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Aboliamo la Pasqua?

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Piero della Francesca | Wikicommons | Public Domain

Piero della Francesca (1420–1492) The Resurrection of Jesus Christ

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 17/04/17

Piuttosto aboliamo la nostra tiepida ricerca di certezze...

Mi sono imbattuto per caso in un vecchio post di un blogger, Leonardo Tondelli, molto spigoloso da cui scopro sempre qualche aneddoto interessante sui santi e la storia della Chiesa che si chiedeva in buona sostanza: perché non aboliamo la mobilità della Pasqua e la relativa festività civile? Facciamo le vacanze di Primavera come nel resto d’Europa. Meno stress e meno Chiesa tra i piedi (ma in fondo anche più chance di vivere la celebrazione liturgica senza lo stress delle vacanze). Una spremuta di laicismo molto ben argomentato per carità, che non condivido, ma che mi ha permesso di fare una piccola riflessione che voglio condividere con voi. Al post “rubo” la provocazione del titolo che sicuramente avrà fatto storcere il naso anche a due o tre dei nostri lettori…

Qui l’aneddoto interessante sul calcolo della data della Pasqua (che è poi il centro dell’articolo) e di come non fu affatto pacifico per i cristiani dei primi secoli la sua determinazione:

I quartodecimani erano cristiani d’oriente, per lo più della Siria e dell’Asia Minore, che festeggiavano la Pasqua tutti gli anni lo stesso giorno: il 14 del mese ebraico di Nisan, punto. In pratica celebravano la festa nello stesso giorno degli ebrei, fraintendendone però il significato: gli ebrei festeggiano Pesach, il passaggio nel mar Rosso, dalla schiavitù alla libertà (oggi la festa dura una settimana e comincia il 15); i cristiani quartodecimani erano convinti che Pasqua derivasse da πάσχειν, “patire”, e che consistesse nel ricordo della passione di Gesù. Altrove la celebrazione si era ormai legata alla ricorrenza settimanale della domenica, e al momento della resurrezione (il passaggio dalla vita alla morte alla vita); inoltre questa cosa di festeggiare insieme agli ebrei non andava giù a molti. I sostenitori della domenica e i quartodecimani litigarono per parecchio, senza trovare una soluzione, ma nemmeno senza arrivare a uno scisma; nel frattempo c’era anche la solita corrente new age che voleva tagliare la testa al toro e festeggiare l’equinozio di primavera: a un compromesso si arrivò soltanto col Concilio di Nicea, e come molti compromessi, era arzigogolato e probabilmente scontentava un po’ tutti. In effetti, quand’è che si festeggia la Pasqua? È una di quelle classiche cose che ci stanno davanti ma che non sa nessuno. Quelle classiche cose su cui il Post si scrivono gli articoli. E dunque, allora. Siccome il 14 di Nisan doveva essere un plenilunio, la Pasqua di resurrezione si festeggia la domenica successiva al primo plenilunio successivo all’equinozio di primavera, chiarissimo, no? Questo fa sì che non ci sia mai una Pasqua cristiana antecedente il 22 marzo e successiva al 25 aprile. Per il resto, non c’è che da affidarsi ai calendari. Certo, se avessero vinto i quartodecimani oggi sarebbe tutto più semplice (Il Post, 8 aprile 2012).

E ora una riflessione a partire da un altro brano del pezzo di Tondelli che nell’incipit aveva già dichiarato: “Mi coglie sempre di sorpresa, in un momento in cui avrei altre cose da fare”:

Una festa legata ai mesi lunari non riusciamo a controllarla: oscilla nelle nostre agende, ci sbalestra gli impegni, non ci consente di organizzarci. Pensa a quanto sarebbe bella una Pasqua fissa, per dire, a metà aprile. Sarebbe tutto più definito e programmabile: il carnevale, la quaresima, i ponti.

Ed è proprio qui che volevo arrivare. Proprio perché il tempo dell’uomo viene ora scandito in ritmi diversi, in cui il calendario lunare tipico della tradizione liturgica ebraica (e non solo) non scandisce più la vita ordinaria delle persone, ecco che il lasciarci “sorprendere”, anche con quel fastidio di cui parla il blog, dall’inaspettato è un dono pazzesco. Dio ha i suoi tempi, che non sono i nostri. Non si lascia addomesticare, si presenta una mattina alla porta e dice “Salve, la Morte è sconfitta, cosa fai ancora in pigiama?”. La Resurrezione non permette di organizzarsi, non è un fatto “comodo”, Gesù ha provato a far uscire da certi modi “borghesi” gli Apostoli durante tutta la sua predicazione. Ha dovuto alla fine “sorprenderli”, lasciare il sepolcro vuoto, anticiparli in Galilea, attraversare i muri per far sì che essi si scrollassero di dosso le loro certezze. Ecco, facciamo in modo che le nostre certezze, anche quelle sull’organizzazione del barbecue di Pasquetta, ci crollino un po’ intorno, lasciamo un po’ di spazio alla sorpresa

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