Lo scienziato Ciro Di Nunzio incaricato di studiare il caso della mistica calabrese, da scettico che era, è stato travolto dal contatto col mistero
di Flavia Squarcio
Due storie tanto lontane che si incrociano. Ciro Di Nunzio e Fortunata Evolo, l’uomo di scienza e mamma Natuzza da Paravati, come tutti la conoscono, la cui vita è al centro dell’inchiesta canonica per la causa di beatificazione.
La mistica calabrese, morta il primo novembre 2009, che presto potrebbe salire all’onore degli altari, con la sua traccia semplice e straordinaria allo stesso tempo, ha scolpito il sentiero della fede nella mente e nel cuore del genetista forense napoletano, abituato alla concretezza di fatti scientifici, di dati inconfutabili, al percorso lineare di situazioni dimostrabili, prove alla mano, con il ragionamento empirico. Moglie e mamma di cinque figli, di Natuzza Evolo si è scritto e detto tanto per via della straordinarietà dei fenomeni che hanno caratterizzato la sua vita semplice e umile. La sua storia si è intrecciata con quella di Ciro Di Nunzio proprio per via del processo di beatificazione.
INDAGINI SCIENTIFICHE
Il professore napoletano, esperto di ricerca applicata in ambito forense, laureato in Biologia e Farmacia, genetista e tossicologo forense, è un super esperto del Dna e dei suoi segreti, un luminare nell’individuazione di analisi delle tracce lasciate sulla scena del crimine. In pratica, la persona giusta per supportare il lavoro degli inquirenti nell’elaborazione dell’identikit biologico di possibili autori di un crimine. Proprio per queste sue competenze, messe in luce dal lavoro all’università di Catanzaro, il professore Franco Frontera, medico che aveva curato Natuzza per varie patologie, di concerto con la fondazione “Pro Fortunata Evolo – Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, ha scelto Ciro Di Nunzio per scandagliare il mistero delle tracce di sangue lasciate dalla mistica di Paravati su federe di cuscini e fazzoletti in suo uso. Frontera voleva accertare se le macchie che riproducevano vari simboli religiosi fossero di sangue umano e se quel sangue fosse realmente di Natuzza. L’approccio al caso è stato per Di Nunzio rigoroso, eppure la scintilla di fede era impaziente di porre all’uomo di scienza domande di senso più profondo.
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Racconta Di Nunzio: «La comparsa di queste macchie di sangue associate a eventi che caratterizzarono la vita di Natuzza mi lasciavano molto perplesso. Ovviamente l’idea più semplice era che qualcuno avesse in qualche modo mistificato le cose. Ho accettato l’incarico da uomo di scienza, soltanto per fornire un riscontro concreto, come se si trattasse di un qualunque altro caso e la questione da chiarire fosse semplicemente l’individuazione del profilo genetico dell’ipotetico sospetto, partendo dalle tracce biologiche lasciate dal soggetto sulla scena di un delitto».
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I SIMBOLI DELLA PASSIONE
Durante la Quaresima, Natuzza presentava spontanee lacerazioni sulla pelle da cui si produceva un essudato ematico.