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Perché non ci sono donne sacerdote nella Chiesa cattolica?

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© Detroit Free Press

Mons. Jacques Perrier - pubblicato il 04/04/17

Non è una questione di disciplina o di diritto, ma di natura stessa del sacramento dell'ordine. Il sacerdote rappresenta Cristo, Sposo della Chiesa

Non è una questione di disciplina o di diritto. Se fosse così, la regola potrebbe essere rivista. Il sacerdote rappresenta Cristo, Sposo della Chiesa. Si tratta della natura stessa del sacramento che ha ricevuto.

1. Le donne hanno svolto una grande funzione nel Nuovo Testamento e in tutta la storia della Chiesa, ma nessuna è mai stata ordinata sacerdote.

Le donne facevano parte del contesto in cui si muoveva Gesù. Marta e Maria sono proposte come esempi: una è modello di ascolto, l’altra di fede nella resurrezione. Sono proprio le donne le prime beneficiarie di un’apparizione del Risorto. A loro viene affidata la missione: “Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro…” Allo stesso modo, tra i collaboratori di Paolo sono nominate varie donne.

Nella storia della Chiesa, le donne hanno sicuramente svolto funzioni importanti di tipo molto diverso: Santa Blandina e innumerevoli martiri femminili; Santa Genoveffa, che è stata la provvidenza di Parigi; Santa Giovanna d’Arco, che ha liberato la Francia; Santa Caterina da Siena, che non ha esitato a ricordare ai papi i loro doveri; Santa Teresa d’Avila, riformatrice del Carmelo; Santa Teresa del Bambin Gesù, patrona delle missioni, secondo Pio X “la più grande santa dei tempi moderni”; Santa Teresa di Calcutta, che papa Giovanni Paolo II ammirava tanto…

Lourdes è l’incontro di due donne: la Vergine Maria e Bernadette. Il primo pellegrinaggio nazionale in Francia è merito di una donna, Margherita de Blic, che si incaricò di tutto a condizione di essere l’unica patrocinatrice e strappò 300.000 adesioni.

Nella categoria dei santi ci sono molte più donne che nel Pantheon della Repubblica.

Si potrebbero ordinare diaconesse? La questione è dibattuta. Ciò che è certo è che non c’è mai stata una sacerdotessa. L’argomentazione non è decisiva perché potrebbe trattarsi di una convenienza culturale; non è un’ipotesi da scartare del tutto, ma sarebbe difficile sostenersi sulla Scrittura e sulla Tradizione della Chiesa per introdurre questa novità.

2. Il quid della questione non è la distribuzione delle funzioni sociali, ma il significato del sacramento dell’ordine. Il sacerdote non è in primo luogo un animatore di comunità, ma il rappresentante di Cristo, Sposo della Chiesa.

Se si trattasse unicamente di funzioni sociali, la Chiesa cattolica dovrebbe seguire l’evoluzione della società. In concreto, ha anticipato questa direzione nella vita religiosa, sia quella attiva che quella contemplativa. Da molto tempo le suore dirigono scuole o ospedali e la badessa o la priora dirige il proprio monastero.

Nella fede cattolica, però, così come per gli ortodossi, il sacerdote non si definisce in primo luogo per quello che fa. Si dice di lui che agisce in persona Christi. È Cristo ad agire attraverso di lui.




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Nell’ordinazione riceve lo Spirito di Cristo per rappresentarlo, in modo supremo quando celebra l’Eucaristia e dice “Questo è il mio corpo” o nel sacramento della riconciliazione quando dice “Io ti assolvo dai tuoi peccati”.

Nella Scrittura, Gesù presenta se stesso come Sposo della Chiesa. Già nell’Antico Testamento è una costante: l’alleanza tra Dio e il suo Popolo è un’alleanza d’amore, un’alleanza coniugale, con i suoi doveri e le sue riconciliazioni. In Gesù, Dio fatto uomo, questa alleanza si stringe in modo irrevocabile.

C’è un motivo per cui il primo segno dato da Gesù, nel Vangelo secondo San Giovanni, si verifica in un banchetto di nozze, a Cana. Vari passi dei Vangeli parlano di nozze in cui Gesù è lo Sposo. Egli stesso si definisce così (Matteo 9,15).

Parlando del matrimonio cristiano, San Paolo vi vede un’immagine del rapporto tra Cristo e la Chiesa. Rivolgendosi agli uomini, San Paolo chiede loro di amare le proprie mogli come Cristo ha amato la Chiesa. Dopo aver ricordato le parole della Genesi sulla coppia umana, Paolo conclude: “Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!” (Efesini 5, 25-32).

