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Pronti per il Festival della Creatività?

Francis taking possession of Lateran Basilica – it

Public Domain

<span style="font-family:arial, sans-serif;font-size:13px;">Francis taking possession of Lateran Basilica</span>

Lucandrea Massaro - pubblicato il 20/03/17

La tre giorni si svolgerà dal 23 al 25 marzo presso la Pontificia Università Lateranense. Ne parliamo con il suo ideatore il professor Giulio Carpi

Mancano ancora pochissimi giorni all’inizio di una kermesse che ha un nome un po’ lungo ma che porta con sé una sfida per nulla scontata: il Festival della Creatività nel Management Pastorale. All’ultima conta da parte degli organizzatori c’erano già 200 presenze confermate, ma molte ancora in arrivo, mezzo mondo. Tra gli studenti iscritti sono rappresentate ovviamente l’Italia, Stati Uniti (una 20ina dalla Villanova University che è partner della Scuola), Spagna, Slovenia, Irlanda, Austria, Perù, Togo, Benin, India, Ciad, Malta, Camerun, Romania, Pakistan, Cile, Libano. Internazionale anche il parterre dei ricercatori. AGiulio Carpi, che è il direttore della Scuola, e il Presidente della Fondazione Creativ che promuove questo incontro internazionale Aleteia ha rivolto alcune domande.

Siamo a pochi giorni dall’apertura del Festival della Creatività nel Mangement Pastorale. Cosa ci può dire?

Sarà una tre giorni speciale ed originale perché metterà insieme alcuni dei rappresentanti più noti della Chiesa ufficiale, esponenti politici di alto profilo istituzionale, numerosi ricercatori tra i più innovativi e profetici a livello internazionale, con molte esperienze dal basso, dalle parrocchie più piccole agli oratori di paesini sconosciuti, passando per le migliori best practises del mondo del volontariato e dall’associazionismo laico e cattolico.

Questo per quanto riguarda il cosa, ma perché un Festival, con che scopo?

L’obiettivo del Festival è lanciare uno sguardo profetico sui tempi che verranno, anche con qualche provocazione, per dare una sorta di anteprima di quella che nei prossimi decenni potrebbe essere la chiesa immaginata da Papa Francesco, il quale nei suoi discorsi, nelle sue interviste, negli incontri con i sacerdoti, usa di frequente la parola “creatività”, perché per Bergoglio Dio è creativo e i credenti, per essere fedeli al disegno divino, devono rompere gli schemi, aprendosi così all’annuncio meraviglioso del Vangelo.


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A questo punto un passo indietro: come le è venuto in mente questo connubio: Management e Pastorale?

Dall’entusiasmo suscitato dalla consapevolezza che la Chiesa dispone di un patrimonio unico sul piano della gestione e valorizzazione di persone e beni in ottica missionaria ed evangelizzatrice. mancava una esperienza formativa specifica, un’area di ricerca, voleva sostenere l’azione missionaria della Chiesa con indicazioni provenienti dalle scienze umane in ambiti come la leadership, le dinamiche comunitarie, il reperimento e la gestione trasparente delle risorse economiche, il Non Profit, la comunicazione e la gestione dei momenti di crisi.

La nostra è una disciplina parzialmente inedita, ilPastoral Management, che cerca di coniugare con equilibrio i temi gestibili armonizzandoli in una visione pastorale. Una formazione, quella proposta dalla Scuola Internazionale di Management Pastorale, che abbraccia l’invito di Papa Francesco a ad innovare senza paura poiché, come lui stesso ha affermato lo scorso anno in apertura dell’Incontro con il mondo del lavoro e dell’Industria durante la Visita Pastorale in Molise: «Se noi non abbiamo il coraggio di rompere gli schemi, mai andremo avanti perché il nostro Dio ci spinge a questo: a essere creativi sul futuro». A questo ambisce il Festival.


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Voi avete una partnership importante con l’università di Villanova, in Pennsylvania, una università cattolica (promossa dagli Agostiniani) che da tempo offre una scuola di “Church Management”. In cosa differite?

Sono due approcci diversi, ma per molti versi complementari, quello proposto da noi e quello americano, frutto anche di una società e una Chiesa che di conseguenza sono diverse da una sponda all’altra dell’Atlantico. “Loro” si concentrano su come gestire attraverso il volontariato una pastorale di qualità, “noi” ci stiamo specializzando nella trasparenza della gestione economica e la valorizzazione dei laici nel tessuto ecclesiale. Loro badano un po’ più al management, che è importante specie perché lì le chiese maneggiano direttamente più soldi che da noi, mentre noi ad inserire una logica pastorale nelle scelte di management, a dare un respiro umanizzante, più in linea con il Magistero. Ma siamo lì, ci avviciniamo da due lati ad un medesimo obbiettivo: fare bene e farlo bene.

Che è poi il motto di questa esperienza…

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