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La vera difesa della vita si commuove anche per il dolore del migrante

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Jaime Septién - Aleteia Spagnolo - pubblicato il 19/06/17

Intervista a Rodrigo Guerra, uno dei nuovi membri della Pontificia Accademia della Vita

Di recente è stata pubblicata la lista ufficiale dei nuovi membri ordinari della Pontificia Accademia per la Vita. Abbiamo intervistato il messicano Rodrigo Guerra, dottore in Filosofia e presidente del Centro di Ricerche Sociali Avanzate (CISAV), sul significato di questa nuova équipe scientifica al servizio della Chiesa.

Cosa significa per lei che Papa Francesco l’abbia nominata “membro ordinario” della Pontificia Accademia per la Vita?

Concedetemi qualche cenno storico. Nel 2006 lavoravo all’Università Panamericana a Città del Messico. Avevo organizzato un Gruppo Interdisciplinare di Bioetica nel quale affermavamo con passione che bisogna affiancare alla difesa dell’embrione umano la cura e l’accoglienza della donna che si trova davanti a una gravidanza indesiderata perché non si senta sola e indifesa. La chiamavamo “bioetica inclusiva”.

Abbiamo pubblicato alcuni libri e articoli. Non sono mancate alcune incomprensioni. Nel marzo 2006 ho ricevuto un messaggio della Nunziatura riferito al fatto che Papa Benedetto XVI mi aveva nominato “membro corrispondente” della Pontificia Accademia per la Vita. Mi sono venuti i brividi. È stata l’opportunità di conoscere e collaborare con noti bioeticisti, e ho ritrovato degli ex professori che stimo molto.

Ora che Francesco promuove apertamente un riforma e una conversione integrale della Chiesa sono molto onorato dalla nomina a “membro ordinario”.
Da quando l’ho conosciuto ad Aparecida mi sento particolarmente in sintonia con le sue preoccupazioni: una Chiesa in uscita; un cristianesimo essenziale, senza pose; un’affermazione coraggiosa del fatto che la misericordia è un metodo per tutta la vita. Con l’aiuto di Dio cercherò di non tradire la fiducia che implica questo incarico.

Quali sfide percepisce per l’Accademia nel momento presente?

Ho l’impressione che papa Francesco si aspetti un’Accademia fedele, aperta e con un orizzonte ampliato. Fedele alla verità che si trova non solo in alcuni, ma in tutti. Aperta e dialogante per imparare a leggere la cultura del nostro tempo e comprendere così in modo più pertinente le nuove sfide biotecnologiche.

E con un orizzonte ampliato in cui la bioetica non si riduca a una sorta di etica medica, ma sia in contatto con i problemi biogiuridici, della biopolitica e dello sviluppo sociale dei popoli. A questo riguardo, l’enciclica Laudato Si’ offre un’agenda rinnovata che bisogna approfondire e assumere con la massima serietà. Un’ecologia integrale richiede anche una bioetica più integrale.

Sembra richiedere un rinnovamento della bioetica. È così?

Papa Giovanni Paolo II e il cardinale Elio Sgreccia hanno gettato le basi della bioetica personalista. Il personalismo ontologicamente fondato offre risorse teoriche per un impegno militante a favore della dignità di tutte le persone, soprattutto delle più vulnerabili ed escluse. Non è un personalismo nebuloso o debole. È un’articolazione originale di taglio metafisico che aiuta a dare grande rigore allo sforzo razionale per riscoprire le basi della vita morale nel dibattito attuale.

Allo stesso modo, fornisce le ragioni per riconoscere l’importanza della persona come sostanza e relazione, come soggetto di comunione, chiamato a realizzarsi nella solidarietà, nell’amore e nella lotta per la giustizia. Non basta che una bioetica personalista con queste basi sia ripetuta meccanicamente, perché è un invito continuo ad approfondire, a trovare nuove argomentazioni, a pensare la realtà con una continua apertura. Come diceva Gregorio di Nissa, “i concetti creano idoli, solo lo stupore conosce”.

Lei ha partecipato al dibattito sulla Amoris laetitia mostrando le argomentazioni e le ragioni dell’insegnamento di Papa Francesco. Questa esortazione post-sinodale ha a che vedere anche con la bioetica?

La Amoris laetitia è la saggezza e l’omaggio che il pastore universale della Chiesa fa all’amore misericordioso di un Dio che guarisce. È una road map per chi ha bisogno di trovare una via per le coppie e le famiglie che soffrono. Come dice Rocco Buttiglione, la Amoris laetitia è una terapia dell’amore ferito e una guida per chi è perplesso.

Nell’ambito della bioetica, l’insegnamento di Francesco in questa esortazione è fondamentale. La più coraggiosa difesa della dignità della vita umana dev’essere accompagnata da compassione, misericordia e affetto per chi ha sbagliato. Quando questo binomio non viene affermato simultaneamente sorgono deformazioni che rendono la causa “pro-vita” solo un’altra ideologia.

Esistono rischi di ideologizzazione nella lotta per la difesa della vita?

Il Vangelo della vita non può essere ridotto a uno o due temi. Ad esempio, in alcuni Paesi esistono persone e/o gruppi “pro-vita” che non simpatizzano con la cura dell’ambiente come la proclama la Laudato Si’. Esistono anche dei “pro-vita” che non riescono a capire l’importanza della difesa dei diritti dei più poveri ed esclusi. Una difesa della vita centrata sui diritti del non nato e che non si commuove per il dolore del migrante, dell’indigeno, dell’indigente o del torturato è parziale e tendenziosa.

Oggi più che mai noi bioeticisti dobbiamo imparare da personaggi come Óscar Romero o Dorothy Day al momento di studiare Wojtyła o Sgreccia. Ancor di più, dobbiamo prestare attenzione ai tanti avvertimenti anti-moralisti che Benedetto XVI ci ha donato per non ridurre il Vangelo a una proposta “di valori”, apparentemente degna, ma profondamente borghese ed estranea allo stile di vita di Gesù.

L’opera della Pontificia Accademia per la Vita fa allora parte della nuova evangelizzazione?

L’Accademia è un’istituzione scientifica al servizio della Chiesa. In un certo senso è una diaconia dell’intelligenza che proclama che “la gloria di Dio è che l’uomo viva”, come diceva Sant’Ireneo. Per questo, la sua attività è anche un gesto evangelizzatore.

Nell’Accademia dobbiamo imparare ad essere una buona novella per tutti, annunciando con rigore intellettuale e fedeltà la fede, che non è umano sminuire la vita di nessuno. In fondo, essere cristiani è non abbandonare mai l’altro nel suo dolore, ma custodirne la vita, anche rischiando di perdere la propria. Chi passa oltre davanti a chi è ferito, a chi è caduto, lo assassina.

Per questo, noi membri dell’Accademia abbiamo davanti a noi una grande sfida e molto lavoro.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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