Questa rivelazione è un tema ineludibile. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che sulla questione “la Chiesa si riconosce vincolata” (nº 1577). Una Nazione può cambiare la sua costituzione a proprio piacimento, com’è successo in molti Paesi negli ultimi secoli. Nella Chiesa non accade lo stesso: vi si entrerà sempre mediante il Battesimo di acqua e Spirito; si reciterà sempre il Padre Nostro e nessun papa inventerà nuovi libri ispirati.

3. Un’altra cosa è la definizione di pastore tra i protestanti o gli evangelici. È normale che tra loro la funzione si apra sia agli uomini che alle donne.

La Riforma protestante non riconosce l’ordinazione di vescovi, sacerdoti e diaconi come un sacramento. Esiste solo il sacerdozio comune a tutti i cristiani, in base al loro Battesimo. Si tratta solo, quindi, di una divisione dei compiti in base ai talenti di ciascuno e alle necessità della comunità.

Tra le funzioni, quella di pastore è importante. Richiede una formazione appropriata ed è accompagnata da una benedizione, ma il pastore riceve la sua missione dal “consiglio presbiterale”, ovvero dai fedeli.

Il pastore non è quindi investito del simbolismo coniugale, per il quale il sacerdote rappresenta Cristo Sposo della Chiesa. Da questo punto di vista sarebbe assurdo negare alle donne la possibilità di essere pastore, come nella Chiesa cattolica sarebbe assurdo negare alle donne di essere catechiste, direttrici di scuole o professoresse di Teologia.

Bisogna capire bene che la questione non riguarda la disciplina ecclesiastica. È una questione fondamentale relativa ai ministeri nella Chiesa e a quello che Cristo ha voluto istituendo gli apostoli e promettendo di rimanere con loro fino alla fine del mondo.

4. La prospettiva dell’ordinazione delle donne è particolarmente attuale in un momento in cui si fanno tentativi per confondere i sessi in un unico genere.

La nostra epoca tende a uniformare le funzioni sociali, senza distinzione di sesso. È il principio della parità, che forse un giorno andrà applicato nei due sensi, obbligando la magistratura, il mondo dell’insegnamento e quello della salute a contrattare tante donne quanti sono gli uomini.

Alcune correnti della cultura attuale, però, vanno molto oltre negando qualsiasi specificità maschile o femminile, anche quella biologica, fondendo l’uno e l’altro in un unico genere e istituendo l’equivalenza tra le unioni omosessuali e quelle eterosessuali.




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Da questa prospettiva, negare l’ordinazione a una persona appartenente al “genere” umano diventerà rapidamente un crimine, e ci si può aspettare che un giorno la Chiesa cattolica vada a giudizio davanti a un tribunale europeo per discriminazione.

La Chiesa cattolica, al contrario, crede che la distinzione tra maschile e femminile sia una tema strutturale, vitale, pieno di senso per tutta l’umanità. Per questo, ricorda instancabilmente il versetto della Genesi che non riguarda solo ebrei o cristiani, ma tutta l’umanità: “Maschio e femmina li creò”.

Sopprimendo il simbolismo coniugale legato al ministero del sacerdote, la Chiesa cattolica avallerebbe un’ideologia rovinosa per l’umanità. Non lo farà.

5. La situazione delle donne nella Chiesa è destinata a evolversi, ma sarebbe meglio non ostinarsi in una strada senza uscita.

La situazione attuale delle donne nella Chiesa cattolica è soddisfacente? La maggior parte di loro risponderebbe di no.

Esercitano responsabilità reali, nelle parrocchie, nelle diocesi, incluse funzioni prima considerate maschili, come le finanze o la gestione. Hanno però l’impressione di trovarsi davanti alla fin fine, un giorno o l’altro, l’autoritarismo dei chierici.

C’è quindi ancora molta strada da percorrere per scoprire una vera complementarietà. Giovanni Paolo II ha scritto molto su questo tema, in particolare l’enciclica Mulieris dignitatem. La società civile non è un modello in questo senso. Da molto tempo si sente dire che le donne farebbero le cose “in un altro modo”, ma non si è ancora espresso.




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Il passo della Lettera agli Efesini sul matrimonio inizia con queste parole: “Siate sottomessi gli uni agli altri”. Lo stesso Figlio di Dio non ha rivendicato nulla (Filippesi 2, 6). La Chiesa cattolica, però, farebbe un grande servizio alla società se mostrasse come l’accettazione delle differenze richieda umiltà ma apporti gioia.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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