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Ecco cosa puoi fare per avere più fede

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Tony Kwintera

padre Carlos Padilla - pubblicato il 05/04/17

L'amore per Dio e per gli uomini è unito

Mi colpisce la fede di alcune persone. A me manca. Mi costa credere nel potere dell’amore di Gesù.

Leggevo giorni fa: “Questa identificazione delle relazioni tra gli uomini e Dio è l’unico modo per sapere se la fede è pienamente radicata nella vita o meno. Molte persone danno più valore al loro amore per Dio che ai propri rapporti con gli uomini, ma questo è un chiaro inganno. Si ritengono più credenti di quanto sono in realtà. Spesso mi hanno chiesto: ‘Come posso trasferire la mia fede nella vita?’ Dietro questa domanda si nasconde l’impressione di avere una fede molto grande ma che non riesce a concretizzarsi nei fatti. Ho sempre risposto: ‘Non hai bisogno di trasferire la tua fede nella vita quotidiana. Puoi dedurre dalla tua vita quotidiana quanto sia grande la tua fede’ [1].

La mia fede si vede nei miei gesti. Nel mio amore umano che riflette il mio amore per Dio. Nei miei atteggiamenti più umani. Nella mia fiducia nella vita.

Il mio amore umano mi porta in alto. Il mio amore per Dio e per gli uomini è unito. Non sono due amori diversi. Non ho due cuori. C’è un cuore solo. Un’unica fede. Ma spesso mi manca la fede.

Diceva padre Josef Kentenich: “Voglio confidare di più nel fatto che il cammino lungo il quale Dio mi conduce è sempre quello giusto. Perché è tanto difficile percorrere questo cammino? Perché tanto dolore? È normale che soffriamo contemplando le nostre mancanze e la nostra condizione di creature. Sì, l’uomo soffre per la sua condizione perché la sua anima non è ancora piena di Dio. Vi ripeto che questo dolore è normale, è la strada obbligata che tutti dobbiamo percorrere. Chi ha un cuore sano e franco vive o avrà vissuto questi stati d’animo. Manteniamo la calma e non complichiamoci la vita inutilmente. Tutto questo ci spinga ad aspirare di più alla vetta, a crescere in fiducia e umiltà” [2].




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La mia fede è fragile. Oggi chiedo a Gesù di aumentare la mia fede. Di aiutarmi a credere sempre che se Egli è al mio fianco tutto è possibile. La fiducia nell’amore umano mi porta a toccare l’amore di Dio nella mia vita. Tutto è unito. Voglio avere questa fiducia nell’uomo. Voglio avere questa fiducia nel Dio che mi ama alla follia.

Voglio svegliarmi dal mio sonno e uscire dal sepolcro per andare incontro a Gesù, che mi vede morto e mi chiama. Vuole che esca dal mio sepolcro, dalla mia morte, per andare verso di Lui, verso la vita.

Ma io a volte preferisco rimanere dentro, sicuro nelle mie catene. Nella mia grotta, nella mia morte. Preferisco proteggermi per non essere più ferito. Gesù mi chiama per nome. Lo pronuncia con forza. Vuole che esca da me. Dalla mia mediocrità. Dalla mia routine. Dalle mie paure. Dalla mia barca in secca sulla riva.

Spesso passo notti a remare con impegno per prendere il largo, e all’alba vedo che la mia barca è ancora a riva. Non sono riuscito a sciogliere gli ormeggi. Il mare aperto, la vita senza sicurezze, mi fa paura. Temo il rischio e la possibilità di perdere tutto.

A volte preferisco la sicurezza della schiavitù, come il popolo ebraico che attraversando il deserto rimpiangeva il cibo dell’Egitto: “Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell’aglio. Ora la nostra vita inaridisce; non c’è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna” (Numeri 11, 5-6).


BENEDYKT XVI O KAPŁAŃSTWIE

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Il cuore resiste ad abbandonare quello a cui si aggrappa. Come un’assicurazione. Come una pietra. La pietra che copre la mia nudità e la mia povertà. Ma dietro di lei sono sicuro. Non voglio uscire fuori. E so che ho l’odore dei morti.

Penso a tante cose nella mia anima che mandano cattivo odore perché non permetto che vi entri l’aria fresca. Nelle mie ombre non brilla la luce. Da tempo mando un cattivo odore quasi senza essermene reso conto. La mia morte interiore manda cattivo odore quando non ho in me la vita di Dio.

Chiedo a Gesù di aiutarmi ad alzarmi e a uscire dal mio sepolcro. A volte gli altri prima di me sanno se mando cattivo odore. Mi aiutano con le loro parole, con i loro gesti. A vedermi nella mia verità. Quanto costa guardare in faccia la propria verità!

Voglio chiedere a Gesù di darmi vita in questa Pasqua che sta per arrivare. Voglio che la sua luce vinca la mia oscurità. Che si aprano le porte della mia anima chiusa. Voglio che la sua amicizia e il suo amore vincano in me e mettano fine al mio cattivo odore.

Voglio che Gesù sia il padrone della mia vita. Voglio risuscitare con Lui alla vita vera. Spesso resto ancorato alla mia meschinità e alla mia morte, e non vado avanti. Voglio che mi chiami con forza perché possa uscire dalla mia grotta chiusa, in cui abita la mia morte. Voglio che vinca in me. Che tolga quella pietra che non mi permette di vedere.




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Anche se poi mi mancherà il cibo della schiavitù. E mi ricorderò dei piaceri che passano rapidamente quanto arrivano. Non importa. Voglio uscire e vivere una vita più vera.

[1] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación
[2] J. Kentenich, Envía tu Espíritu

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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