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Il pasticciaccio di Siti sulle presunte pulsioni pedofile di don Milani

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 22/04/17
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Don Fortunato Di Noto: abbiamo segnalato il romanzo alla Polizia Postale. Mi spaventa che questa malattia sia oggetto di racconti “positivi”

Don Leo, il prete pedofilo protagonista dell’ultimo romanzo di Walter Siti “Bruciare tutto”, «forse forzando l’interpretazione» assomiglia a don Lorenzo Milani a cui il libro è dedicato.

«Perché – spiega Siti, citando a modo suo alcune lettere scritte dal sacerdote di Barbiana – mi è parso che don Milani ammettesse di provare attrazione fisica per i ragazzi». Don Milani potenziale pedofilo, allora? «Ma se ho sbagliato l’interpretazione, allora la dedica è fuori bersaglio» (La Repubblica, 20 aprile).

LE FRASI “INCRIMINATE” DA SITI

Nell’intervista a La Repubblica spiega il significato della dedica a Don Milani: «Tutto nasce, mentre stavo covando il libro, dall’aver letto in un vecchio e quasi introvabile libro di Santoni Rugiu (Il buio della libertà, De Donato-Lerici 2002) alcune frasi dell’epistolario di don Milani, che ora dovrebbero figurare nel Meridiano di prossima uscita: “E so che se un rischio corro per l’anima mia non è certo di aver poco amato, piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!)” – e poco più avanti, in una lettera a un giornalista poi suo biografo: “E chi potrà amare i ragazzi fino all’osso senza finire di metterglielo anche in culo, se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno ?” – già anni prima in una lettera a un amico, aveva scritto: “Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto”. Forse forzando l’interpretazione, mi è parso che don Milani ammettesse di provare attrazione fisica per i ragazzi, e ho trovato eroica la sua capacità di tenersi tutto dentro il cuore e i nervi, senza mai scandalizzarne nessuno. La dedica è un modo per dichiarare la mia stima e la mia ammirazione profonda per lui».

LA LETTERA A PECORINI

La lettera a cui si riferisce era a Giorgio Pecorini, che stava facendo un’inchiesta su scuola confessionale e scuola laica. Don Milani, con il suo linguaggio sempre ai limiti del paradosso rispondeva che la distinzione era fasulla e che la base pedagogica dovesse essere l’amore. E riguardo al tenere le mani a posto, nell’altra lettera nulla fa pensare che parlasse di bambini.

«Proprio per l’abitudine di don Milani di parlar franco e crudo, mi pareva che la precisione del lessico segnalasse che quei pensieri gli erano venuti alla mente; se ho sbagliato l’interpretazione, la dedica è fuori bersaglio», dice Siti.

LA REPLICA DELLA FONDAZIONE

Intanto alla Fondazione Don Milani, non l’hanno presa tanto bene come spiega al Giornale (20 aprile) il vice presidente Agostino Burberi, che di Don Milani a Barbiana è stato anche il primo allievo: «Ho letto l’intervista, io non so come uno scrittore, che deduco bravo visto che ha vinto lo Strega, si sia fatto delle fantasie simili… Sono delle scemenze, non so come altro definirle, e in una intervista rischiano di trasformarsi in grave disinformazione, stiamo valutando l’eventualità di una azione legale come Fondazione. Si va dalla superficialità all’eventualità che tirare in ballo Don Lorenzo Milani sia stata considerata una bella trovata per attirare l’attenzione sul libro».

“DOVREBBE RITIRARE IL LIBRO”

Farebbe bene Siti a ritirare la dedica a don Lorenzo Milani nel suo libro in cui racconta la storia di un prete pedofilo, ammonisce Famiglia Cristiana (21 aprile)

Pensare di giustificare la dedica a don Milani con qualche frase mal estrapolata dai suoi scritti non ha senso né fondamento storico. O si dimostra il contrario – cosa che Siti non è stato in grado di fare – o l’azzardo è eccessivo. Gli farebbe onore, a questo punto, riconoscere di aver esagerato (dovrebbe anche spiegare perché si è spinto così in là), assumersene la responsabilità e chiedere all’editore di ritirare la dedica dal libro. Lo dovrebbe fare per amore della verità e per la memoria del priore di Barbiana.

“PREOCCUPATO PER L’ACCETTAZIONE”

Don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, associazione che da tantissimi anni si batte in prima linea contro la pedofilia, ha così commentato ad Aleteia: «Noi abbiamo segnalato il romanzo alla Polizia Postale per capire se ci sono gli estremi per un’apologia della pedofilia. Lascia perplessi questo accostamento a Don Milani. Siti dovrebbe documentarsi meglio per capire cosa è la pedofilia».

«Ci sono tante lobby che hanno etichettato anche Don Bosco come pedofilo represso. Allora io che difendo i bambini dai pedofili sarei un pedofilo represso? E poi è preoccupante questa forzatura secondo cui la pedofilia può passare come qualcosa di positivo, come un qualcosa che si può accettare e narrare attraverso un romanzo. Sembra sempre più che il consenso del bambino, considerato l’abbassamento dell’età media dei primi rapporti sessuali, sia una cosa che si può considerare “normale”. A me tutto questo spaventa».

«Vorrei vedere più scrittori e più letterati – conclude Don Fortunato – che scrivono libri dove condannano la pedofilia come crimine e non come la “protagonista” di un fantomatico racconto. La realtà è cruda e devastante, ma per capirla bisogna mettersi nei panni di chi la subisce e ne resta traumatizzato».