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Come vivere come cristiani radicali

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Thomas Ascik - pubblicato il 06/03/17
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Un nuovo libro esamina le “comunità intenzionali” moderneIn questo periodo in cui aumentano le persone che si dicono agnostiche o atee, ritenute il corpo “religioso” che aumenta di più nel Paese, e di fronte alla preoccupazione di tanti cristiani per il fatto di vivere in una cultura che sembra antagonista nei confronti del cristianesimo, insieme al libro imminente sull’“opzione benedettina” (Benedict Option) di Rod Dreher, un nuovo libro ci permette di prendere in considerazione l’esistenza dell’alternativa radicale delle “comunità intenzionali” cristiane e la tradizione sottostante.

Charles E. Moore, attuale pastore della comunità Bruderhof, una delle comunità intenzionali moderne, ha scritto un libro, intitolato Called to Community, The Life Jesus Wants for His People (Chiamati alla Comunità. La Vita che Gesù Vuole per il Suo Popolo, 2016), un’antologia di scritti sulle comunità intenzionali di autori con esperienza nel settore.

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Il libro è progettato come un manuale per i membri delle comunità e un autoesame, e ciascuno dei 52 capitoli, uno per settimana, presenta una questione per la discussione di gruppo.

Visto che l’editore nota nell’introduzione che il libro è anche indirizzato ai cristiani che “pensano alla vita comunitaria”, anche chi di noi vorrebbe semplicemente sapere di più sull’esperienza della comunità e del vivere comune è incluso tra i destinatari.

Nel mondo moderno, il teologo statunitense ed esperto di etica Stanley Hauerwas afferma nella prefazione che “non condividiamo una storia comune e giudizi corrispondenti su ciò che è vero, buono e bello”, e abbiamo una “libertà confusa con l’isolamento de sé”. Come dice Moore in quanto editore, viviamo in “una cultura disconnessa, post-familiare, in cui l’io è il re, i rapporti sono esili e gli individui si preoccupano di se stessi”. Nel libro viene anche citato il misterioso visitatore de I Fratelli Karamozov di Dostoevskij (1880) che predice il mondo moderno come un’“autorealizzazione… che arriva alla completa solitudine”.

Cos’è una “comunità intenzionale”? Anche se il testo contiene numerosi riferimenti all’attenzione da dedicare a poveri ed emarginati, alla giustizia sociale, all’azione sociale e al socialismo e ha perfino due accenni al comunismo cristiano, non è fondamentalmente basato su un’agenda politica o sociale né ispirato dalle comuni e dal contro-culturalismo della vita di gruppo o delle comunità hippy degli anni Sessanta. L’ispirazione è seguire Gesù Cristo.

Il riferimento scritturale fondamentale è ai due passi degli Atti degli Apostoli (2, 42-47; 4, 32-37) in cui si afferma che le prime comunità cristiane “tenevano ogni cosa in comune”. I nuovi cristiani vendevano le proprie proprietà e deponevano i proventi ai piedi degli apostoli, che li distribuivano “secondo il bisogno di ciascuno”. Avevano quella che Charles Moore definisce “una vita materiale di unità e condivisione”.

Il fulcro della questione è che siamo creature corporee, non angeli, e quindi gli aspetti corporei e materiali della nostra vita quotidiana dovrebbero essere integrati più strettamente con quello che è nella nostra mente e nel nostro cuore. Si cita Christoph Blumhardt, un pastore tedesco del XIX secolo, che criticò l’idea di mere “comunità spirituali” che, sosteneva, non durano. Ci dev’essere la “comunità nella carne”, e solo una comunità corporea di questo tipo porterà a una comunità spirituale.

La comunità è un’“incarnazione”, sostengono molti autori di spicco, e questo è il principio di base delle comunità intenzionali, o, citando Dietrich Bonhoeffer, “è la Parola fatta carne che le ha chiamate e ha creato la loro alleanza corporea con” Gesù Cristo. “Ovunque siamo, qualsiasi cosa facciamo, tutto avviene, nel corpo, nella Chiesa, in Cristo”. Una comunità intenzionale, come distinta da una chiesa o da una comunità parrocchiale, significa vivere insieme.

Charles E. Moore ha raccolto 21 passi dalle Lettere in cui ne cita gli autori dicendo che hanno sostenuto ripetutamente che le persone in comunità vivono “le une per le altre”. Come in 1 Corinzi 12, 25, “perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre”. E sottolinea che quasi tutte le Lettere sono scritte a Chiese, non a individui. Un altro autore sottolinea i vari riferimenti negli Atti alle “case”, come in Atti 21, 8, quando si parla della casa dell’evangelista Filippo. Un altro ancora sostiene che “la cosa nuova che si è verificata a Pentecoste è la nuova comunità”.

E allora qual è lo stato mentale che serve per formare delle comunità? La comunione non è mera collaborazione, non è un “sogno visionario” o “visioni e fantasie romantiche. Tre degli autori inclusi considerano la comunità una ‘chiamata divina’”.

Bonhoeffer la definisce “un dono di Dio che non possiamo rivendicare”. Eberhard Arnold, fondatore della comunità Bruderhof, sosteneva enfaticamente che le comunità cristiane non si possono basare sui rapporti e la buona volontà degli uomini, ma su una chiamata di Dio a vivere in “amore e unità”. Ancora una citazione di Bonhoeffer, tratta dal suo libro Life Together: la vera “fratellanza cristiana” è diversa da “qualche pia idea di comunione religiosa” e dall’“idea naturale del cuore devoto alla comunità”. Vari autori sottolineano in modo diretto o indiretto che la comunità può essere “un luogo di dolore”; il “prezzo” della comunità è un allontanamento dall’essere centrati su di sé.

Un capitolo più informativo ripercorre la storia delle comunità cristiane dall’epoca di Sant’Antonio nel deserto a San Benedetto e alla sua Regola, ancora probabilmente il documento di base dell’idea di comunità cristiana. Nel mondo moderno ci sono movimenti comunitari come Taizé e L’Arca, entrambi fondati in Francia, e la comunità Bruderhof in Germania.

Figurano riferimenti anche alle esperienze americane dei Pilgrims, e agli Hutteriti e ai Mennoniti negli Stati Uniti e in Canada. Il libro è ecumenico, e non si basa su una Chiesa o una denominazione specifica. Predominano Bonhoeffer e i fondatori e leader della comunità Bruderhof. Anche se non sono inclusi leader di comunità esclusivamene cattoliche, ci sono capitoli con estratti degli scritti di San Benedetto, Madre Teresa, Thomas Merton e Dorothy Day. Non è incluso alcun pastore o ministro protestante.

“Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!”, dice il Salmo 133. Questo panorama si è concentrato sulle basi e ha omesso numerose questioni sollevate nel testo relativamente, ad esempio, all’ospitalità, all’azione sociale, agli inevitabili conflitti personali e alla psicologia e alle emozioni evocate dalla vita in comunità, così come ai diversi tipi di partecipazione alle comunità intenzionali da parte di coppie sposate, single e bambini.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]