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È possibile un giornalismo etico nell’era della post-verità?

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Aleteia - Jaime Septién - pubblicato il 09/03/17

Le principali sfide del mondo giornalistico

C’è un concetto di gran moda in tutto il mondo: la post-verità. Ovvero, qualcosa che è al di là della verità dei fatti; una corrente in cui i fatti oggettivi hanno molta meno influenza sulla formazione della pubblica opinione rispetto alle emozioni o le convinzioni personali.

È possibile tuttavia che possa esserci del giornalismo in un contesto di rifiuto dell’obiettività, della trasmissione dei fatti? Come può reagire l’etica giornalistica di fronte alla “società dei sentimenti”?

Un recente rapporto della Rete del giornalismo etico (EJN, il suo acronimo in inglese), pone al centro dell’attenzione le principali sfide che i giornalisti devono affrontare nella cosiddetta “era della post-verità”, in cui i fatti e i pareri informati sono stati senza dubbio relegati a favore di propaganda e disinformazione.

Lo studio pubblicato sul sito web dell’EJN è composto da una serie di saggi di giornalisti e accademici e fornisce esempi delle sfide affrontate dai media in Stati Uniti, Regno Unito, India, Turchia e altri paesi.

Il rapporto individua tre sfide principali:

1. Affrontare con etica giornalistica l’incitamento all’odio e all’intolleranza che funzionari pubblici diffondono come di programma di governo o come ausilio per la coesione sociale. E, nei media, avere la forza necessaria affinché la sezione dei commenti non diventi un forum per la violenza e la discriminazione.

2. La seconda sfida riguarda la discussione etica sulla pubblicazione di fotografie virali di violenza e di morte perché, mentre i giornalisti continuano a documentare questioni gravi come il conflitto siriano, la migrazione di massa e le crisi di profughi, ci si deve confrontare sui dilemmi legati all’etica della fotografia.

3. La terza sfida è trovare un accordo equo con le fonti e verificare le notizie on-line. Le fonti non possono essere spinte ad affrontare una situazione di violenza e le reti sociali, dice lo studio, devono controllare se una foto o un video non sia stato alterato dai loro utenti; individuare e quindi contattare la fonte originale del contenuto trovato sui social network, al fine di assicurarsi la provenienza del contenuto e se davvero mostra ciò che afferma di mostrare.

Naturalmente, conclude lo studio, non si può dare una guida specifica per affrontare il fenomeno della post-verità, ma si può cercare di garantire che il lettore non venga portato verso un vicolo cieco o reso complice di un discorso d’odio.


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Infine, la verità e l’obiettività giornalistica devono trionfare su emozioni, sentimenti e opinioni di chi agisce senza cognizione di causa o falsifica i contenuto sui social network per alimentare la violenza sociale.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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