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Sant’Isidoro di Siviglia, patrono (morale) di Internet. Parola di due papi

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Isidor von Sevilla / Public Domain -Digital Internet Technology /hywards/ Shutterstock

San Isidoro vescovo

Giovanni Marcotullio - Aleteia - pubblicato il 04/04/17

Oggi è sant’Isidoro di Siviglia, patrono di Internet.

Sì, però diciamolo piano, ché la cosa gira da più di quindici anni ma non è mai stata ufficializzata. Io l’ho scoperto stamattina leggendo il blog di Claudia Sperlich, poi ho fatto una rapida ricerca e ho trovato che in effetti la nomination gira da qualche anno, nei corridoi della Curia Romana. Per la precisione, pare che circoli dal 2001 (e quindi dal pontificato di Giovanni Paolo II), anche se nel 2008 Benedetto XVI dedicò al padre della Chiesa spagnolo una bellissima catechesi – e anzi, non mi sembrerebbe troppo strano che anche l’idea del 2001 fosse stata ventilata dal Papa polacco sulla base di conversazioni con il prefetto tedesco.

Qualcuno pensava che valesse per estensione il santo patrono della stampa, che è Francesco di Sales, ma i ben informati ci dicono che l’eponimo dei Salesiani non è neppure il patrono dei media tout court: per la radio c’è infatti l’arcangelo Gabriele e per la televisione Chiara di Assisi. All’epoca, Avvenire fece un sondaggio tra i lettori e risultò che questi avrebbero gradito assegnare internet a don Bosco.

Onestamente, benché sia Isidoro sia don Bosco siano vissuti in epoche ignare di internet, uno ammetterebbe pure – così, su due piedi – che il prete torinese del XIX secolo possa avere una qualche attinenza con il web (si sa, i Salesiani sempre all’avanguardia sul fronte dell’educazione della gioventù…), mentre il legame con il vescovo spagnolo del VII secolo (che per molti suonerà quasi un Carneade della storia della Chiesa) potrebbe risultare più oscuro. Eppure… in quella memorabile catechesi del 18 giugno 2008 Benedetto XVI mise in luce alcuni aspetti della sua persona e della sua opera che risultano effettivamente convincenti: forse tocca davvero a Isidoro il ruolo di patrono di internet.

Innanzitutto fu l’autore della prima vera enciclopedia della storia. Dimenticate Voltaire, Diderot, D’Alembert e tutti gli altri illuministi che si studiano a scuola: l’Encyclopédie dei francesi non regge il confronto con la vastità delle Etymologiæ dello spagnolo, in cui il Nostro, da solo, era riuscito a compendiare tutto lo scibile dell’antichità classica e tardo-antica, che fosse pagano o cristiano. Si tratta quindi di un immane sforzo di compilazione, corredato da un competente tentativo di catalogazione: ricorda molto da vicino il lavoro dei nostri motori di ricerca e attrattori semantici (salvo che lì era opera analogica di un uomo e non di innumerevoli calcolatori digitali…). Ma poi c’è dell’altro, come sottolineò Papa Benedetto: in un’opera di grammatica (chiamata “Le differenze”) Isidoro si concede una divagazione in cui riflette sul rapporto tra vita attiva e vita contemplativa, su quale delle due vada preferita e su come conciliarle eventualmente entrambe.

Ebbene, ciò che leggiamo è sorprendente:

Coloro che cercano di raggiungere il riposo della contemplazione devono allenarsi prima nello stadio della vita attiva; e così, liberati dalle scorie dei peccati, saranno in grado di esibire quel cuore puro che, unico, permette di vedere Dio (Differentiarum Lib II, 34, 133: PL 83, col 91A).

Cioè Isidoro afferma che non ci si può illudere di “bypassare” la vita attiva e le sue esigenze semplicemente dedicandosi ad altro (e in effetti anche a casa di Lazzaro Gesù e Maria dovettero mangiare il pranzo preparato dalla povera Marta…). Poi però il Nostro prosegue la sua riflessione, e considera che facilmente, quando ci mettiamo a fare qualcosa di “pratico”, tralasciamo di fatto la contemplazione e la trascendenza. Quindi chiosa:

La via media, composta dall’una e dall’altra forma di vita, risulta normalmente più utile a risolvere quelle tensioni che spesso vengono acuite dalla scelta di un solo genere di vita e vengono invece meglio temperate da un’alternanza delle due forme. Il Salvatore Gesù ci offrì l’esempio della vita attiva, quando durante il giorno si dedicava a offrire segni e miracoli in città, ma mostrò la vita contemplativa quando si ritirava sul monte e vi pernottava dedito alla preghiera (op.cit., 134: ivi, col 91B).

Ecco, meglio non giocare agli apprendisti stregoni della mistica, col rischio sicuro di incappare in false partenze: Cristo stesso, norma della vita dei cristiani, mostrò di non trascurare la vita attiva per quella contemplativa.

Perciò il servo di Dio, imitando Cristo, si dedichi alla contemplazione senza negarsi alla vita attiva. Comportarsi diversamente non sarebbe giusto. Infatti come si deve amare Dio con la contemplazione, così si deve amare il prossimo con l’azione. E’ impossibile dunque vivere senza la compresenza dell’una e dell’altra forma di vita, né è possibile amare se non si fa esperienza sia dell’una che dell’altra (o.c., 135: ivi, col 91C).

Tutto questo vale in particolare per quanti cercano di vivere il web come la “rete del Regno” di cui parla Gesù, in cui si trovano pesci buoni e pesci cattivi (cf. Mt 13,47 ss.), da distinguere con prudenza e attenzione. Si capisce quindi che gli “operatori pastorali del web”, come li chiamano i documenti magisteriali, possano ispirarsi con frutto a quel grande manuale di vita cristiana che sono i Libri delle sentenze di sant’Isidoro:

Gli uomini di Dio [sancti viri] non desiderano affatto di dedicarsi alle cose secolari e gemono quando, per un misterioso disegno di Dio, vengono caricati di certe responsabilità… Essi fanno di tutto per evitarle, ma accettano ciò che vorrebbero fuggire e fanno ciò che avrebbero voluto evitare. Entrano infatti nel segreto del cuore e là dentro cercano di capire che cosa chieda la misteriosa volontà di Dio. E quando si rendono conto di doversi sottomettere ai disegni di Dio, umiliano il collo del cuore sotto il giogo della decisione divina (Sententiarum liber III, 33, 3: PL 83, coll. 705-706).

Era un uomo dal cuore delicato, Isidoro, e aveva patito l’esilio in gioventù: non si devono prendere quei riferimenti all’umiliazione come il sintomo di un animo cupo. Non poteva essere tale, chi si interessava a tutto e di tutto raccoglieva tracce nella fiducia che conducessero a Dio, origine e fonte di ogni cosa bella.

E poi la rete stessa, specie in Germania, sembra aver apprezzato molto la figura del vescovo di Siviglia, cui ho trovato dedicata una simpatica filastrocca. Ne propongo di seguito una traduzione metrica.

Sant’Isidoro, fa’ dunque che in rete
non indulgiamo a sarcasmo ed offese,
e il chiacchiericcio tu spegni, cortese.

Fa’ che su Facebook e Twitter le serpi
mutino vita e non lingue taglienti;

e prendi benigno i commentatori
per le ottuse orecchie, sant’Isidoro.

Riprendi anche me, con santa pazienza,
Isidoro, se inclino alla scemenza.

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