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Come evitare aspettative poco realistiche (e frustranti)

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Il manichino è completamente articolato, il che permette all'uomo ideale di Leonardo di riprodurre non solo la posa immortale che tutti conosciamo, ma anche tutte quelle che vuole chi lo utilizza.

padre Carlos Padilla - pubblicato il 21/03/17

Quante volte i miei sogni e la realtà non coincidono! E mi fa male...

Quando soffro e ho paura guardo Gesù, e la sua promessa mi rialza dalla polvere: “Il Signore è o non è in mezzo a noi?” Sì, è nella mia vita ferita. Quando dubito e temo. Guardo Dio e lo affermo, lo credo. Egli è nella mia anima spezzata. Nella mia vita accidentata. C’è quando non lo tocco e mi spaventano il vuoto e la solitudine. C’è quando non lo sento e non lo vedo in mezzo alle mie paure.

So, come una certezza, che cammina incollato alla mia schiena. Disegnato nel mio sguardo. Inciso nel più profondo della mia anima. In me cammina sempre e mi sostiene. Lo so: la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori con lo Spirito Santo che ci è stato donato.

Dio effuso nella mia anima riesce sempre a far sì che non mi scoraggi, che non zoppichi, che non smetta di confidare in quello che ho davanti. Dio mi sostiene perché non dubiti e non tema quando la mia vita non è come l’avevo sognata. La promessa di Dio per la mia vita mi rallegra l’anima.

Cosa spero? Cosa mi aspetto dalla vita, dagli uomini, da me stesso? Spesso sperimento la frustrazione. Non succede quello che speravo, che sognavo. Quante volte i miei sogni e la realtà non coincidono! E mi fa male l’anima. La mia aspettativa non si realizza. E mi fa male.

Voglio ravvivare in questi giorni la speranza. Dio è con me. Ha sete di me. Mi aspetta. Dice papa Francesco che l’amore di Dio ci invita a portare la buona novella, facendo della propria vita un omaggio a Lui e agli altri, e questo significa avere coraggio, essere liberi. Dio si aspetta qualcosa da noi, vuole qualcosa da noi, ci aspetta.


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Dio si aspetta che lo ami. Confida nel fatto che venga di nuovo a Lui uscendo dalla mia comodità, dalla mia terra. La speranza di Dio. Ha una missione per me. Ha seminato nella mia anima la sua speranza.

Molte volte vivo relazioni spezzate, e allora la delusione mi porta a nutrire sfiducia.Non voglio che i miei fallimenti mettano fine alla mia speranza. Al mio anelito alla pienezza. Non voglio smettere di credere nell’impossibile, di confidare nell’irraggiungibile. Dio vuole che la mia vita abbia senso. E lo ha nel suo progetto d’amore.

Nel film Simon Birch il protagonista, un bambino nato affetto da nanismo, crede di avere una missione nella vita. Disprezzato da molti, ignorato da altri, crede ciecamente nel senso della sua vita, e alla fine la sua vita ha avuto senso. Ha cambiato la vita di altre persone con la sua fede, con la sua dedizione. È stato davvero un eroe per molti.

È curioso. A volte mi costa credere alla missione che ho in questa vita. Non voglio dubitare. Dio crede in me.

Ma spesso incontro persone che hanno perso ogni speranza. Non confidano più. Non credono. Non confidano nelle proprie forze, né negli uomini che le circondano. E confidano ancor meno in Dio. Vivono i loro rapporti spezzati senza speranza, come se ormai non si potesse più fare niente per sistemare la loro vita. Come se fosse impossibile fare qualcosa di buono. E non c’è promessa di Dio nella loro vita spezzata.


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Forse l’aspettativa che avevano sulla vita si è vista delusa. Credevano molto. Si aspettavano molto. Hanno trovato poco. Forse si aspettavano troppo.

Leggevo qualche giorno fa: “Nei casi d’amore disperato succedono sempre queste cose, no? L’amore disperato consiste nell’inventarsi un personaggio, nell’esigere dalla persona amata che lo rappresenti e nell’affondare nella miseria quando si rifiuta di diventare quell’essere di finzione”[1].

Un amore poco sano ha aspettative irrealizzabili. Un amore che si basa su sogni che non si realizzano. E si proietta sulla persona amata un desiderio irraggiungibile. Non può assumere il ruolo che le viene richiesto. E si spezza il rapporto. Una ferita profonda. Riporre negli altri aspettative eccessive può finire per ferirmi.

La speranza nutre invece la mia anima. La speranza viene da Dio. È la speranza riposta in quello che Dio può fare nella mia vita. Per questo voglio riporre la mia speranza nel suo potere e non nelle mie forze.

Una preghiera di padre Josef Kentenich dice così: “Quando consideriamo le nostre forze, ogni speranza e fiducia vacilla; Madre, a te tendiamo le mani e imploriamo abbondanti doni del tuo amore”.

Quando confido solo in me fallisco. Mi mancano le forze. Mi lascio trascinare dalla vita. E finisco per non confidare nel fatto di poter ottenere ciò che desidero. E smetto di credere nel potere di Dio. Non spero più, non confido più.


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Qualche giorno fa leggevo: “Desideriamo compiere grandi imprese, affrontare grandi sfide, aspirare a grandi conquiste. Ma soccombiamo davanti a tutte queste, perché ci muoviamo solo nell’ambito dei desideri. Desideriamo voler fare e non facciamo. Desideriamo voler arrivare e non ci muoviamo. Desideriamo voler essere e non siamo. Vogliamo cambiare e non cambiamo. Perché quando siamo disordinati a livello emotivo ci illudiamo con fini che non arrivano mai, perché non mettiamo in atto dei mezzi per raggiungerli” [2].

La speranza non è passiva. Mi mette in movimento. Aumenta i miei desideri e mi porta all’azione. Non voglio solo desiderare. Ho bisogno di azioni. Voglio sperare in Dio e porre in atto i mezzi per camminare nella direzione dei miei sogni.

Lo vivo nella mia alleanza d’amore con Maria nel santuario: “Nulla senza di te, nulla senza di noi”. Nulla senza l’amore di Dio. Nulla senza Maria che mi sostiene. E nulla senza la mia lotta per imparare a camminare.

Gli ideali segnano le vette a cui anelo. Mi aprono l’orizzonte. È la speranza che muove il mio cuore e lo amplia. Desidero vivere in Dio. Vivere per Lui. Lì, al suo pozzo, non avrò più sete. È quello che desidera il mio cuore. Per questo cammino. Per questo mi alzo.

Predispongo dei mezzi per raggiungere la meta, l’ideale. Non serve a niente sognare grandi cose se non mi metto in cammino.

Quante volte vedo persone frustrate perché non avanzano, perché non hanno successo, perché smettono continuamente di fare quello che si propongono! Hanno buone intenzioni. Riempiono il proprio cuore di bei desideri.


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Ma poi non si mettono in cammino. Si aspettano molto dalla vita. Ma non seminano. Credono nei miracoli. Ma non offrono il loro sforzo quotidiano per la santità. I loro piccoli passi. La loro grande speranza.

[1] Elizabeth Gilbert, Mangia, prega, ama
[2] Fernando Alberca de Castro, Todo lo que sucede importa, p. 163

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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