Steven Spielberg è pronto per le riprese del suo nuovo film: “The Kidnapping of Edgardo Mortara” (Il rapimento di Edgardo Mortara), ispirato alla storia del bambino ebreo che venne prelevato dalla Polizia dello Stato Pontificio e trasferito a Roma in una struttura del Vaticano. Papa Pio IX è passato alla storia come l’artefice di un’operazione che creò un enorme clamore a livello internazionale.
Il regista premio Oscar ricreerà le atmosfere del Vaticano nella Reggia di Caserta, mentre gli altri set del film saranno la Tuscia e l’Umbria (Repubblica, 14 marzo).
L’ARRIVO DELLA POLIZIA
La sera del 23 giugno 1858 la Polizia dello Stato Pontificio, che a quei tempi comprendeva ancora Bologna, si presentò alla porta della famiglia ebrea di Salomone Momolo Mortara e di sua moglie Marianna Padovani per prelevare il sesto dei loro otto figli, Edgardo (che all’epoca aveva sei anni) e condurlo a Roma dove sarebbe stato allevato dalla Chiesa. La polizia agiva su ordine della Santa Inquisizione e papa Pio IX sarebbe stato al corrente dell’operazione.
IL BATTESIMO
I suoi genitori, contravvenendo a una precisa legge dello Stato Pontificio, avevano assunto una domestica cristiana, Anna Morisi che vedendo il piccolo in punto di morte, lo battezzò di nascosto. La Chiesa proibiva il Battesimo dei bambini di famiglie non cattoliche, ma aggiungeva che il Sacramento poteva essere amministrato, anche contro il volere dei genitori, in punto di morte
LA RIVELAZIONE DI ANNA
Vittorio Messori, in “Io, il bambino ebreo rapito da Pio“, riporta che solo alcuni anni dopo, per una serie di circostanze, la ragazza svelò il fatto. La stessa Morisi, secondo quanto riferito da Mortara, avrebbe ricevuto indicazione, a sei anni di distanza dagli avvenimenti, di battezzare segretamente il fratello più piccolo di Edgardo, Aristide, anch’egli gravemente malato; la Morisi si rifiutò tuttavia di farlo, adducendo come ragione il fatto che aveva fatto analoga cosa per Edgardo reputando che non sarebbe sopravvissuto, e non voleva ripetere l’errore. Questa sua indiretta confessione portò quindi, con circa sei anni di ritardo, le autorità ecclesiastiche a conoscenza del fatto che Edgardo Mortara era stato battezzato all’insaputa dei genitori.
IL “NON POSSUMUS” DI PIO IX
Sul caso Mortara il papa pronunciò il suo non possumus (non possiamo). Essendo il battesimo religiosamente valido, da un punto di vista cattolico era dovere del papa garantire al bambino un’educazione cristiana, non considerando né la non consapevolezza del bimbo quando ricevette il battesimo né il desiderio e la religiosità della sua famiglia d’origine. Si cercò inizialmente un compromesso con i Mortara: si provò a convincerli a far entrare il ragazzo in un collegio di Bologna, in tal modo sarebbe rimasto a contatto con la famiglia e a 17 anni avrebbe deciso il suo futuro liberamente. Non fu trovato l’accordo con i genitori e nell’estate del 1858 il bambino fu portato via.
Edgardo Mortara fu trasferito a Roma presso la Casa dei Catecumeni, istituzione nata a uso degli ebrei convertiti al cattolicesimo, e mantenuta con i proventi delle tasse imposte alle sinagoghe dello Stato Pontificio.
LE PROTESTE
Il caso giunse alla ribalta sia in Italia che all’estero. Nel Regno di Sardegna, che allora era lo Stato indipendente centro dell’unificazione nazionale, sia il governo sia la stampa citarono l’accaduto per rafforzare le loro rivendicazioni alla liberazione delle terre italiane dall’influenza temporale dello Stato Pontificio. Le proteste furono appoggiate da organizzazioni ebraiche e da figure politiche e intellettuali britanniche, statunitensi, tedesche e francesi. Protestò anche l’imperatore francese Napoleone III nonostante le sue guarnigioni permettessero al papa di mantenere lo status quo in Italia.
