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Quando l’Oriente incontrò l’Occidente: Matteo Ricci e il suo tentativo fallito di convertire la Cina

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John Burger - pubblicato il 05/04/17

Padre James Schall sulla vita e l'epoca dell'“uomo saggio d'Occidente”

Quest’anno segna il 70° anniversario della Chiesa cattolica gestita dallo Stato in Cina, che nomina i propri vescovi e respinge l’autorità del papa. Questi sette decenni sono stati segnati dall’espulsione dalla Cina dei missionari stranieri, dall’incarcerazione, tortura ed esecuzione di fedeli cristiani, soprattutto sacerdoti e vescovi, e da rapporti tesi con il Vaticano.

La storia del cristianesimo in Cina va molto oltre, e il rapporto del Regno di Mezzo con le religioni occidentali è ben più complicato. Uno dei pionieri degli sforzi evangelizzatori cristiani in Cina è stato padre Matteo Ricci, membro della Compagnia di Gesù che arrivò nel Paese alla fine del XVI secolo. Lo storico britannico Vincent Cronin ha scritto sulla vita di Ricci e sui suoi sforzi per convertire l’imperatore cinese in un’opera del 1955 intitolata Wise Man from the West: Matteo Ricci and His Mission to China (Uomo saggio d’Occidente: Matteo Ricci e la sua missione in Cina).

Ignatius Press ha appena pubblicato una nuova edizione di quest’opera, con una prefazione del sacerdote gesuita James V. Schall, professore emerito presso la Georgetown University. Padre Schall è l’autore di A Line Through the Human Heart: On Sinning & Being Forgiven (Angelico) e di Catholicism and Intelligence (Emmaus Road Publications), e ha parlato con Aleteia di Matteo Ricci e della sua eredità in Cina.

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Matteo Ricci

Ci può spiegare brevemente chi era Matteo Ricci?

Ricci nacque a Macerata nel 1552 e morì in Cina nel 1610. Studiò a Roma e si unì alla Compagnia di Gesù. Venne mandato a studiare in India e in seguito in Giappone e a Macao, e alla fine riuscì a entrare in Cina. Fu il primo europeo a entrare nella Città Proibita [a Pechino]. Quello che lo rese particolarmente famoso, oltre alla sua memoria prodigiosa, fu il suo sforzo per convertire i cinesi cercando prima di diventare egli stesso cinese a livello culturale.

Al giorno d’oggi diamo per scontati i viaggi internazionali, ma ai tempi di Ricci fare mezzo giro del mondo era un viaggio straordinario. Cosa lo motivava?

Quando Francesco Saverio o Ricci o João de Brito andarono in Giappone, in Cina o in India non andarono da soli. Viaggiavano sotto l’egida del Governo portoghese, e più o meno sotto la sua protezione. Tutto questo movimento verso l’Est era progettato come un modo per aggirare l’islam, che controllava le vie terrestri alla volta del Catai. Gli europei non erano molto sicuri di dove si trovasse il Catai. Ricci voleva provare che le storie del Prete Gianni e di un fantomatico regno cristiano in Oriente erano quello che conobbe come la Cina, il Regno Proibito.

Accanto ai missionari che cercavano di perseguire il mandato evangelico di predicare a tutte le Nazioni c’erano quindi mercanti, spesso piuttosto avidi, soldati e ufficiali governativi. Spesso i missionari e i mercanti si opponevano gli uni agli altri. Credo che da molti punti di vista la situazione di oggi non sia tanto diversa. Riusciamo ad arrivare dall’Europa o dall’America a Delhi o a Pechino in meno di un giorno, ma ci sono gli stessi motivi di conflitto. Potremmo paragonare gli sforzi di Ricci al fatto di arrivare oggi su Marte anziché in Cina. Anche in questo caso, però, le motivazioni sarebbero simili. Non tanto convertire i marziani, quanto tenere d’occhio gli umani che vanno a commerciare sul Pianeta Rosso.

