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Come può morire Dio?

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Soloviova Liudmyla | Shutterstock

Suor Theresa Aleteia Noble - pubblicato il 11/04/17

Può non essere quello che vogliamo sentire, ma Gesù ci ha mostrato come trovare la vita attraverso la sofferenza e la morte

Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo spirò.
Luca 23, 46

“Dio può morire?”

Una volta ho chiesto a un amico teologo di spiegarmi com’era possibile che Dio, il Creatore dell’Universo, potesse morire e mantenere allo stesso tempo il mondo in esistenza. Mi ha risposto che era possibile perché Gesù, una Persona divina, è vero Dio e vero uomo. Il Figlio di Dio è morto con una morte umana, ma la divinità non è morta.

Ovviamente è vero, e per un po’ sono rimasta soddisfatta dalla risposta, ma questo momento paradossale del Dio-uomo che muore sulla Croce – così pieno di significato e mistero – ha continuato ad affascinarmi.




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Avete mai meditato sugli ultimi momenti della vita terrena di Gesù?

Spesso diamo per scontati i misteri della nostra fede, ma a volte spazzare via la monotonia, le assunzioni e le ipersemplificazioni e guardare alla nostra fede con occhi nuovi aiuta.

Analizzare i momenti finali della vita di Gesù può immergerci in un’oscurità di paradosso e stupore, che finisce per avvicinarci al mistero del nostro Dio Trino.

Il Dio della Vita è morto su una Croce per poterci donare la vita. La vita è scesa sulla terra e ha affrontato la morte per amor nostro. Un inno latino del VI secolo, Vexilla Regis, coglie questo paradosso in una strofa significativa:

Ora splende il mistero della Croce; Su di essa la Vita ha sopportato la morte, E tuttavia con la morte ha ottenuto la vita.

Gran parte di questo mistero va al di là della comprensione umana, ma il modello – la morte che porta vita – è stato reso possibile dalla morte di Gesù. Questo modello di redenzione si ripete ogni giorno nella nostra vita.

Gesù ci ha mostrato come trovare la vita – attraverso la sofferenza e la morte. Non è la risposta che vorremmo sentire, ma percorrendo il viaggio della nostra vita spirituale capiamo che troviamo la vita proprio nel rinunciare a quelle cose che teniamo strette e di cui pensiamo di avere più bisogno che mai. A volte questa rinuncia avviene per via di una tragedia che non vogliamo, altre volte in momenti di male terribile, momenti che sappiamo che Dio non orchestrerebbe mai, ma permetterebbe solo per qualche motivo insondabile.

Privati di tutto, alla fine siamo come Gesù, nudo sulla Croce, ma in questa povertà e in questa semplicità troviamo paradossalmente gioia e pace. Nel dolore, a volte un dolore lacerante, rimaniamo stupiti di trovare segni di vita vigorosa.

Attraverso la Via Crucis nella nostra vita troviamo la grazia della resurrezione.


Gesù Crocifisso

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Questo ideale sembra molto lontano per la maggior parte di noi, che si aggrappa a piccole cose come se la nostra vita dipendesse da loro – il nostro programma televisivo preferito, la nostra immagine, i “Mi piace” sui social media, i nostri talenti, la nostra salute –, cose di cui pensiamo di aver bisogno per essere felici. La nostra vita è piena di piccoli amori, positivi e negativi, che lottano per estromettere Dio e mettere noi stessi al centro.

Di tanto in tanto, però, in genere attraverso una grande sofferenza o un momento di profonda tristezza, se siamo aperti, riceviamo grandi grazie per rimettere Dio al primo posto. A volte scambieremmo volentieri queste grazie per riavere indietro la persona o la cosa che ci è stata tolta, ma non è sempre possibile, e allora ringraziamo Dio per la luce che ha fatto brillare nell’oscurità.

Di recente una religiosa delle Figlie di San Paolo è morta in India. Prima di morire ha detto alle consorelle: “Sono felice! Non ho niente perché ho donato tutto a Dio. Sono pronta a morire”. È questo il paradosso della vita spirituale, al quale siamo invitati ad aderire anche noi.

Come Gesù, siamo invitati a spogliarci di tutto, o almeno a permettere di essere spogliati di ogni singola cosa che amiamo nella nostra vita, anche le persone che amiamo di più, sapendo che le rivedremo. Facciamo questo di modo da poter dire nei nostri ultimi istanti con grande gioia: “Padre, ti ho dato tutto, le cose buone, le cose cattive, perfino alcune delle persone che amo di più, e ora ti do l’ultima cosa che ho, la mia vita… Nelle tue mani consegno il mio spirito”.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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