Il De profundis di Flavio per noi
Tutto qua? E se fosse proprio vero, che alla fine ogni nostra “correzione fraterna” origina da un eccesso di invidia (che poi è sempre un difetto di amore)?
Se trattate gli uomini secondo i loro meriti
– diceva l’ineffabile Amleto a Polonio, che doveva alloggiare gli attori –
chi scamperà alla forca?
Citava il de profundis (Sal 129 [130], 3), il principe danese – d’altronde studiava teologia a Wittenberg! Appunto dei suoi demeriti faceva ampia confessione pubblica, stanotte, Flavio Insinna. Su Facebook abbiamo letto:
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E non c’è molto da aggiungere: forse molto da riflettere, per tutti.
Non che Insinna sia o fosse un modello imperfettibile: è vero, negli anni ha spesso interpretato ruoli di personaggi esemplari, e anche su queste nostre pagine qualche anno fa aveva rivelato di dovere alla cura costante del rapporto con Gesù Cristo buona parte del suo «solito gaio e cordiale umore» (direbbe Bis). Ma niente di tutto ciò assomiglia a una canonizzazione: già se guardo solo i suoi social trovo esternazioni discutibili e penso di non poter condividere alcune delle sue (legittime) posizioni. Solo la spietatezza del mondo, che al contrario della Chiesa «permette tutto e non perdona nulla», può esigere da un uomo la coerenza indefettibile e una rettitudine morale a prova di errore. Tra cristiani ci accontentiamo di camminare tutti verso la meta. Risollevandoci a vicenda quando capita di cadere: tanto capita a tutti – «sette volte al giorno» per i migliori (stando a Prov 24,16).
Mamma Rai pensi a mia nonna
Ma sono grato, a Flavio Insinna, per la professionalità e per il garbo che ha sempre dimostrato (tra le registrazioni di quante puntate hanno pescato quelle orribili dichiarazioni per cui ora è stato linciato?) E poi gli sono grato perché da anni fa compagnia ai miei genitori e ai miei suoceri, la sera; e soprattutto a mia nonna, che nel suo testardo orgoglio vuole vivere ancora a casa sua – benché a novant’anni suonati ne sia rimasta l’ultima abitante. Penso a mia nonna che ama il buon cuore di Insinna, e che aspetta “i pacchi” alla sera come la messa alla mattina, per poi raccontare di questa e di quelli a chi passi a trovarla nella giornata.
Visto che i sottotesti di questa vicenda miserabile non sono più un segreto per nessuno, e poiché a me personalmente essa è servita per ricordare quanto si possa diventare moralisti quando non si considera la fragilità di quelli che ferocemente ammiriamo, spero che il pasticciaccio brutto non pregiudichi la carriera di Insinna, ma che anzi Flavio possa restare saldo in sella all’ammiraglia delle reti pubbliche.
Mamma Rai pensi a mia nonna.
Ce ne sono tante, come lei, anche se non fanno chiasso.