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Non essere una donna cattolica stereotipata, sii te stessa!

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Lyuba Burakova | Stocksy United

Jola Szymańska - pubblicato il 12/06/17

Come non prestare attenzione a stereotipi ridicoli: abbigliamento modesto, sorriso gentile, carattere innocente...

Tempo fa, all’università, un amico mi ha detto sorpreso: “Non hai l’aspetto di una cattolica”. Ho iniziato a ridere e ho pensato: “Beh, è vero che porto i pantaloni, rido della vita, leggo il filosofo Witold Gombrowicz e a volte la gente mi esaspera…” E per giunta ho i capelli corti.

Sono trascorsi tre anni. Ho sostituito Gombrowicz con la Szymborska e mi sono comprata due gonne, ma per quanto ci provi secondo la gente non sono un modello di femminilità cattolica. Se il mondo fosse diviso in due parti, una bianca e l’altra nera (ah, quanto sarebbe facile la vita!), da un lato ci sarebbero le femministe con l’ombretto sugli occhi e i jeans strappati che lottano per i diritti della donna, dall’altro le donne cattoliche, versione struccata con gonna anni Ottanta, fede nuziale, bambini e un libro di preghiere in mano. Nel mio caso, probabilmente dovrei smembrarmi e dividermi tra una parte e l’altra. Una mano qui, un piede lì, e la testa nella spazzatura.

Ma questi stereotipi non rendono un buon servigio.

Esistono molti stereotipi sulle donne cattoliche: sul sesso, sull’intelligenza, sull’abbigliamento, sullo stile personale, sull’indipendenza di pensiero. Da dove sono usciti? Da una mancanza di conversazione, dalle apparenze mediatiche e nel mio caso anche dal parco giochi della mia infanzia.




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Ricordo bene come due mie amiche del liceo sottolineassero in modo esplicito la loro fede, sottovalutando totalmente la propria femminilità (paragonavano l’essere donna più a una gonna che allo shampoo). Grazie a loro ho conosciuto il movimento cattolico giovanile Oasis, ma per via delle altre mie compagnie non mi ci sono mai adattata.

Crescendo, tuttavia, molte di noi si sono trovate davanti a questi stereotipi per bocca di familiari, amici o colleghi di lavoro. Le parole feriscono la nostra autostima e la nostra dignità e ci fanno dubitare del fatto che possiamo vivere a modo nostro, con Dio, e ci chiediamo se davvero agli altri importa tanto del modo in cui viviamo. Cosa si può fare al riguardo? In primo luogo smettere di preoccuparsi, e poi…

Cercare di non idealizzare le proprie scelte

Idealizzare la propria vita è comprensibile, perché vogliamo dare testimonianza del fatto che una vita con Dio è bella… perché lo è! Dare testimonianza, però, è condividere la verità, non raccontare un film. In realtà, lo stile di vita cristiano non è facile. La pianificazione familiare naturale non è facile. Richiede un duro lavoro. Richiede pazienza e impegno da entrambe le parti.

Neanche l’astinenza prematrimoniale è tutta rose e fiori. Assomiglia più a passeggiare in un campo sotto un acquazzone, e l’unica cosa che garantisce è l’assenza di gravidanze. Ma è così che esprimiamo il nostro amore nei confronti di Dio e la nostra fiducia nei Suoi consigli.


SUORA ABITO MODESTIA

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Vivere in armonia con Dio ci dà una felicità autentica, un senso di realizzazione, una pace del cuore inestimabile e un’amicizia con l’Essere più incredibile dell’universo. Ma non è affatto facile. E allora cerchiamo di migliorare il nostro cristianesimo con Photoshop quando lo mostriamo agli altri.

Non accampare scuse

Gli stereotipi cattolici sono spesso collegati a domande sul nostro atteggiamento nei confronti del sesso e della contraccezione. Dal di fuori, gli altri possono avere l’impressione che siamo limitati dalle norme: non sappiamo nulla del nostro corpo perché confidiamo solo nell’opinione dei preti, usiamo il “metodo del calendario” che consiste nel contare i giorni tra una mestruazione e quella successiva e passiamo tutta la nostra giovinezza negando la nostra sessualità.

Ma tutti hanno il diritto di vedere e sperimentare il mondo a modo proprio. Per le donne cattoliche, la sessualità è una questione molto intima, e non è necessario sbandierarla davanti a chiunque. È la nostra scelta personale, e non c’è neanche motivo di parlarne.

Abbiamo il diritto di prendere le nostre decisioni nella vita e nella fede. Non tutti devono comprenderle o accettarle. Ciò che conta è che ne abbiamo parlato con Dio.

Ricordare che non c’è motivo per cui si debba essere la migliore

Fa piacere essere lo studente migliore, sedersi in prima fila in classe e prendere ottimi voti, ma se sono già passati vari anni dal diploma dovete smettere di pensare a tutto come se foste oggetto di valutazione. I valori cristiani non sono un concorso per vedere chi ha la vita più nobile. Il nostro obiettivo non è ottenere punti per le buone azioni, ma giungere alla salvezza. La maternità non è meglio della solitudine, e avere molti figli non è un coupon che garantisce la pienezza spirituale. Qualunque cosa otteniamo nella vita, è un dono.




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E parlando di decisioni, chiedetevi cosa significano per voi una buona decisione e una cattiva decisione. Sottolineare la validità delle vostre scelte migliora il vostro benessere? Cercate una giustificazione? O forse da qualche parte dentro di voi invidiate qualcuno?

A volta la testimonianza migliore è ammettere la nostra debolezza e la nostra simultanea fiducia in Dio.

Siate voi stesse

Ho comprato un cappellino rosso e cerco di mescolarmi alle signore più anziane all’uscita della chiesa. E sapete una cosa? Mi piace. La Chiesa è così diversa che è una totale perdita di tempo cercare di lottare contro i mulini a vento.

Finché respirerò, leggerò buoni libri e mi divertirò con le iperbole nei telegiornali e sui quotidiani starò bene. E da quando ho smesso di idealizzare me stessa e gli altri non cerco più di dimostrare niente a nessuno. Sento che la mia priorità è l’opinione di Dio, non quella di tutti gli altri.




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[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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