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Orietta Berti: “Avrei tanto voluto un fratello gay”

ORIETTA-BERTI

Omar Bai / NurPhoto/ AFP

Silvia Lucchetti - Aleteia Italia - pubblicato il 16/06/17

Lo ha da poco dichiarato la cantante e noi le rispondiamo così...

Cara Orietta,
io sono il fratello gay che avresti tanto voluto.

Pensavo che desiderassi un fratello e basta e invece scopro dall’intervista che hai rilasciato a Gay.it che mi volevi omosessuale. Questo mi intristisce un po’, sai? Io non ti volevo cantante, donna di spettacolo, sognavo solo di crescere, ridere e litigare con te. Difenderti.

Immagino una fotografia dove siamo vicini ma tu hai il broncio perché ho trattato male il ragazzo che ti piace e non vuoi fare la foto. Noi fratelli siamo gelosi, che vuoi farci. Porti un vestito a fantasia con la vita stretta, gli occhi belli e fulminei. Dietro c’è un tavolo con qualche aranciata fresca.

Visto che ci siamo ti racconto un po’ di me. Primo: non sono sensibile all’ennesima potenza come ti piace immaginare. Lo sono né più né meno di tanti altri. Certe cose si dicono perché fa figo, per risultare moderni, aperti, alla moda. Essere gay-friendly è un passe-partout nel mondo dello spettacolo, lo so, anche se l’espressione mi manda al manicomio! Proprio come la storiella degli omosessuali tanto sensibili! Quando la sento immagino quelle foto che ritraggono cuccioli di cane indifesi con gli occhi languidi e le zampotte morbide che finiscono sui calendari o sui desktop dei computer. Io non sono un cucciolo, sono un uomo! Non sono una specie protetta, non voglio leggi speciali che mi tutelino, feste e festival dedicati solo a me (ma ti rendi conto che c’è un villaggio che pensa di rappresentarmi? Come se ci fosse un donna village, un nero village! Roba da matti!), sfilate per me, locali per me, zone della città per me, una bandiera che mi identifica. Non li voglio più. Forse c’è stato un momento in cui ho desiderato tutto questo perché ho creduto che potesse farmi felice, alleviarmi il dolore delle ferite, riempirmi di senso, avvicinarmi a chi credevo simile, trovare pace e amore, rendermi tutto più facile e allegro. Ma non è stato così.

Tu vedi solo l’aspetto folkloristico e festaiolo dell’omosessualità: i lustrini, le paillettes, il trucco, i locali, gli amici alla moda. Non pensi alla sofferenza che c’è dietro, al disagio, alla solitudine, all’insicurezza, al senso di inadeguatezza? Lo so che dire queste cose farà infuriare tanti amici! Ma sono sentimenti che ho provato e che provo ancora oggi, e andare alle feste gay e divertirmi mi ha anestetizzato per poco. Io sono un uomo che prova attrazione per altri del mio stesso sesso, ma questo non è un vanto, non è motivo di orgoglio, è quello che vivo e con cui faccio i conti. Mi interrogo, rifletto, cerco di capire. E tu il mio desiderio di diventare padre, lo comprendi? Padre davvero intendo, non per mezzo del corpo di una donna affittata per togliermi il capriccio. E lo so che nella stessa intervista hai parlato di adozione, ma non pensi che un bambino, che ha già vissuto il trauma dell’abbandono da parte dei suoi genitori naturali, abbia diritto ad una mamma e un papà? E chi sono io per negarglielo? Un uomo adulto che può riconoscere che esiste un bene più grande da tutelare. Ecco chi sono!




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Vedi cara Orietta, sorella mia, oggi quei diritti da rivendicare non mi piacciono più, mi fanno rabbia, perché mi sminuiscono e mi vogliono fare fesso! Mi ingannano! In fondo mi dicono che solo dopo averli ottenuti sarò davvero felice e che senza non potrò farcela. Implicitamente affermano che valgo poco, che il mio valore è il mio desiderio non la mia persona. E che i desideri sono tutti buoni. Ed è così. Ma ho capito che voglio guardare dentro ai miei desideri, fino in fondo, per capire dove vanno a finire, quale sete vogliono saziare veramente. Perché i desideri intimi sono come un binocolo che non ti serve per guardare la foglia caduta a terra davanti ai piedi ma per ammirare il paesaggio, l’orizzonte, l’infinito. Ecco, i desideri parlano del nostro desiderio di infinito.




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Sorella cara, lo so che sei credente, ne hai parlato diverse volte, hai raccontato spesso della tua devozione a San Giovanni e a San Pio da Pietrelcina, dei tuoi pellegrinaggi a Fatima e al santuario calabrese della Madonna dello scoglio (La Fede Quotidiana, 4 dicembre 2015). Nell’intervista dell’altro ieri però alla domanda:

Lei non ha mai fatto mistero della sua fede. Si è mai chiesta perché la Chiesa è da sempre così reticente nei confronti del mondo gay? (Gay.it)

Hai risposto:

Perché anche la Chiesa è piena di pregiudizi, purtroppo. Dovrebbero cambiare anche loro, soprattutto perché proprio loro parlano di amore verso tutto e tutti. Non si possono fare distinzioni nell’amore, mi dispiace. (Gay.it)

Nella mia lettera voglio evitare polemiche e non fare il fratello pizzoso, e per questo ti rispondo solo raccontandoti un fatto accaduto ieri, magari non ne hai sentito parlare. Lo sai che il manifesto del Perugia Pride Village di quest’anno, festa dell’orgoglio LGBT, ritrae in trasparenza la Vergine Maria in veste di drag queen? Super truccata, ingioiellata, con la bocca aperta, il velo bianco, l’aureola e un cuore in mano circondato di raggi che fa il verso al Cuore Immacolato di Maria? E la scritta in basso a sinistra dice: Si scrive laico, si legge libero.

La libertà è davvero questa, Orietta?

Dov’è l’orgoglio in un cartellone del genere? Orgoglio significa deridere l’altro? Essere blasfemi?Offendere chi crede, proprio come te, cara sorella?
Sei una donna intelligente, so che risponderai da sola e continuerai a cantare dove ti pare… però magari avrai capito qualcosa in più di me.

Ps. Sei sempre bella, ma nella foto per l’evento del Gay village mi sembra, se posso darti un consiglio di look (gli omosessuali non vengono reputati i massimi esperti di moda e outfit?) che tu abbia un filino di trucco di troppo. Less is more insegnava la mitica Coco, forse vale anche per le interviste 😉

Suggerimento di fratello!

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