Una ricerca attesta l’efficacia di partire dall’analisi della proteina C-reattiva. Lo psicologo: è un vero aiuto per il pazienteUna recente ricerca ha rivelato che i medici potranno finalmente determinare quale farmaco abbia più probabilità di aiutare un paziente depresso, superando così la prassi del “tirare a indovinare” spesso alla base delle prescrizioni di antidepressivi.
Un semplice esame del sangue potrebbe infatti misurare il livello di una determinata proteina, dando ai medici uno strumento preciso per valutare il trattamento da perseguire. I medici, prima della ricerca, tendevano a fare affidamento ai questionari compilati dai pazienti in merito alla propria condizione. Lo ha dichiarato il dottor Madhukar Trivedi, che ha guidato il team di ricercatori presso il centro di ricerca medica Southwestern della University of Texas.
«Attualmente, selezioniamo i farmaci per la depressione in quello che assomiglia al lancio di una moneta, e in effetti è questo che facciamo. Ma ora abbiamo una spiegazione biologica per delineare il trattamento della depressione», ha detto il dottor Trivedi (www.utsouthwestern.edu, 29 marzo).
I LIVELLI DI PROTEINA C-REATTIVA
Lo studio ha dimostrato che misurare i livelli della proteina C-reattiva (CRP) in un paziente, attraverso un semplice esame del sangue, può aiutare i medici a prescrivere un farmaco che possa avere più probabilità di efficacia. Utilizzare questo test nelle visite cliniche potrebbe aumentare notevolmente il tasso di successo nei pazienti depressi che lottano per trovare dei trattamenti efficaci.
Un importante studio condotto dal Dott. Trivedi più di un decennio fa (STAR*D) ha mostrato il cuore del problema: fino a un terzo dei pazienti depressi non migliora con la somministrazione del primo farmaco, e circa il 40 per cento delle persone che iniziano a prendere antidepressivi smette di prenderli nell’arco di tre mesi.
“PERDERE LA SPERANZA E’ IL SINTOMO PRINCIPALE”
«Questo risultato accade perché ci si arrende», ha detto il Dott. Trivedi, il cui precedente studio aveva stabilito delle linee guida di trattamento per i pazienti depressi, ampiamente accettato. «Perdere la speranza è un sintomo principale della malattia. Tuttavia, se la scelta del trattamento è legata ad un esame del sangue e porta risultati migliori, i pazienti hanno maggiori probabilità di continuare il trattamento e ottenerne beneficio».
CORRELAZIONE CON I FARMACI
La nuova ricerca, pubblicata nella rivista Psychoneuroendocrinology, ha misurato i tassi di remissione in oltre 100 pazienti depressi a cui è stato prescritto il solo escitalopram oppure l’escitalopram più il bupropione. I ricercatori hanno trovato una forte correlazione tra i livelli di CRP e l’efficacia del regime farmacologico adottato.
Per i pazienti in cui i livelli di CRP erano inferiori al milligrammo per litro, l’assunzione del solo escitalopram si è rivelata più efficace, con il 57% di tasso di remissione rispetto a meno del 30% dell’altro farmaco.
Per i pazienti con elevati livelli di CRP, la prescrizione di escitalopram più bupropione ha dimostrato una probabilità più alta di efficacia, con un tasso di remissione del 51%, rispetto al 33% dell’assunzione del solo escitalopram.
APPLICARLI AD ALTRI AD ANTIDEPRESSIVI
Il Dott. Trivedi ha fatto notare che questi risultati si potrebbero facilmente applicare ad altri antidepressivi comunemente usati. «Questi risultati forniscono la prova che un test biologico possa essere immediatamente utilizzato nella pratica clinica», ha detto.
Il Dott. Trivedi aveva identificato il CRP come un potenziale marcatore per trattamenti della depressione, perché aveva permesso di identificare efficacemente infiammazioni legate ad altri patologie, come le malattie cardiovascolari e il diabete.
Il passo successivo è quello di condurre studi più ampi per verificare il ruolo del CRP con altri antidepressivi, e trovare dei marcatori alternativi nel caso in cui CRP non si riveli efficace.
LE DIFFICOLTA’ A GESTIRE IL PAZIENTE
«La notizia è sicuramente importante per tutti: pazienti, psichiatri e psicoterapeuti», premette ad Aleteia Emiliano Lambiase, psicologo e psicoterapeuta, coordinatore del CEDIS (il primo centro italiano per la cura delle dipendenze comportamentali) .
«Tutti, ovviamente in primo luogo il paziente – prosegue Lambiase – ci troviamo ad affrontare la difficoltà a mantenere con costanza, soddisfacente e utile alla terapia, la motivazione e l’impegno, in presenza di una malattia che fa dello scoraggiamento e della demotivazione uno dei suoi pilastri».
“FINALMENTE UN AIUTO PIU’ MIRATO”
Avere a disposizione uno strumento che permetta di comprendere con meno difficoltà quali potrebbero essere i trattamenti farmacologici più indicati, «è sicuramente una notizia di particolare valore. Questo – sottolinea Lambiase – permetterà al paziente di avere un aiuto più mirato e con più probabilità maggiormente efficace e, inoltre, permetterà un’adesione migliore ai percorsi e protocolli terapeutici paralleli alla farmacoterapia».
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SINTOMI GRAVI
Spesso, infatti, incontriamo pazienti, osserva il coordinatore del Cedis, «ai quali la depressione, oltre alla motivazione, ha indebolito anche alcune capacità come l’attenzione, le energie fisiche e psicologiche, le relazioni. Tutti elementi importanti per potersi riprendere. Riempiendo invece la mente di pensieri negativi su di sé, il mondo, la vita, il futuro, che ruotano inesorabilmente come pale al vento».
In queste situazioni, quindi, un aiuto farmacologico mirato «permetterebbe al paziente di poter aderire meglio anche ai percorsi psicoterapeutici».
LUTTI E TRAUMI
Inoltre, continua Lambiase, «non dobbiamo dimenticare che, sebbene l’aspetto biologico sia molto importante, molti casi di depressione derivano da lutti vissuti, traumi subiti, dinamiche relazionali nelle quali la persona è rimasta intrappolata e continua a ripetere».
In tutti questi casi, nei quali la terapia farmacologica può essere comunque un valido aiuto, «la persona deve comunque svolgere un fondamentale percorso di crescita e superamento delle proprie difficoltà interiori, e di acquisizione di quelle abilità necessarie per vivere in modo più sereno e soddisfacente».
IL BENESSERE DEL PAZIENTE
Questa notizia, e tutto questo filone di ricerca mirato a cercare di capire meglio come selezionare le terapie farmacologiche, «sono quindi di particolare interesse – chiosa lo psicoterapeuta – per tutto l’approccio terapeutico alla depressione, psichiatrico e psicoterapeutico, avendo a cuore il benessere ultimo del paziente».