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Com’è Dio?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 12/06/17

Mi guarda come un figlio e non si dimentica mai di me, mi abbraccia e mi aspetta, mi accompagna nel dolore

Ogni anno celebro il mistero della Trinità. Mi soffermo ad adorare il Dio Trino. Tre persone. Un unico Dio. Un Dio che si fa storia nella vita dell’uomo. Che si fa carne. Che si dona nella forza dello Spirito. Un Dio Padre misericordioso. Un Dio che è Dio della mia storia personale.

In quel giorno mi chiedo sempre com’è il mio amore nei confronti di Dio Padre. Come amo Gesù fatto carne e presente nell’Eucaristia. Come chiedo ogni giorno che lo Spirito venga su di me. Un unico Dio. Un Dio che è comunione quando io spesso mi impegno a dividere. Disseziono la realtà per cercare di comprenderla. Divido per essere più importante del resto, per spiccare.

Un Dio che è amore di comunione. In cui i tre hanno lo stesso valore. E il loro amore li unisce per sempre. Questo mistero mi commuove ogni anno, ogni giorno. Davanti al mistero mi stupisco senza comprendere, come i bambini.

Voglio essere bambino senza voler comprendere. Voglio stupirmi e non pretendere di capire tutto. È più semplice essere bambini. Rallegrarmi come un bambino. Sorprendermi come un bambino. Così guardo oggi Dio che è Padre.

Papa Francesco ci ha ricordato che Dio è un Padre buono e che dobbiamo avere il coraggio di chiamarlo Padre, di avere un rapporto di familiarità con Lui. “Questa è la grande rivoluzione che il cristianesimo imprime nella psicologia religiosa dell’uomo. ll mistero di un Dio non ci schiaccia, non ci angoscia, non ci fa sentire piccoli, non ci schiaccia. È una rivoluzione! Gesù ci rivela che Dio è un Padre buono ”.

E pregava così poco prima della sua ordinazione sacerdotale: “Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo spirito nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così al regno di vita eterna”.

Oggi guardo Dio come Padre. Non come un Dio lontano, onnipotente e invisibile. Non come un Dio giustiziere che mi richiede la perfezione. Non come quel Dio che aspetta alla fine della mia vita che renda i talenti che mi ha affidato e sia all’altezza che ci si aspetta da me. Non credo in quel Dio esigente che cerca solo la mia perfezione, che gli presenti il colletto bianco della mia camicia senza macchie, senza cadute.

Mi sento debole e bisognoso e so che non sono perfetto. So che non posso essere all’altezza delle mie esigenze, che sono già molte. Cado e mi rialzo in mezzo alle mie fragilità, sorpreso dalla mia debolezza.

Per questo oggi guardo Dio come Padre. Quel Dio che è Trinità è un Dio paterno. Un Dio che mi guarda come figlio e non si dimentica mai di me. Un Dio che mi abbraccia e mi aspetta sulla via della vita. Mi viene incontro tra le lacrime quando torno a casa.

Un Dio a cui interessa tutto quello che mi succede, le cose buone e quelle cattive. Quel Dio che è Padre non mi manda croci per limare le mie asperità. Non credo nel Dio pedagogo che decide le dimensioni della croce che posso portare e me la invia.

Credo piuttosto in un Dio Padre che mi accompagna nel mio dolore. Non mi toglie la croce, mi dà la forza del suo Spirito perché la possa prendere su di me. Non gioca con me a un gioco che non comprendo, né pretende che io sia come Egli non mi ha creato.

La sua promessa è vera, tutto ciò che mi promette ha un senso. Per questo credo nelle promesse che mi ha fatto un giorno, in quelle che mi fa oggi. Mi ha promesso la felicità, la pienezza di vita, la sua compagnia tutti i giorni della mia esistenza. E io mi sono fidato delle sue parole e ho seguito i suoi passi. E ho fatto quello che mi diceva. Ho creduto nella sua voce, come le pecore che conoscono la voce del loro pastore e lo seguono cercando i pascoli.

Per questo credo, continuo a credere oggi, ogni giorno. Come posso dubitare del suo amore se mi ha preso tra le mani e non mi lascia cadere? Io confido. Confido sempre. È la rivoluzione di Gesù che mi ha mostrato il volto misericordioso del Padre.

A volte mi costa credere in quella misericordia. Mi costa credere in quell’amore che perdona tutto. Alcuni dei miei peccati non mi sembrano degni di perdono. Io non mi perdono. Ma Lui sì. Mi libera. Mi assolve. Mi solleva e mi restituisce la dignità perduta.

Quando cado e mi rialzo a fatica, Egli viene a sollevarmi tra le lacrime. Le sue e le mie. Il suo amore mi raccoglie quando sono ferito. Quello sguardo allegro e positivo sulla mia vita mi dà la forza di credere di più in me. Di tornare a lottare per dare la vita.

Perché mi ha amato come sono e confida in me. In tutto quello che posso fare se confido nel suo potere e non nelle mie forze.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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