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Quali atti culturali sono inappropriati in una chiesa?

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Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 11/05/17

La caratteristica principale di questo luogo è essere segno del mistero cristiano

Rappresentazioni teatrali, pranzi, assemblee condominiali… in chiese, cappelle, eremi, santuari o oratori? Non è un argomento facile, e a volte crea discussioni e polemiche. Cosa dicono le leggi della Chiesa al riguardo?

Il Canone 836 segnala che la liturgia è la realtà ecclesiale che deriva dalla fede e si basa su di essa, ed è al servizio della celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali. E questa celebrazione si concretizza nei luoghi sacri.

I luoghi sacri sono quindi luoghi costruiti e destinati al culto mediante la dedicazione o benedizione, in genere realizzata da un vescovo.

Questi luoghi, quindi, esistono per accogliere “quanto serve all’esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione” (Canone 1210), nonché la preghiera. “La mia casa sarà casa di preghiera” (Lc 19, 46), ha detto Gesù.

Nelle chiese o nei templi parrocchiali c’è il Santissimo Sacramento, e la sua presenza reale richiede da noi la massima reverenza. È per questo che anche se non si sta celebrando la Messa l’ambiente in chiesa deve portare alla preghiera e al rispetto di Dio e favorirli.

Ecco quello che dice il magistero della Chiesa: “Le chiese non possono considerarsi come semplici luoghi “pubblici”, disponibili a riunioni di qualsiasi genere. Sono luoghi sacri, cioè “messi a parte”, in modo permanente, per il culto a Dio, dalla dedicazione o dalla benedizione”; la chiesa “rimane luogo sacro, anche quando non vi è una celebrazione liturgica” (Congregazione per il Culto Divino, Lettera ai presidenti delle Conferenze Episcopali e ai presidenti delle Commissioni Nazionali per la Liturgia sui concerti nelle chiese, 5 novembre 1987, n. 5).

La destinazione a culto di un luogo sacro è di per sé esclusivo, perché la santità con la quale il luogo è stato rivestito non permette che venga usata allo stesso tempo per fini non religiosi.

La santità di un luogo sacro è tale che se in uno di questi luoghi per errore o negligenza di alcuni e/o per abuso di altri si commette qualche azione ingiuriosa si deve decretare la profanazione del luogo (Canone 1211).

Di conseguenza, in questi luoghi è vietata “qualunque cosa sia aliena dalla santità del luogo. L’Ordinario, però, per modo d’atto può permettere altri usi, purché non contrari alla santità del luogo” (Canone, 1210).

Gli usi extraliturgici di un luogo sacro che possono essere permessi dal vescovo avranno sempre un carattere straordinario, e saranno utilizzi puntuali e supervisionati.

Si noti che il Canone citato del Codice di Diritto canonico sottolinea due elementi:

a.- Spetta solo ed esclusivamente al vescovo, caso per caso, dare l’autorizzazione affinché un luogo sacro venga utilizzato per usi diversi da quelli previsti, per il bene spirituale dei fedeli.

L’autorizzazione del vescovo deve essere richiesta per iscritto, con sufficiente anticipo, e va concessa sempre per iscritto, previa consultazione. Nel permesso concesso dal vescovo verranno stabilite le condizioni per la realizzazione dell’evento, e sarà il sacerdote incaricato del tempio a dover vegliare sul loro rispetto.

b.- Il Diritto Canonico afferma che l’ordinario del luogo (il vescovo) può permettere altri utilizzi. La parola “può” segnala che il vescovo non è obbligato a permettere sempre e in ogni caso l’uso di luoghi sacri per eventi profani estranei agli usi legittimi per i quali sono stati dedicati o benedetti.

Il vescovo autorizzerà solo concerti di musica sacra (in qualche caso di musica classica), conferenze o ritiri spirituali e atti accademici istituzionali ma in sintonia con la santità del luogo (ad esempio a favore del dialogo tra fede e ragione), tenendo conto anche delle persone che interverranno. Saranno eventi che si spera aiutino all’esercizio e alla promozione del culto, della pietà e della religione.

È proibito tutto ciò che può ferire i sentimenti religiosi dei fedeli, quello che non è consono alla santità dello spazio religioso e tutto ciò che è contrario alla pietà cristiana e ai sani costumi.

Anche se certe espressioni culturali possono avere in tutto o in parte uno sfondo religioso, salvo eccezioni le chiese non possono essere utilizzate neanche per proiezione di pellicole, spettacoli di danza (né dentro né fuori la Messa), opere teatrali, festival di canto o poesia, esposizioni, lettura di manifesti, presentazione di libri o riviste, omaggi a persone, ecc., né per atti culturali estranei alla fede cattolica o come mense popolari, sedi di atti di beneficenza, vendite varie, atti civili o politici…

Una cosa molto diverso è l’atrio o il chiostro, o altri spazi esterni ai luoghi sacri, ma anche in questo caso serve il consenso dell’autorità ecclesiastica.

Quando le chiese che mantengono la propria consacrazione vengono utilizzate per finalità distinte da quelle stabilite, si mette in pericolo la loro identità e/o la loro caratteristica principale di essere segno del mistero cristiano, con conseguenze negative a detrimento progressivo della fede e della sensibilità religiosa.

Quando le chiese non vengono rispettate, si favorisce la diminuzione del rispetto per ciò che è sacro o per i luoghi sacri, e a volte le persone finiscono per comportarsi all’interno dei templi come se si trovassero in un luogo profano.

Ci sono luoghi sacri che possono perdere la loro dedicazione o benedizione se, ad esempio, risultano abbandonati o parzialmente o totalmente distrutti, o quando per altri motivi vengono ridotti permanentemente a usi profani per decreto del vescovo.

In questi casi, quando una chiesa smette di essere utilizzata per il culto per qualsiasi motivo, si può permettere il suo uso per fini non indecorosi e che non diano scandalo.

“Se una chiesa non può in alcun modo essere adibita al culto divino, né è possibile restaurarla, il Vescovo diocesano può ridurla a uso profano non indecoroso” (Canone 1222).

Quali potrebbero essere questi usi non indecorosi? Potrebbe essere utilizzata come luogo di riunioni di un movimento apostolico o di una confraternita, o come sala di catechesi, deposito di oggetti di culto, museo d’arte sacra, sala conferenze, ufficio parrocchiale, biblioteca, ecc.

Ciò vuol dire che anche se in una chiesa non si può svolgere il culto divino in modo degno non vuol dire che possa essere ridotta a usi che offendono il senso religioso o il senso comune, perché non sarebbe degno né giusto, men che meno se la proprietà è di un’entità ecclesiale.

La chiesa, quindi, non potrebbe destinata ad essere, ad esempio, un ristorante, o una sala di cinema, una discoteca, un mercato, un bar, un salone per feste, ecc.

Se la normativa canonica proibisce fini indecorosi per i luoghi di culto non più destinati al culto stesso, a maggior ragione il Codice di Diritto Canonico proibirà questi e altri usi di un luogo sacro che mantenga la sua santità.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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