I segreti di bellezza delle donne romane: dal trucco ai profumi!
Sabato pomeriggio mi sono lasciata coinvolgere dalla mia amica Laura per una gita fuori porta a Tivoli. Il motivo? La XII edizione de “Le idi adrianensi”, un viaggio alla riscoperta dell’Antica Roma, un festival che offre spazio a oggetti e personaggi in costume testimoni di un tempo lontano, attraverso spettacoli, abiti antichi, rappresentazioni, mostre, convegni, rievocazioni nella splendida scenografia dell’Anfiteatro di Bleso. La professoressa Amalia Margherita Cirio, docente in pensione di Lingua e Letteratura Greca nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza”, venuta a conoscenza della pagina facebook “Flowerista” dedicata alla bellezza, alla salute e ai rimedi naturali tramandati dalle nonne, aperta da poco dalla mia amica Laura, le aveva consigliato di andare a parlare con Stefania Sanna, presidente dell’associazione di rievocazione storica Cultus Deorum, nata nel 2013 con lo scopo di promuovere e divulgare la cultura storica attraverso le tradizioni, gli usi e costumi, i riti della Roma della prima età Imperiale. È stata proprio lei, una volta contattata, ad invitarci alla manifestazione di Tivoli dove ci ha introdotte agli usi e costumi medici e cosmetici delle donne nell’Antica Roma, dandoci anche una piccola dimostrazione pratica di come venivano preparati alcuni unguenti.
«Solo le donne patrizie potevano permettersi vestiti colorati perché le spezie che servivano per tingere costavano molto, venivano importate dall’Oriente, e quindi le contadine non potevano certo permetterselo. La tunica indossata dalle donne del popolo aveva le tonalità del marrone, colore tratto dalla lavorazione della pianta del cardo. Le mogli dei mercanti e le donne delle famiglie patrizie indossavano abiti di tutti i colori: i più costosi erano quelli colorati di giallo, rosso e verde. Non usavano abbinare tono su tono, vestivano con più tonalità possibili anche per sfoggiare la loro ricchezza, evidenziando che solo loro potevano permettersi tanto lusso: un’esplosione di colori!»
IL TRUCCO: DALLA CIPRIA ALL’OMBRETTO!
«Anche il trucco era molto curato dalle donne romane, avete presente le geishe di oggi? Uguali! Le donne romane usavano la biacca al posto della nostra cipria, quindi si dipingevano completamente il viso di bianco perché questo era segno di nobiltà. Fino all’ottocento si è pensato che l’abbronzatura fosse segno di povertà, perché i contadini stavano al sole per lavorare. Oltre al bianco usavano colori molto forti e accentuati, tutti tratti da pietre o da erbe: il rossetto veniva estratto da alcune bacche e mescolato sangue di piccione, lo smalto per le unghie già veniva usato ed era fatto con grasso e sangue di pecora, l’ombretto verde veniva dalla malachite. Tutte cose che si trovavano in natura. Le donne patrizie si mettevano a disposizione dell’ornatrix che era l’estetista, la parrucchiera, con cui, a casa loro, passavano da un minimo di due a un massimo di sei ore per la preparazione del trucco, funzionale magari solo per andare nell’agorà e farsi vedere dalle altre donne per poi tornare alla domus. Scurivano molto le sopracciglia con il carboncino per far risultare la pelle ancora più bianca. Il trucco, il vestiario e gli ornamenti dovevano testimoniare la ricchezza della famiglia».