Quali erano alcuni dei principi che lo hanno guidato nella sua evangelizzazione della Cina?

Ricci era un uomo piuttosto erudito per la sua epoca per quanto riguarda quella che definiamo scienza. Aveva conoscenze a livello di costruzioni, lingue, geografia, astronomia e matematica. Quest’ultima si dimostrò la più importante, perché i metodi dei cinesi per calcolare i movimenti siderali in base ai quali ordinavano il loro calendario erano sbagliati. A Roma Ricci aveva studiato con il matematico gesuita allora famoso Cristophorus Clavius al Collegio Romano. Ricci aveva ricevuto sia da ragazzo che tra i gesuiti un’educazione liberale. Conosceva la letteratura classica e la filosofia. Andò quindi in Cina come erudito. Questo fu importante per le lezioni di mandarino che Ricci trovò fondamentali per cercare di convertire la Cina. Bisognava mostrare ai cinesi che il loro Paese non era, come pensavano loro, l’unico luogo civilizzato del mondo. C’erano infatti popoli che avevan una conoscenza molto superiore a quella cinese in molti campi.

Ricci capì che i cinesi erano un popolo fiero e si ritenevano superiori a qualsiasi altra Nazione e cultura. Pensavano di non aver bisogno di nient’altro rispetto a quello che praticavano nella propria tradizione. Ciò significava tuttavia che Ricci doveva imparare come i cinesi pensavano e agivano nella loro sfera prima di poter affrontare un altro tipo di vita che non voleva necessariamente negare gli aspetti positivi della cultura cinese.

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Il viaggio di Matteo Ricci da Macao a Pechino

Che basi gettò per i futuri sforzi evangelizzatori cristiani nel Regno di Mezzo?

Bisogna tenere a mente che nel lungo periodo Ricci ha fallito. Questo insuccesso non è dovuto necessariamente al fatto di aver usato i metodi sbagliati, ma al fatto che dopo la sua morte la Santa Sede decise che i suoi metodi erano troppo vicini all’accettazione dell’idolatria. La via cinese di evangelizzazione non è quindi mai maturata.

Ci sono state molte opinioni discordanti sul motivo del suo fallimento. In epoca moderna, Ricci sembra essere stato discolpato dal fallimento dei tentativi missionari successivi di fare qualcosa di più che scalfire il Regno di Mezzo, per molti versi ancora decisamente chiuso. I Riti Cinesi, come vennero definiti gli sforzi di Ricci, in base agli standard di oggi di dare la priorità ai poveri sarebbero stati respinti da molti come elitisti. E francamente lo erano. Ricci capì che gli sforzi iniziali che lui e i suoi compagni facevano per imitare i poveri monaci buddisti non stavano funzionando e servivano solo a etichetterli come dei perdenti agli occhi dei cinesi.

Dal punto di vista storico, l’educazione gesuita è stata spesso orientata a convertire ed educare le élites sulla base del fatto che da queste sarebbero usciti i futuri governanti e leader. Se i cristiani non avessero educato l’élite lo avrebbe fatto qualcun altro. Fu questo l’approccio adottato da Ricci. Per un po’ sembrò funzionare. Il missionario credeva che se fosse riuscito a convertire l’imperatore il resto della Nazione lo avrebbe seguito. Avrebbe potuto funzionare, ma a porre fine al tentativo non furono i cinesi, quanto gli europei.

Oggi vediamo che i cinesi acquisiscono rapidamente la conoscenza scientifica e tecnologica che mancava loro, ma non avviene lo stesso a livello culturale. L’ironia è che la dottrina marxista ufficiale che il regime dichiara di seguire è prevalentemente un prodotto occidentale adattato ai modi cinesi tradizionali.

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Perché la Cina non è più cristiana?

Quanto sia cristiana oggi la Cina è una questione su cui si specula molto. Il Governo si oppone in modo militante a tutto ciò che sembra minare anche lontanamente la sua autorità. È ateo nella forma. Niente in pubblico accade senza il suo consenso. Quando la Chiesa nomina dei vescovi, il Governo deve approvare ogni passo. I cristiani ortodossi si ritrovano spesso in prigione per decenni.