“SONO GRATISSIMO ALLA PROVVIDENZA”
Pio IX fu refrattario a tali appelli, principalmente provenienti da protestanti, atei ed ebrei. Quando una delegazione di notabili israeliti incontrò Edgardo nel 1859 egli disse: «Non sono interessato a cosa ne pensa il mondo». Inoltre nel suo memoriale annotò: «Allorché io venivo adottato da Pio IX tutto il mondo gridava che io ero una vittima, un martire dei gesuiti. Ma ad onta di tutto ciò, io gratissimo alla Provvidenza che mi aveva ricondotto alla vera famiglia di Cristo, vivevo felicemente in San Pietro in Vincoli e nella mia umile persona agiva il diritto della Chiesa, a dispetto dell’imperatore Napoleone III, di Cavour e degli altri grandi della terra. Che cosa rimane di tutto ciò? Solo l’eroico “non possumus” del grande papa dell’Immacolata Concezione».
“LO FAREI DI NUOVO”
In un altro incontro il papa fece partecipare Edgardo per mostrare che il ragazzo era felice sotto le sue cure. Nel 1865 disse: «Avevo il diritto e l’obbligo di fare ciò che ho fatto per questo ragazzo, e se dovessi farlo lo farei di nuovo».
IL NOVIZIATO
Nel 1867 Edgardo entrò nel noviziato dei Canonici Regolari Lateranensi. Dopo la Presa di Roma del 20 settembre 1870 i coniugi Mortara tornarono alla carica, ma Edgardo rifiutò di tornare. Durante la Presa di Porta Pia, meritando una medaglia al valore, aveva combattuto anche il tenente dei Bersaglieri Riccardo Mortara, fratello di Edgardo. Di fronte a questa posizione inaspettata, il nuovo questore della città, si presentò nel convento di San Pietro in Vincoli chiedendo al ragazzo di lasciare quella vita ottenendo a sua volta un nuovo rifiuto. Per sottrarsi a ulteriori sollecitazioni, forse anche su suggerimento di Pio IX, Edgardo lasciò la città e si recò prima in Tirolo, poi in Francia.
L’ATTIVITA’ DA SACERDOTE
L’anno seguente suo padre Momolo morì. In Francia Edgardo venne ordinato prete all’età di ventitré anni e assunse il nome di Pio. Fu inviato come missionario in città come Monaco di Baviera, Magonza, Breslavia per convertire gli ebrei, peraltro con scarso successo. Egli imparò a parlare nove lingue incluso il basco. Durante una serie di conferenze in Italia ristabilì i contatti con la madre e i fratelli, e tentò di convertirli. Morì l’11 marzo 1940 a Liegi dopo aver passato diversi anni in un monastero.
LA MEMORIA DI EDGARDO
Nella memoria in favore della beatificazione di Pio IX, Mortara scrive che poche settimane dopo essere stato condotto a Roma da parte delle Guardie Pontificie ricevette la visita dei suoi genitori, ma che non desiderava rientrare in famiglia, a suo dire per effetto di una «grazia soprannaturale» che lo tratteneva; inoltre, come ulteriore prova addotta da Mortara a tale «grazia», riferì di aver ricevuto la visita dei suoi genitori dopo aver servito una messa ad Alatri, e di essersi spaventato, tanto da rifugiarsi sotto la tonaca di un sacerdote e convincere il vescovo della città a tenerlo in custodia per «evitarne il rapimento» da parte dei genitori (Zenit, settembre 2000).
IL LIBRO DI KERTZER
Spielberg si è però ispirato al libro di David Kertzer che ricostruisce la storia in chiave complottista, incentrandola sul «sequestro drammatico», sull’atteggiamento di rigida chiusura alla dottrina del papa e sostenendo che «il destino di questo ragazzo è venuto a simboleggiare l’intera campagna rivoluzionaria di Mazzini e Garibaldi a porre fine al dominio della Chiesa cattolica e stabilire un laico Stato moderno, italiano».