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L’addio di capitan Totti, eroe buono del calcio

FRANCESCO TOTTI

Giuseppe Maffia / NurPhoto

Francesco Totti of Roma on his last appearance in Rome after more than 20 years during the Serie A match between Roma and Genoa at Stadio Olimpico, Rome, Italy on 28 May 2017. (Photo by Giuseppe Maffia/NurPhoto)

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 29/05/17

Fedele alla maglia giallorossa per tutta la sua lunga e brillante carriera un esempio per tutti

Ieri all’Olimpico al termine della partita Roma-Genoa, si è concluso non solo il campionato 2016/2017 ma anche la carriera sportiva di un grande campione: Francesco Totti, da 25 anni con la stessa maglia e da vent’anni capitano dei Giallorossi. Dopo il tradizionale giro di campo, ha letto – con voce rotta dall’emozione – una bella lettera dedicata ai tifosi, alla squadra e alla città.

Quella di Totti è stata una lunga militanza che ha reso “er Pupone” di fatto “l’Ottavo Re di Roma“. In questo cambiamento di soprannome c’è tutta la storia umana e sportiva di un giocatore capace di non tradire mai una squadra e una città, ma soprattutto che pur in una carriera lunga e piena di traguardi personali non si è mai e poi mai sporcata con atteggiamenti o comportamenti scorretti. Totti è stato un campione dentro e fuori il campo, una volta sposato con la starlette Ilari Blasi non c’è mai stato un comportamento scorretto, mai una serata brava, mai un gesto fuori posto nella sua vita privata. Con Ilary, sua moglie, Francesco ha costruito un’unione salda e ricca dei valori di un sacramento. «Ogni volta che segno un gol bacio l’anello del matrimonio e rivolgo un ringraziamento al Signore per avermi regalato una vita piena di soddisfazioni non solo sui campi di calcio ma sopratutto nella vita di tutti i giorni con Ilary e i nostri figli».

La città forse avrebbe perdonato tutto al “suo capitano“, che ha omaggiato in modo discreto ovunque dopo lo scudetto del 2001, ma forse proprio per il peso di questa responsabilità e per la riconoscenza verso questo amore, Totti non ne ha mai approfittato e contemporaneamente anche in questa correttezza i romani e romanisti hanno trovato la conferma di aver trovato “un capitano”.

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Di LPLT - Opera propria, GFDL

Le prodezze sportive di Totti si sprecano, e nella Roma ha regalato perle di calcio. Da tutti è riconosciuto come geniale in certe sue giocate, nella precisione di certi suoi assist. In carriera ha segnato oltre 300 goal, un primato che condivide con soli altri 7 giocatori italiani (insieme a Luca Toni, Del Piero, Inzaghi, Baggio e altri). Per prodezze come queste c’è sicuramente bisogno di talento, un dono con cui Totti è certamente nato, una benedizione di cui però non si è mai appropriato egoisticamente. Campione di solidarietà e anche di autoironia, capace nei libri come negli spot che ha girato di prendersi facilmente in giro, di non prendersi sul serio, il Capitano è ambasciatore Unicef e sostiene personalmente molte attività benefiche a vantaggio dei bambini.

Ma perché la cerimonia di ieri ha toccato anche i non romanisti? Perché forse con Totti si chiude un’era del calcio, quella dell’amore puro per la maglia, più ancora che per il successo, una fedeltà vera che genera riflessioni sul calcio e sulla vita perché una vita per il calcio e una storia d’amore e sport come quella di Totti sono rare e dunque preziose. Chi sono i moderni cavalieri se non i calciatori? Ma ci sono i cavalieri e i mercenari, quelli che si battono per un vessillo, per un ideale e quelli che lo fanno per il soldo.

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Un uomo educato fin da piccolo ai valori del cattolicesimo grazie a mamma Fiorella e papà Enzo e alle lezioni di catechismo tenute dal parroco Don Aldo. A soli sette anni, assieme ai compagni di scuola incontra per la prima volta Giovanni Paolo II in Aula Neri. «Il Papa stava passando quando ad un tratto si è fermato e mi ha passato una mano sulla fronte. E’ stata una grande emozione sopratutto mi ha colpito il suo sguardo e la sua energia. Sembrava quasi che emanasse tranquillità e pace. Anche quando l’ho incontrato in altre occasioni a colpirmi è stato sempre il suo sguardo, gli occhi gentili e una forza d’animo assolutamente unica» (A Sua Immagine magazine, febbraio 2016).

Il campione non ha mai nascosto la sua devozione per la Madonna del Divino Amore che proprio Giovanni Paolo II ha voluto come protettrice della Capitale. Allenamenti e impegni permettendo, si reca spesso a pregare al santuario.

«Cosa mi colpisce di Papa Francesco? Ci sarebbe tanto da dire, un lungo elenco di pregi, è una figura che mi è piaciuta da subito. Sicuramente vedo in lui la semplicità, il suo è un ruolo enorme, importantissimo, però appare come uno di noi. In ogni gesto si vede che è naturale, che vuole avvicinarsi alla gente. Nella vita le cose belle sono quelle genuine e lui è così. Poi nei suoi occhi vedo bontà e senso di giustizia. Secondo me sono fatte in questo modo le persone che vogliono rendere migliore il mondo e il Papa merita tutta la nostra fiducia».

Tra “capitani” ci si intende subito…

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