Non è questione di educazione, ma di propensione. Nuova bocciatura per l’ideologia genderE’ vero il fatto che, se maschi e femmine manifestano preferenze diverse in fatto di giocattoli, è tutto ed esclusivamente dovuto all’educazione differenziata che ricevono?
Se lo chiede Giuliano Guzzo in “Cavalieri e principesse – Donne e uomini sono davvero differenti, ed è bello così” (Cantagalli editore).
Con una serie di ricerche Guzzo dimostra che ci sono evidenze nette su come sono i figli, più ancora dei genitori, a mostrare attaccamento verso giochi sessualmente tipizzati. Una nuova bocciatura, insomma, per la cosiddetta ideologia gender.
I DONI DI NATALE
Molto interessante, in tal senso, è la ricerca di Robinson e Morris (1986), i quali prendendo in esame i doni natalizi ricevuti da bambini di età pari o inferiore ai cinque anni hanno scoperto come i regali fatti dai genitori, rispetto a quelli scelti direttamente dai figli, in particolare maschi, fossero in media sessualmente più neutri.
LE FACCENDE DOMESTICHE
Se a ciò si aggiunge, almeno nel mondo occidentale, una maggiore apertura dei genitori rispetto a forme educazione più egualitarie fra maschi e femmine, esito anche delle trasformazioni sociali degli ultimi decenni, che hanno per esempio registrato un maggior coinvolgimento maschile nelle faccende domestiche, si può comprendere come sarebbe consigliabile maggior cautela prima di addossare ai soli mamma e papà la responsabilità delle diverse preferenze dei loro figli in fatto di giocattoli a seconda che siano maschi o femmine.
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I KIBBUTZ
Guzzo cita l’esperienza dei kibbutz israeliani, strutture comunitarie formatesi a partire dal primo e secondo decennio del Novecento nei territori dove in seguito sarebbe poi sorto lo Stato di Israele e presso le quali – allo scopo di promuovere l’educazione tra pari al fine di non ripetere modelli di individualismo e di prevaricazione sociale presenti nei contesti scolastici e tipici del mondo consumistico – tutti i bambini, maschietti e femminucce senza distinzioni, venivano allontanati dalle madri per essere allevati comunitariamente, in case separate da quelle dei genitori, e in maniera rigorosamente paritaria.
Vennero anche create cucine e lavanderie comuni per emancipare ancora di più le donne dai doveri domestici e permettere loro di lavorare fuori casa al pari degli uomini.
ESPLORAZIONI VS BAMBOLE
Ebbene, a partire dagli anni Cinquanta, quando dei sociologi decisero di studiare quali tipi di giochi i bambini dei kibbutz preferissero con l’intento dichiarato di trovare la prova definitiva di come le differenze comportamentali tra i due sessi derivassero esclusivamente dall’educazione, si trovarono davanti a uno scenario inaspettato.
I bambini davano infatti la preferenza a giochi competitivi e alle esplorazioni del territorio, le bambine preferivano giocare con le bambole e, più in generale, a fare giochi coinvolgenti sotto il profilo emotivo e comunicativo tradizionalmente considerati femminili.
L’INDAGINE ISTAT
Alla luce di quanto detto stupirà forse meno scoprire come, secondo i dati Istat, ai giorni nostri, in Italia, circa il 70% delle bambine dimostri una preferenza per le bambole e almeno il 30% per giochi di attività domestiche, mentre l’interesse del bambino risulta simmetricamente orientato per giochi di competizione come le macchinine o per giocattoli riguardanti mostri.
BAMBOLE E GIOCHI ALL’APERTO
Il punto è che se diverse preferenze dei giocattoli fra maschi e femmine sono state puntualmente riscontrate in ogni contesto storico, la ricorrenza del giocattolo più criticato da certo femminismo – la bambola – sembra non essere da meno, e «può essere considerata uno degli esempi più illuminanti della profondità e della continuità del giocattolo nella storia della civiltà, essa, infatti, appartiene a tutte le culture e, seppur con significati diversi, si ritrova in tutti i tempi».
Senza contare che il gioco, fra maschi e femmine, si differenzia oltre che per la scelta del giocattolo anche per quella del contesto, con i bambini che «giocano di più all’aperto» e «sono fisicamente più attivi» (secondo uno studio condotto da Gregory, 1987).
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L’INFANZIA
C’è però un solo modo per verificare in modo definitivo se è solo la cultura ad assegnare macchinine e piccoli camion ai maschi e bambole alle femmine o se, invece, le cose stanno in modo diverso: osservare il comportamento dei bambini durante la prima infanzia, quando sono cioè ancora troppo piccoli per essere prede di qualsivoglia stereotipo comportamentale.
L’INDAGINI SUI BAMBINI DI 1 E 2 ANNI
In un lavoro di alcuni anni a cura di Smith – Daglish (1977). fa osservando cosa accadeva nelle case di trentadue famiglie – sedici con figli maschi e sedici con figlie femmine – si è osservato, conformemente in realtà a quanto ci si aspettava, come i bambini mostrassero più attenzione a giocattoli ritenuti maschili quali macchinine e piccoli camion e le bambine fossero più attratte da peluches e bambole.
A rendere non banali gli esiti di quello studio è l’età dei bambini osservati, compresa fra i dodici ed i ventiquattro mesi.
LA BAMBOLA GIA’ A 6 MESI
Per esempio, nello studio curato dalla psicologa Kristina Zosuls si è visto come le bambine, rispetto ai bambini, trascorrano meno tempo a giocare con un piccolo camion già a diciassette mesi.
La più impressionante fra tutte però sembra essere la ricerca della psicologa Gerianne Alexander la quale ha cercato di osservare le reazioni di bambini di circa cinque e sei mesi di età – diciassette di sesso femminile, tredici di sesso maschile – dinanzi a due oggetti tridimensionali che meglio di tutti gli altri rappresentano i giocattoli sessualmente tipizzati, vale a dire una bambola rosa ed un piccolo camion blu.
Ebbene, benché non siano state misurate differenze fra i due sessi nell’estensione temporale dell’attenzione rivolta ai due oggetti, nel momento in cui si è andato a conteggiare le volte nelle quali i bambini li fissavano è arrivata la sorpresa: le femminucce, rispetto ai maschietti, si mostravano maggiormente interessate, in proporzione, alla bambola rispetto al camioncino.
RISULTATI IMMUTATI
Esiti simili sono stati riscontrati anche in un altro esperimento curato dalla dottoressa Vasanti Jadva e basato su un campione molto più esteso – pari a ben centoventi bambini di età compresa fra i dodici e i ventiquattro mesi – e attraverso il quale si è potuto rilevare come, indipendentemente dal colore degli oggetti, i risultati restino sostanzialmente immutati: le bambine rimangono più attratte dalle immagini di bambole, i bambini da quelle di automobiline.
Per quanto possono, insomma, gli studiosi sembrano individuare nei primi mesi di vita l’origine delle differenze tra i sessi nelle scelte di giocattoli diversi: decisamente presto per immaginare che queste siano, come si pensava alcuni anni fa, solo indotte.