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Eutanasia per Charlie, perché lo vogliono morto

Charlie Gard

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La nuova Bussola quotidiana - pubblicato il 08/06/17
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Ma è il suo dolore innocente che ci può salvaredi Costanza Signorelli

In queste ore, nella Londra martoriata da un terrorismo islamico ormai incontrollabile e angosciata da un Occidente che si mostra sempre più incapace di risposte credibili, si sta combattendo un’altra battaglia. Se possibile ancora più oscura. E’ la battaglia di uno Stato che – con le sue leggi colpevoli, i suoi sedicenti organi di giustizia, la sua comunità scientifica – tutto in una inquietante consonanza, invoca la morte di un piccolo bambino di nove mesi: Charlie Gard.

“Non è etico tenere in vita il bambino” dichiarano i medici che si trovano di fronte ad una patologia grave e rarissima di cui non conoscono cura. Il piccolo “deve morire con dignità”, rincarano i giudici con ben due sentenze. E poco importa se i genitori, al capezzale del figlio 24 ore al giorno, gridano ai medici, ai giudici, al mondo intero che il piccolo vive. Che li riconosce, che risponde agli stimoli. Che la vita, finché è vita, merita sempre una possibilità.

Niente, la realtà ormai non ha alcun valore. Il bambino è ostaggio dell’ospedale che, forte del verdetto giuridico, impedisce ai genitori il suo trasferimento negli Stati Uniti ove potrebbe iniziare da subito un trattamento di cure sperimentali per mano di esperti della sua patologia. Niente, il verdetto è ineluttabile: staccare la spina. Rimane solo una speranza: che la Corte Suprema del Regno Unito accolga l’ennesimo ricorso dei genitori e ribalti la condanna a morte sancita nei due gradi di giudizio precedenti. Lo si saprà nelle prossime ore. Praticamente serve un miracolo in cui si faticherebbe a credere, se non fosse per l’inesauribile fede che mamma Connie e papà Chris stanno testimoniando al mondo.

Lo abbiamo già detto e occorre ripeterlo: questa orribile situazione è la naturale conseguenza di qualsiasi legge eutanasica che si arroghi il diritto di legiferare sulla vita e sulla morte, compresa la forma mascherata in discussione al nostro Parlamento italiano. Ma c’è di più.

C’è Charlie. C’è questa piccola, innocente creatura che giace inerme in un letto di ospedale. C’è il suo corpicino e il suo dolce viso coperto di tubi, cannule, garze e cerotti. Ci sono suoi occhietti lividi. C’è la sua malattia assassina che lo sta strappando alla vita. Ci sono le sue energie che si consumano giorno dopo giorno come ceri, sotto gli occhi straziati dei suoi genitori. Ci sono le sue manine che, appena sfiorando quelle di mamma Connie, vorrebbero afferrare con forza la vita, se solo potessero. C’è la sua forza appunto, che – come dice il papà Chris – è la forza di un “guerriero che sta lottando e combattendo”. Ci sono i suoi soli nove mesi di vita, eppur interminabili se si pensa a ciò che ha già dovuto portare, sopportare e patire.

Guardando questa povero e martoriato esserino sembra insieme di udire un grido conturbante: “Perché? Perché questo dolore così innocente? Perché tutto questo male su un’anima così pura? Perché?”. Un grido straziante che preso così, da solo, parrebbe giustificare un unico pensiero: basta. Perché se non ci fosse un senso, se non esistesse un significato a questo strazio innocente, dire basta sarebbe forse l’opzione più ragionevole. Avrebbero ragione i medici, sarebbero saggi i legislatori e i giudici a mettere la parola fine. E insieme sarebbero folli, anzi folli egoisti, coloro che vorrebbero trattenere in vita quel piccolo angelo. Perché diciamola tutta fino in fondo: se non ci fosse un senso per questo dolore innocente, non ci sarebbe nemmeno un senso per vivere e per morire.

Ma il senso di questo dolore c’è, esiste, vive tra noi. Di più: “Il dolore innocente è un puro tesoro, più prezioso di un diamante di inestimabile valore (…). Il dolore dei bambini è uno dei tesori più preziosi, destinato ad assicurare al mondo la redenzione e la pace, assai più ed assai meglio che non le faticose arti della politica, gli sforzi colossali della finanzia e le abili contrattazioni della diplomazia umana”.

A parlare così è la Santa Madre Chiesa che, attraverso la testimonianza di vita del beato don Carlo Gnocchi, ci illumina sul senso del vivere e del morire attraverso il “caso limite” del dolore innocente. Don Gnocchi con la sua esistenza spesa al capezzale degli orfani di guerra e mutilatini, ha vissuto su di sé, sin nelle viscere, la sofferenza dei bambini innocenti, restituendoci un testamento spirituale vibrante e sconvolgente per il significato impresso.

“Nasce da questo anzitutto l’eminente dignità del bambino sofferente”. Ammonisce il beato: “Se il dolore, secondo il Vangelo, rivela la presenza di Cristo nell’uomo, in nessuno questa trasparenza si fa più chiara, evidente ed immediata come nel bambino. E per questo Gesù ha detto: “Tutto quello che avete fatto a questi piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 10,42). Pertanto la nostra attitudine interna ed esterna di fronte ad un bambino che soffre per invalidità, per deficienza, per mutilazione, per povertà, per malattia, per ignoranza, per abbandono e per qualsiasi altra causa, deve essere anzitutto dominata da un profondo senso di rispetto di venerazione; direi quasi di culto”.

Continua don Gnocchi: “In ogni bimbo sofferente, noi dobbiamo vedere (…) un piccolo agnello che purifica e redime, secondo l’amorosa legge di Cristo, un “vivente sacrificio dell’umanità innocente per l’umanità peccatrice”. Di più. Noi dobbiamo vedere non soltanto un piccolo umano redentore con Cristo ed in Cristo, ma un intercessore ed un mediatore di grazia, in forza dell’irresistibile potenza che il dolore innocente ha sul Cuore di Dio. (…) Ogni bimbo che soffre è dunque come una piccola reliquia preziosa della redenzione cristiana, che si attua e si rinnova nel tempo, ad espiazione dei peccati di tutti i giorni, degna di essere onorata e quasi venerata, così come faceva San Leonida martire, chinandosi ogni mattino a baciare il cuore del suo piccino, per riconoscervi ed adorarvi la Trinità presente e operante”.

Ecco allora perchè con tanta determinazione vogliono eliminare il piccolo Charlie: perchè prima ancora di Charlie hanno ucciso il senso del vivere e del morire. E quel bambino con il suo dolore innocente è un grido di Significato divenuto oggi insopportabile. L’esistenza di Charlie grida un mistero così vertiginoso che l’uomo moderno non può, perchè non vuole tollerare. Per questo la morte di quel bambino, e di tutti i bambini come lui, sarebbe il compimento di un orribile sacrilegio. Sarebbe un’immensa e irreparabile sciagura. Uccidere Charlie significa calpestare quel sangue innocente che si sta consumando, in modo misterioso ma incredibilmente reale, per la conversione e salvezza di ognuno di noi.

 

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