Alcuni affermano, con prove indirette, che potrebbero esserci cinque o sei milioni di cristiani clandestini, che devono tenere i propri riti e le proprie idee privati, un po’ come accadeva ai primi cristiani a Roma. Il Vaticano ha cercato spesso di stabilire relazioni diplomatiche con la Cina, ma questo probabilmente significherebbe niente relazioni con Taiwan, e non è certo che la Chiesa ne guadagnerebbe qualcosa. Troviamo difficile immaginare il grado di controllo che il Governo cinese ha sui suoi cittadini, in famiglia e in qualsiasi altro settore della vita. Le politiche sull’aborto e il controllo delle nascite sono questioni di diritto pubblico.

Non è difficile capire perché la Cina non è più cristiana. Esserlo in modo significativo vorrebbe dire smantellare tutta la burocrazia. Gli sforzi per convertire le élites comuniste cinesi sono scoraggianti quanto quelli di Ricci per convertire l’imperatore. Anzi, sono senz’altro più complicati. Dimentichiamo che quando l’Unione Sovietica ha collassato il Governo cinese non lo ha fatto. Ha cambiato i suoi modi. Ha deciso di imparare la scienza e la tecnologia occidentali, ma non la sua cultura o la sua religione. Facendo questo, la Cina è diventata sempre più ricca, il centro lavorativo del mondo. Se Ricci avrebbe potuto mostrare un collegamento tra scienza e tecnologia e cristianesimo nella sua epoca, nella nostra si pensa che la scienza non debba supportare alcuna cultura o religione.

Questo punto di vista può non essere vero, ma in base alla prospettiva cinese si sta solo facendo quello che si vede fare in Occidente. Il rapporto tra scienza e cristianesimo è tuttavia più stretto di quanto pensino molti. Ricordo che il cardinale [George] Pell pronunciò una conferenza sulla Cina in cui riferì uno studio degli economisti cinesi che avevano cercato di trovare il motivo per cui l’Occidente prosperava mentre la Cina era in preda all’arretratezza e alla corruzione morale. Dopo molti studi, avevano stabilito che l’unica ragione era il ruolo della religione in Occidente.

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La tomba di Matteo Ricci

Cosa si pensa di Ricci nella Cina di oggi?

La tomba di Ricci, come quella di altri missionari della sua epoca, esiste ancora e si trova nella struttura di un’università cinese. Ci sono voluti molti sforzi dall’esterno per proteggerla e vederla riconosciuta. Ricci, ad ogni modo, sembra essere riconosciuto come una persona di rilievo nella storia imperiale cinese. Si riconosce che ha apportato alcuni elementi scientifici più accurati. Il fatto che Ricci e il suo successore Adam Schall von Bell ricevano molta attenzione in Occidente è un fattore che tiene vivo l’interesse cinese nei confronti di questi missionari, che hanno affrontato il problema importante relativo a come cambiare una cultura pur mantenendone vari aspetti.

Quella cinese si è sempre ritenuta una cultura superiore. Altri Paesi, vicini – Corea, Giappone, Vietnam – e non, risentono della sua influenza. Il suo rapporto con la Russia e il mondo arabo non si basa tanto sul volerli convertire ai modi cinesi, ma sul controllarli per gli interessi cinesi. Chiunque conosca i cinesi vi trova qualcosa di ammirevole. La Cina non si è mai smembrata in unità più piccole e gestibili. Come dimostra l’ostilità nei confronti di Taiwan, l’idea che possa esistere più di una Cina risulta inaccettabile. Il risultato è una popolazione enorme e una regione probabilmente ingestibile senza l’esercizio del potere assoluto. Aristotele si opponeva a un grande potere mondiale perché riteneva che ci sarebbe voluta una mente divina per governarlo. La Cina non ha provato che si sbagliava.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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