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Quando Gesù spiegò a Santa Caterina come amarlo con un grande amore

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Arcidiocesi di Barcellona - pubblicato il 10/04/17

3 modi in cui tutti possiamo amare contemplando la croce

La Domenica delle Palme ci si addentra nella Settimana Santa, nella quale contempleremo la Passione, Morte e Resurrezione del Signore.

La verità è che ci costa comprendere il mistero della Croce, della sofferenza, del dolore. Ma è bello vedere Abramo che conduce suo figlio sul monte Moria, obbedendo al mandato del Signore. E lo fa per amore nei confronti di Dio e amando profondamente suo figlio.

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Anche Cristo inchiodato sulla croce è un mistero d’amore. Egli ci ha amati fino alla follia della Croce. Morendo ci ha donato la vita stessa di Dio. Risuscitando ci ha fatti risuscitare con Lui, e salendo al cielo ci ha preparato un posto accanto a Lui e a tutti i santi. Si può offrire di più?

È impressionante l’Amore di Dio per noi esseri umani! La verità è che con le nostre sole forze non arriveremo mai a comprendere nella sua pienezza il mistero d’amore di Dio per tutti e ciascuno di noi, e tuttavia questo amore è l’unico che può dare senso al cuore inquieto e confuso dell’essere umano.

In questi giorni della Settimana Santa, la Chiesa ci invita in modo particolare ad approfondire questo amore contemplando amorevolmente la Croce:

– Mediante il cammino del dialogo con Cristo crocifisso. A molte persone questo dialogo con Cristo risulta a prima vista difficile e costoso. Tommaso da Kempis ci offre un aiuto molto utile in una riflessione assai illuminante: “Se non sai meditare sulle cose elevate e celesti, riposa nella passione di Cristo e soffermati a pensare, come abitando in esse, alle sue sacre piaghe. Perché se ti rifugi in quelle cicatrici e in quelle preziose piaghe di Gesù sentirai una grande forza nell’afflizione, non ti colpirà il disprezzo degli uomini e sopporterai facilmente le parole che mormorano contro di te” (Tommaso da Kempis, L2, cap. 1, nº 16-17).

– Mediante la Via Crucis. Perché non percorrere, con semplicità e profonda venerazione, le stazioni della Via Crucis? Il cuore si riempirà di pace, di serenità, di speranza, d’amore, di perdono. Percorrere la Via Crucis, meditare la Passione del Signore, richiede un po’ di tempo. Non potremmo dedicarci ogni giorno qualche minuto, percorrere almeno due stazioni al giorno, anche se completare la Via Crucis ci richiede un’intera settimana? Bisogna solo decidere e rimanere saldi nella propria decisione; bisogna forse spegnere la televisione o non intrattenersi in alcune conversazioni per poter dedicare così un po’ di tempo a stare da soli con il Signore.

– Mediante la via del servizio a chi soffre. Da questa meditazione serena e amorevole della Passione sboccerà, ne sono convinto, un desiderio crescente di aiutare il fratello sofferente che è accanto a noi.




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Così hanno fatto i santi. Così ha fatto Santa Caterina da Siena, come mostra questo bellissimo testo:

“Gesù chiese a Caterina da Siena: ‘Mia diletta, sai perché ti amo?’ Di fronte alla risposta negativa di Caterina, Gesù proseguì: ‘Te lo dirò. Se non ti amo non sarai nulla, non sarai capace di niente di buono. Vedi quindi che devo amarti’. ‘È vero’, rispose Caterina, e disse poi: ‘Io vorrei amarti così’”. Mentre parlava, però, si rese conto di aver detto una sciocchezza. Gesù sorrise, e allora lei aggiunse: “Ma questo non è giusto. Tu puoi amarmi con un grande amore e io posso amarti solo con un piccolo amore”. In quel momento Gesù intervenne e disse: “Ho reso possibile che mi ami con un grande amore”. Lei, sorpresa, gli chiese immediatamente come. “Ho messo al tuo fianco il prossimo. Tutto ciò che farai a lui lo considererò come fatto a me”. Caterina, piena di gioia, corse a curare i malati in ospedale: “Ora posso amare Gesù con un grande amore”.

Magari la contemplazione della Passione di Cristo ci aiutasse a impegnarci di più con i fratelli che soffrono nel nostro mondo, e soprattutto accanto a noi! Perché vicino a noi, in questo luogo, su questo altare, si rende misteriosamente presente il Cristo del Tabor, della Passione: il suo Corpo donato, il suo sangue effuso, il Signore Risorto.

Di Juan José Omella, arcivescovo di Barcellona

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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