gli studi biblici a Strasburgo fino al dottorato e ho anche studiato il siriaco.

In seguito ho insegnato al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, dedicandomi per 25 anni alle ricerche e all’insegnamento sul Nuovo Testamento.

Sono tornato varie volte in Israele, in Giordania e in Siria prima dei disastri dei conflitti attuali, e ho potuto rendermi conto dell’enorme difficoltà che rappresenta il fatto di arrivare a una pace duratura tra arabi e israeliani e di equilibrare tendenze religiose e pretese di potere così diverse.


Padre Tragán è attualmente direttore dello Scriptorium Biblicum et Orientale dell’Abbazia di Montserrat, dedicato allo studio delle Sacre Scritture, alla ricerca sulla storia e sulla cultura del Medio Oriente e alla catalogazione dei reperti archeologici provenienti da Mesopotamia, Egitto e Palestina che si trovano nel Museo.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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