C’è una formula per essere sempre di buonumore? Ci sono degli esercizi che posso fare per essere più spesso di buonumore? Esiste una Preghiera per il buonumore?
Esiste una scorciatoia che è urgente scoprire, un trucco che può rendere molto più vivibili le nostre giornate.Ce la racconta Carlo De Marchi in La formula del buonumore. Con i 5 rimedi contro la tristezza (Ares).
DIO E LA FORMULA DEL BUONUMORE
Il punto di partenza della “formula del buonumore”, sostiene l’autore, è la certezza che Dio, quando guarda ognuno di noi, sorride. Sorride perché ci guarda con affetto, perché gli risultiamo simpatici. A partire da questo sorriso fondamentale ricevuto, ognuno può imparare a ridimensionare sé stesso e i propri difetti senza drammatizzarli, senza prenderli troppo sul serio.
Questa sana leggerezza con sé stessi rende affabile l’atteggiamento e sorridente lo sguardo anche verso gli altri, sia gli sconosciuti sia le persone che incontriamo regolarmente.
Si tratta di una scoperta che è a portata di mano di chiunque. Non richiede corsi e tecniche complicate. La formula è semplice, richiede solo un po’ di impegno pratico: accogliere il sorriso di Dio, sorridere guardando sé stessi e sorridere incontrando gli altri.
A LEZIONE DI AFFABILITA’
Allo stesso tempo ci sono alcune esercitazioni pratiche per essere affabili. Prima di tutto è utile cercare di misurare il proprio livello di affabilità, attraverso una specie di autovalutazione. Si tratta di osservare il proprio comportamento per una giornata, facendo attenzione a ognuno dei punti indicati di seguito (saluto, sorriso, modo di discutere, comunicazione scritta).
COME FARE L’AUTOVALUTAZIONE
I più coraggiosi possono chiedere aiuto per la valutazione a una persona di fiducia: questo è uno dei casi nei quali l’amicizia, il senso dell’umorismo e l’autoironia risultano di grande aiuto, se non addirittura necessari.
Se non mi viene in mente nessun dato significativo a proposito del mio livello di affabilità, la cosa più probabile è che ci sia un problema di consapevolezza. Nel qual caso l’autovalutazione diventa ancor più necessaria.
Fatta l’autovalutazione si possono identificare i propri esercizi pratici di affabilità. L’obiettivo è che ciascuno metta a fuoco gli aspetti nei quali gli conviene concentrare il suo allenamento, come si fa in palestra, quando si vuole correggere un difetto o potenziare un’abilità in una specialità sportiva.
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1) SORRISO E SALUTO
È consigliabile proporsi di sorridere innanzitutto in alcuni momenti:
l in famiglia: quando si incontra un famigliare per la prima volta nella giornata; quando ci si rivede al rientro a casa; quando ci si saluta a fine giornata; quando si incontra qualcuno in un corridoio sul posto di lavoro; quando si incontra qualcuno per caso in giro; quando qualcuno fa una battuta di spirito (non è necessario ridere fragorosamente, basta dare un qualche cenno di riscontro cordiale al tentativo altrui di ridere e far ridere).
2) GESTI
Esercitarsi nella stretta di mano, evitando con cura la sindrome della «mano moscia» e anche una stretta eccessivamente lunga o forte (soprattutto con persone appena conosciute); domandarsi come rispondo a un cenno di saluto di una persona che mi riconosce da lontano.
Altri esempi di gesti sui quali è utile domandarsi se abbiamo bisogno di esercizio: guardare negli occhi le persone con cui parlo (senza esagerare, diventando invadenti); mentre cammino, fermarmi e voltarmi se qualcuno mi rivolge la parola, senza dare l’impressione di essere di corsa; chiamare per nome una persona quando la saluto (non solo un collega, anche persone con le quali si ha a che fare solo en passant, senza che ci sia una vera e propria amicizia).
