separateurCreated with Sketch.

Invocava Dio mentre la facevano pregare verso la Mecca

BOKO HARAM, CRISTIANA, RAPITA, PREGARE, MECCA
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Alfa y Omega - pubblicato il 16/05/17
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Rebecca è stata sequestrata e violentata dai membri di Boko HaramI terroristi di Boko Haram hanno lanciato il piccolo Zacharias, di appena due anni, nel lago Ciad, in cui è morto affogato, perché sua madre si rifiutava di avere rapporti sessuali con i miliziani. Era il secondo figlio che Rebecca ha perso dopo essere stata sequestrata dal gruppo terroristico. Era tale la violenza esercitata su di lei che le hanno rotto i denti e ha perso il bambino che aspettava.

Il calvario di Rebecca è iniziato quando Boko Haram ha attaccato il suo villaggio, Baga, situato nel nord-est della Nigeria. Ha dovuto fuggire correndo insieme al marito, Vitrus, e ai due figli, Zacharias di due anni e Jonathan di uno. Rebecca, 24 anni, essendo incinta, non riusciva a tenere il ritmo. La coppia ha deciso di separarsi perché il gruppo terroristico assassina direttamente gli uomini e sequestra le donne.

Boko Haram ha raggiunto la donna, cristiana, e i suoi due figli, e subito si è sentita una raffica di colpi di arma da fuoco. Rebecca ha pensato che avessero assassinato Vitrus, che a sua volta ha pensato che sua moglie fosse stata uccisa.

La ragazza è stata portata in un campo di addestramento di Boko Haram. È stata costretta a lavorare incessantemente ed è diventata una schiava sessuale dei miliziani. Rebecca non voleva concedersi ai terroristi, e per questo è stata picchiata al punto da perdere il bambino che aspettava e di veder assassinato il figlioletto Zacharias nel lago Ciad.

I terroristi volevano che Rebecca rinnegasse Gesù Cristo e la costringevano a recitare il Corano cinque volte al giorno, ma quando, in ginocchio, chinava la testa in direzione della Mecca, dentro di sé recitava: “Nel nome di Gesù, ti amo, Signore Gesù”.

I miliziani la costringevano anche a recitare il “rosario” musulmano, e a ogni grano lei diceva un’Ave Maria.

Alla fine Rebecca è stata violentata ed è rimasta incinta di un terrorista di Boko Haram, che nove mesi dopo ha reso padre.

Dopo due anni di questo inferno, la donna è riuscita a fuggire dal campo con il figlio Jonathan e il bambino del miliziano.

Rebecca ha trascorso settimane persa nel nord della Nigeria finché non è riuscita a tornare nel suo villaggio, dove ha ritrovato il marito. Vitrus, pensando che la moglie fosse morta, stava per sposarsi con un’altra donna.

La storia di Rebecca è stata una di quelle ascoltate questo lunedì nella Notte dei Testimoni, organizzata dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) e presieduta dal cardinale arcivescovo di Madrid, Carlos Osoro, nella cattedrale dell’Almudena di Madrid (Spagna).

La storia della donna nigeriana è stata raccontata da Raquel Martín, responsabile della comunicazione di ACS Spagna che ha conosciuto personalmente Rebecca a marzo durante un viaggio in Nigeria organizzato dalla fondazione pontificia.

“Grazie alla sua comunità e alla Chiesa locale, la coppia ha intrapreso un cammino [di riparazione] che le ha permesso di tornare insieme e di far sì che Vitrus accettasse il figlio frutto dello stupro del terrorista”, ha affermato Raquel.

“Io ho tenuto Christopher – il bimbo figlio del miliziano – tra le braccia e vi assicuro che senza la presenza di Gesù sarebbe umanamente impossibile che questa famiglia sia ora unita, che il bambino sia stato accettato, che Rebecca lo guardi con amore infinito senza essere influenzata dall’odio per suo padre, il terrorista”.



Leggi anche:
Vescovo nigeriano ha una visione di Cristo e dice che il rosario sconfiggerà Boko Haram

Rebecca, ha detto Raquel prima di concludere il suo intervento, “è stata capace di mettere Gesù Cristo assolutamente al di sopra di tutto”, e la sua storia “è diventata un faro che illumina la mia fede e il cui rapporto così reale con Gesù mi fa chiedere ogni mattino: ‘Chi è Gesù per me? È la cosa più grande della mia vita?’”

Cittadini di seconda classe

Nella Notte dei Testimoni ha levato la propria voce anche il carmelitano vietnamita Francesco Saverio Tien, che ha affermato che la Chiesa cattolica nel Paese asiatico “è stata perseguitata fin dall’inizio della sua esistenza nel XVI secolo”.

Da allora, ha sottolineato padre Tien, “si stima che il numero di cristiani vietnamiti morti per la propria fede oscilli tra i 130.000 e i 300.000”.

Tra i martiri ci sono tutti gli abitanti del villaggio della madre del cardinale van Thuân, che nel 1885 “furono arsi vivi nella chiesa parrocchiale”.

Lo stesso cardinale vietnamita, che giovedì è stato dichiarato venerabile da Paap Francesco, ha subito sulla propria pelle la persecuzione contro i cattolici, venendo imprigionato in un carcere comunista per 13 anni, nove dei quali in regime di isolamento.

Oggi la Chiesa in Vietnam continua a subire le vessazioni del partito comunista. Anche se “non ci sono più persecuzioni come quella di un tempo”, ha affermato padre Tien, “i cristiani sono considerati cittadini di seconda classe”, ed è ad esempio proibito loro di “svolgere qualsiasi attività religiosa al di fuori delle parrocchie senza il permesso del Governo”.

Secondo la legge, non si può nemmeno istituire nuovi Ordini religiosi nel Paese senza il riconoscimento ufficiale dello Stato, cosa che padre Tien – che ha fondato la prima comunità carmelitana nel Paese – ha chiesto quattro anni fa: “non ci hanno ancora concesso il riconoscimento ufficiale”.

La persecuzione religiosa non è tuttavia riuscita a spegnere la fede dei cristiani, che in Vietnam continuano ad aumentare. “Continuiamo a voler essere [una Nazione] cristiana perché Dio è la nostra vera felicità, e grazie al sangue dei nostri santi martiri anche la nostra eredità”, ha concluso il carmelitano.

La vita e non la morte

Il cardinal Osoro ha concluso l’atto, durante il quale ha offerto la propria testimonianza anche un cristiano caldeo di Mosul (Iraq), auspicando che, “come Maria, sappiamo accogliere il Signore, sappiamo stare sempre al fianco della croce e seguire Gesù con tutte le conseguenze che comporta”.



Leggi anche:
5 storie che accendono una speranza tra i cristiani perseguitati

“Ciò che ci appartiene non è la morte, ma la vita”, ha aggiunto l’arcivescovo di Madrid alla fine della veglia. “Non è l’odio, ma il perdono. Non è l’egoismo, ma la generosità. Non è costruire muri, ma gettare ponti per unire gli uomini. Non è la guerra ma la pace, quella che porta Gesù Cristo”.

La Notte dei Testimoni 2017 si inserisce negli atti organizati da Aiuto alla Chiesa che Soffre in occasione della Giornata di Preghiera per i Cristiani Perseguitati, che la fondazione pontificia celebra il 13 maggio, festa della Madonna di Fatima.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]