La psichiatra infantile Nicole Catheline offre ai genitori consigli per far fronte al problemaPurtroppo il bullismo a scuola è un problema fin troppo comune che può avere effetti molto dannosi per la salute mentale delle vittime. Il bullismo ripetuto a livello fisico e psicologico fa pagare lo scotto sia al bambino che alla famiglia, e non è sempre facile sapere cosa fare. Visto che si tratta di un argomento così sensibile, abbiamo chiesto alla psichiatra infantile Nicole Catheline, esperta di adolescenti in difficoltà e autrice di School Bullying, di darci qualche indicazione al riguardo.
Quali sono i “segnali di avvertimento” di bullismo a cui fare caso?
Non ci sono segnali specifici, ma ci sono dei cambiamenti nel comportamento a cui fare attenzione, come l’irritabilità, l’ipersensibilità, la stanchezza, problemi con il cibo o il sonno, dipendenza dai videogiochi, lentezza al mattino per evitare di andare a scuola o perdere l’autobus. Purtroppo gli adulti tendono ad assumere che questi cambiamenti siano solo i tipici segni dell’adolescenza, ma non è sempre così.
Le vittime di bullismo hanno un profilo?
Non si dovrebbe affrontare il problema in questo modo, perché implicherebbe il fatto che essere oggetto di bullismo sia colpa della vittima. Il bullismo è il risultato di un fallimento nelle dinamiche interne di un gruppo.
Durante l’adolescenza, il gruppo è importante per la costruzione della personalità di un bambino. Protegge e invia un’immagine positiva a chi vi appartiene. Perché un gruppo funzioni in modo efficace, deve riunirsi il più spesso possibile. Ogni bambino contribuisce in modo diverso.
I bambini nel gruppo possono credere che la vittima minacci la loro identità collettiva perché i suoi abiti, i suoi interessi o altri aspetti non si adattano ai loro. E allora l’istituzione deve intervenire. Gli educatori non possono permettere che prevalga la legge della giungla o la sopravvivenza del più adatto.
Perché chi subisce bullismo non si confida con i propri genitori?
Il bambino è nella fase di sviluppo e vuole un’immagine di sé positiva, e allora cercherà di trovare una soluzione da solo. Può anche rimanere in silenzio per paura di rappresaglie se i suoi genitori notificano la situazione alla scuola, o per il peso della vergogna o la paura di aggiungere altre preoccupazioni a una famiglia che ne ha già tante. Dopo un po’, però, non ce la farà più e si confiderà con qualcuno. In genere ci vogliono dai 4 ai 6 mesi perché una vittima si apra, ma a volte non succede mai.
Come dovremmo parlare ai nostri figli per non essere troppo invadenti?
Bisogna essere il più neutri possibile, per cui cercate di dire: “Il bullismo può capitare a chiunque, e se si dovesse verificare faremo qualsiasi cosa sia nelle nostre capacità per porvi fine”. Qualunque cosa facciate, non dite: “Nessuno ti sta dando fastidio a scuola, vero?”, visto che questo potrebbe trasmettere la nostra ansia e far sì che nostro figlio si chiuda”.
Come possiamo fermare il bullismo?
Non bisognerebbe cercare di risolvere il problema da sé, né affrontare il bullo o i suoi genitori, perché si potrebbe peggiorare la situazione. La prima cosa da fare è informare gli insegnanti, il consulente scolastico e il preside. Possono riunire i due bambini per capire cosa sta succedendo, aiutando il bullo a capire le sue motivazioni e permettendo alla vittima di sapere perché è stata presa di mira. È poi importante essere parte della decostruzione – “Che soluzione possiamo trovare insieme?” – e non dell’accusa.
E se la scuola non ne vuole sapere? Contattate il consiglio scolastico o il sovrintendente. Se pensate che la sicurezza di vostro figlio sia in pericolo, rivolgetevi alla polizia.
C’è sempre un capobanda?
Il bullo può essere chiunque, non è detto che debba esserci un capobanda. Tutti noi abbiamo un lato che può essere manovrato facilmente. È per questo che lavorare in gruppo può essere molto utile. Fa pensare i bambini e li incoraggia a trovare il coraggio di tirarsi fuori piuttosto che seguire ciecamente come una pecora solo per far parte di un gruppo. La cosa più importante è che mostra come aiutare la vittima.
Dovremmo spingere i nostri figli a reagire? Denunciare? Cambiare scuola?
Bisogna capire le intenzioni del bullo. La maggior parte delle volte il bullismo significa “Non ti vogliamo”, e rispondere a tono non aiuta. Assumere un approccio legale non darà alla fine il risultato che si cerca, se non in caso di vera depravazione. Cambiare scuola non è la risposta, visto che il bambino svilupperà un linguaggio corporeo della paura (tirarsi indietro, occhi bassi…) che potrebbe attirare un altro bullo. Queste tre misure devono essere considerate caso per caso.
Come si può aiutare un bambino a recuperare la fiducia?
Bisogna proporgli attività in cui si senta valorizzato e una piattaforma per parlare, aiutandolo a ritrovare la fiducia in un gruppo, magari unendosi a un club sportivo o culturale (suggeriamo anche i gruppi ecclesiali). È come cadere da cavallo: bisogna incoraggiare i bambini a riprovare.
Ecco qualche video anti-bullismo che potrebbe essere utile:
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]