3) DISCUTERE IN PACE
Ricordiamo che il grande ostacolo per una discussione è il litigio. La prima meta è quindi scoprire i miei momenti «a rischio di litigio»: la mattina, per esempio durante la prima colazione; il rientro a casa o il rientro di un famigliare; l’inizio della giornata in ufficio. Nel contempo, pensare se le persone con le quali abito o mi trovo a passare molto tempo hanno dei loro momenti «a rischio di litigio».
È fondamentale, per esempio, sapere qual è il momento migliore (e il peggiore) del coniuge, dei genitori o dei propri superiori o collaboratori più stretti.
Poi è utile allenarsi in due strategie: come gestire me stesso quando sento che sto per litigare e come gestire la situazione quando una o più persone accanto a me sembrano intenzionate ad attaccare briga.
Una regola fondamentale si può riassumere così: non scherzare con il fuoco. Quando noto di essere nervoso è bene provare a rimandare una discussione, una riunione, una telefonata.
4) IN RIUNIONE
Un caso specifico di discussione nella quale è utile esercitarsi sono le riunioni. Mantenere l’affabilità e il buonumore durante una riunione non è facile, specialmente quando le riunioni sono lunghe e numerose.
Alcuni esercizi pratici che possono aiutare.
l convenevoli: i saluti iniziali e finali servono a creare il contesto cordiale e quindi non sono formalismi inutili; in una situazione di particolare tensione, per esempio con clienti o colleghi problematici, conviene aumentare l’affabilità, non diminuirla per timore di sembrare deboli;
Poi conviene sempre dire la verità: proporsi sempre di dire con le parole giuste come stanno davvero le cose; parlare bene delle persone non presenti alla riunione; non guardare il telefono e non rispondere a telefonate: l’unico modo sembra essere quello di esercitarsi a non te- nere sott’occhio il telefono e a tenere la suoneria spenta.
E ancora: quando risulta chiaro che ci si trova su posizioni opposte, è utile esercitarsi a ripetere con parole proprie il punto di vista dell’altra persona, per manifestare interesse vero e desiderio di capirlo bene; stare seduto in modo composto intorno al tavolo di riunione; prendere nota di una cosa importante che mi viene chiesta o che affermo che farò.
5) COMUNICAZIONE SCRITTA
Ecco alcune regole per la comunicazione scritta, trasmesse ai suoi dipendenti da David M. Ogilvy, fondatore della società di comunicazione Ogilvy & Mather.
Ecco le “norme”: scrivi come parli. Con naturalezza; usa parole brevi, frasi brevi, paragrafi brevi; non usare mai tecnicismi come «riconcettualizzazione», «demassificazione», «attitudinariamente». Sono tipici del presuntuoso che si vanta troppo di sé.
Poi: non scrivere mai più di due pagine, su qualsiasi argomento; non inviare mai una lettera o un promemoria il giorno stesso in cui l’hai scritto; rileggilo ad alta voce la mattina successiva e correggilo; controlla le citazioni.
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LA PREGHIERA DEL BUONUMORE
Oltre agli esercizi c’è un’invocazione che si può recitare per aiutare a farci contagiare dal buonumore.
E’ la cosiddetta “Preghiera del buonumore” scritta da Thomas Henry Basil Webb (1898-1917), ma attribuita tradizionalmente a Thomas More:
Donami Signore una buona digestione, e anche qualcosa da digerire.
Donami la salute del corpo,
con il buonumore necessario per conservarla.
Donami, Signore, un’anima santa,
che sappia godere di quanto è buono e puro,
senza spaventarsi di fronte al peccato
ma trovando invece sempre il modo di rimettere le cose a posto.
Donami un’anima che non conosca la noia, la mormorazione, i sospiri, le lamentele,
e non permettermi di soffrire eccessivamente per quella realtà invadente che si chiama io.
Donami, Signore, il senso dell’umorismo.
Concedimi di capire uno scherzo
e di conoscere nella vita un po’ di gioia,
e poterla così comunicare anche agli altri».
Amen.