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I 4 elementi della preghiera onesta tratti da Gesù stesso

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Nancy Bauer | Shutterstock

Rachel Gehring - pubblicato il 10/04/17

Vi siete mai chiesti perché gli apostoli gli abbiano chiesto “Insegnaci a pregare”? Ecco il motivo

Visto che Gesù era in tutto e per tutto simile a noi tranne che nel peccato, è un modello della preghiera spiritualmente e psicologicamente sana.

Egli stesso ci insegnerà come pregare, come parlare con Lui, offrendoci il proprio esempio. È per questo che gli apostoli gli hanno detto: “Signore, insegnaci a pregare”.

La Quaresima dovrebbe essere un momento per approfondire la nostra vita di preghiera, ma abbiamo forse bisogno di andare ancora più a fondo? Forse non sappiamo come fare. Cristo non ha bisogno di molte parole (cfr. Matteo 6, 7). Ha bisogno, vuole, il vero me stesso.

Possiamo imparare come essere davvero presenti nella preghiera da Gesù crocifisso. Sulla croce, Egli ci insegna come essere vulnerabili di fronte al Signore, come dargli l’accesso al nostro cuore – per la nostra trasformazione e la sua gloria.

Nel suo momento più oscuro, quando è vicino alla morte, Gesù grida al Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27, 46).

Con questa frase, Gesù ci insegna quattro elementi della “preghiera onesta”:

Articola

Gesù dice quello che pensa. La trasparenza è sicura perché quello che accade nella nostra vita conta davvero per il Signore. Il Signore attende con ansia che accettiamo e articoliamo i nostri pensieri, i nostri sentimenti e le circostanze in cui ci troviamo. Può essere difficile capire cosa sta accadendo dentro di noi, ma il Signore ama quando preghiamo esprimendo la verità della nostra vita. Affrontare il nostro peccato, le nostre paure, il nostro dolore e la nostra debolezza gli permette di incontrarci lì dove siamo per risollevarci. È il nemico che vorrebbe che i credenti avessero una relazione superficiale, come se al Signore non importasse, non ascoltasse o non rispondesse. Sì, Gesù dice al Padre cos’ha nella mente e nel cuore, senza sentire alcun bisogno di “impressionarlo”.

Sente

Gesù riconosce quello che sente e lo include nella sua preghiera. Piuttosto che reprimere o lasciar andare a briglia sciolta, Gesù ci insegna a canalizzare (gestire in modo costruttivo) i nostri sentimenti.

(a) I sentimenti fanno parte di una psicologia normale, dell’esistenza umana, e sono un buon indicatore della profondità con cui qualcosa influisce su di noi. È sano essere consapevoli dei sentimenti, accettarli e dar loro un nome.

(b) I sentimenti sono neutri: positivi se portano alla pienezza di vita con Dio e con gli altri e negativi se ci trascinano verso il basso.

La consapevolezza e la riflessione portano alla comprensione. Cosa succede dentro e intorno a noi? Da dove deriva? Ci avvicina o ci allontana dal Signore?

(c) I sentimenti vanno gestiti in modo corretto. Accettiamo i sentimenti che corrispondono alla realtà/verità e respingiamo quelli che corrispondono alle bugie/illusioni. Gesù è un modello di integrazione sana dei sentimenti nella Sua preghiera e nella Sua vita.

Chiede

Gesù parlava con Suo Padre e Lo ascoltava regolarmente. Se Dio è reale e la preghiera è un dialogo sentito, allora perché no? La preghiera interattiva non è solo per grandi santi con missioni fantastiche, ma per ciascuno di noi nella nostra vita quotidiana. Chiedere è rischiare. Il Signore può risponderci in vari modi: con il silenzio, invitandoci ad aspettare; con la preghiera senza risposta, perché un “no” è davvero la cosa migliore, o con un “sì”, offrendo affermazione e istruzione. Se comunica in modo unico con ciascuno di noi (attraverso le Scritture, il nostro coniuge, le circostanze in cui troviamo, la natura, un’immagine…), tutti riconosciamo la Sua Parola nelle profondità del nostro essere. Il Signore non è astratto e distante, ma spesso lo teniamo a distanza non volendo chiedere. Come noi, Gesù chiede al Padre perché ha bisogno di una direzione e di una rassicurazione individuali.

Si arrende

Il grido di Gesù sulla croce esprime i Suoi pensieri, i Suoi sentimenti, ed è l’inizio del Salmo 22, che termina con parole di fiducia. Per Gesù la notte era oscura, il mistero era incomprensibile e la morte incombente, ma sapeva che doveva viverla per arrivare dall’altra parte. Ci sono volte in cui dobbiamo sistemare le cose, ma anche volte in cui bisogna accettare semplicemente ciò che è. Non siamo Dio, e quindi un rapporto corretto con Lui significa ascolto attento, fiducia radicale e obbedienza paziente. Parafrasando, sarebbe qualcosa del tipo: “Ok, Signore, so che vedi il panorama più ampio e che hai tutto sotto controllo. Per me non ha senso e mi sembra come un ‘morire’ ora, ma Tu sei il mio Dio e confido nel fatto che opererai attraverso questa situazione”.

La resistenza stessa non è spesso una grande fonte di dolore? L’insegnamento di Gesù sulla preghiera onesta è quello della resa, riposando nel Signore, le cui vie sono superiori alle nostre in qualsiasi modo.

Questa Settimana Santa, impariamo da Gesù come pregare – profondamente e onestamente – sulla nostra realtà attuale.

Dopo tutto, un rapporto superficiale, sterile e vago non è un vero rapporto. La preghiera onesta ci lega al Signore, come la comunicazione onesta ci lega al nostro coniuge e ai nostri amici più stretti.

Fortunatamente, Gesù ci ha mostrato come essere vulnerabili e audaci nei momenti bui, confidando nel fatto che il Signore ci ama in modo incondizionato. Fortunatamente, sappiamo già quale sia l’epilogo per chi cammina con il Signore fino alla fine – dopo la croce viene la resurrezione.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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