Cosa dice il Diritto Canonico su dove, quando e come celebrare il sacramento della riconciliazione
Chi è senza peccato? Nessuno! Bisogna essere umili e riconoscere la propria condizione di peccatori (Gv 8, 7). Chi dice, ad esempio, “Non ho alcun peccato”, o “Di cosa devo confessarmi?”, o ancora “Non ho bisogno del perdono di Dio” sbaglia (1 Gv 1,8).
Per i cattolici è una necessità ricorrere al sacramento della confessione, perché “la confessione individuale e integra e l’assoluzione costituiscono l’unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa” (Canone 960); non va bene, quindi, dire “Io mi confesso direttamente con Dio”.
Quando confessarsi?
La Chiesa chiede che i fedeli si confessino almeno una volta all’anno, soprattutto se c’è qualche peccato mortale o grave (Canone 989). E non è una cosa opzionale. Chi nega il proprio peccato, nega il potere, la misericordia e la volontà di Dio di perdonare i peccati attraverso il ministero della Chiesa.
Gesù Cristo è l’unico che ha il potere di perdonare i peccati, ma questo potere è stato trasmesso da Gesù ai suoi apostoli: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20, 23).
Come confessarsi?
“Nel sacramento della penitenza i fedeli, confessando i peccati al ministro legittimo, essendone contriti ed insieme avendo il proposito di emendarsi, per l’assoluzione impartita dallo stesso ministro ottengono da Dio il perdono dei peccati, che hanno commesso dopo il battesimo e contemporaneamente vengono riconciliati con la Chiesa che, peccando, hanno ferito” (Canone 959).
Va notato che prima del pentimento per i peccati si deve avere coscienza dei peccati commessi, per questo è importante l’esame di coscienza. Si deve anche ricordare che dopo l’assoluzione è importante compiere la penitenza, che include la riparazione dei peccati commessi.

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