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Perché si chiamano “Remigini”, i bambini dell’ultimo anno della materna?

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Paola Belletti - Aleteia Italia - pubblicato il 15/06/17
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Anche se l’inizio della scuola non cade più nel giorno della sua memoria liturgica, non è un’idea da scartare quella di invocare  l’intercessione di San Remigio e di seguirne l’esempio.

I Remigini.

Chi sono, costoro? Da dove vengono e dove vanno?

Se qualcuno nutrisse questa curiosità o avesse sentito il termine e non avesse trovato il coraggio di chiedere a chi lo pronunciava con sicumera o non avesse avuto tempo per cercare su Google niente paura, ci pensiamo noi.

I remigini sono personcine basse e tendenzialmente carine; vengono dall’asilo – sì, va bene, si dice scuola dell’infanzia – e vanno alle elementari – d’accordo, alla scuola primaria di primo grado (guadagniamo in precisione, ma perdiamo un poco in poesia).

Li sentiamo nominare già ora, perché c’è un evento, anzi il Summer Event 2017 per molte famiglie di bambini in età prescolare: la Festa dei Diplomi dell’Asilo.

E l’uso dell’epiteto remigini è proprio l’esempio della resistenza o del ritorno di un termine che non ha più il riferimento al calendario liturgico per il quale era nato.

Leggiamo su Sapere.it che «sono chiamati remigini tutti i bambini in procinto di cominciare la prima elementare. Il termine, in realtà, è quasi caduto in disuso, ma qual è la sua origine? Fino a quando, in Italia, non fu approvata la legge n.517 del 4 agosto 1977, l’inizio delle scuole, in tutta la nostra penisola, era fissato per il 1° ottobre, giorno in cui si festeggia San Remigio».

Da qui, l’usanza di soprannominare gli alunni di prima elementare, remigini. Il termine, talvolta, è ancora utilizzato; un retaggio del passato che parla delle tradizioni e dei tempi che furono» (chiude un nostalgico redattore di voci del dizionario).

A dire la verità, abbiamo anche alcune simpatiche e gradevoli canzoncine (il tasso di gradevolezza è inversamente proporzionale al numero di prove generali per la festa e alle ripetizioni delle stesse prove che si rendessero malauguratamente necessarie e alle decine di volte che il vostro bimbo, nipote, vicino di casa decidesse di cantarla a squarciagola) che finiscono nella dimenticabile colonna sonora della fine dei tre anni di scuola dell’infanzia.

A titolo di esempio (o come misura correttiva)  vi infliggiamo, vi proponiamo “Siamo i remigini” della sulla fiducia bravissima Dolores Olioso

Ora faccio la dura, ci butto sopra una mano di ironia, ma quanto ho pianto?

Nel caso delle mie figlie una canzone dedicata espressamente al titolo di remigino è capitata forse una sola volta. Ma qualunque fosse il testo e la melodia ad ogni “abbiam”, “andiam”, “siam cresciuti”, “i nostri amici”, “per mamma e per papà” o altre simili espressioni con o senza troncamento di vocale finale mi salivano agli occhi grosse lacrime che cercavo di cacciare indietro per non dover iniziare a mendicare fazzoletti di carta, che puntualmente avevo scordato di mettere in borsa, e per non vedere troppo alterata e tremula la scena della mia piccola che cantava sul palco, in mezzo al giardino e alla musica diffusa a un volumi da tortura psicologica collettiva.

È un grande passaggio davvero. Chiede nuova responsabilità, capacità di distacco, voglia di fare da sé.
(Alle mamme!)

La specie umana “mamma di primogenito” che veda il proprio figlioletto salpare verso l’età scolare staccandosi dal porto sicuro della prima infanzia ha tutto un suo lavoro di elaborazione da fare.

Si consolerà buttandosi sulla salutare pratica dell’acquisto compulsivo di cancelleria, abbigliamento “da scuola”, scarpe adatte, zaino orto tecnico?

Certo, ma nulla di troppo serio.

Non come il desiderio sincero che il proprio figlio compia davvero questo bel passetto, che cresca, che cammini spedito e lieto! Sì, ma verso dove?

È piccino, è giovanissimo e l’orizzonte che gli si schiude davanti è ampio; le tappe che lo aspettano sono ancora tante, presumibilmente.

Ma in fondo, cosa chiediamo per i nostri figli?

Una vita lunga e prospera? Bé certamente sì. Che il Signore li benedica con abbondanti grazie, amicizie, prosperità, serenità, beni materiali necessari e soprattutto solidi affetti!

Questo desiderio è naturale e sano. Che la vita sia bella, anche piacevole, non troppo arcigna coi nostri figli non possiamo non augurarlo a loro e a noi. Ma pur sempre di un viaggio si tratta.

Allora con lo zaino trolley o superergonomico; con le scarpe griffate o unbranded, i nostri figli, dotati di talenti sopra la media- come ogni mamma segretamente spera per il proprio “bagarospo”- o colpiti da gravi menomazioni ed handicap come capita ad alcuni innocenti sono iscritti tutti allo stesso corso di studi: Propedeutica per la Vita eterna.

E per il buon esito di questo corso possiamo benissimo chiedere l’intercessione anche di San Remigio, Vescovo e Santo per acclamazione popolare, instancabile evangelizzatore del suo popolo.

Ha battezzato il Re Clodoveo e lo ha a lungo consigliato. Per settanta lunghi anni, dice la tradizione, ha attraversato i territori della ex Gallia romana in mano ai Franchi ed ancora in gran parte pagana o sedotta all’eresia ariana predicando ed evangelizzando. Era uno concentrato sull’essenziale, a quanto pare.

Sarebbe bello se chiedessimo per i nostri remigini il suo stesso zelo e non solo per il successo scolastico.

San Remigio, ora pro nobis!