Per Marie Collins «l’unica maniera di reagire, anche un po’ per “scuotere l’albero”, era quella di dare le dimissioni». Il cardinale Pietro Parolin smorza i toni sulla vicenda della donna irlandese, ex vittima di abusi, che ieri ha formalizzato la sua rinuncia dal ruolo di membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori. La «goccia che ha fatto traboccare il vaso», come diceva lei, è stata la «mancata collaborazione di alcuni Dicasteri della Curia romana».
Interpellato a riguardo dai giornalisti incontrati a margine di un convegno a Firenze sulla Evangelii Gaudium, il segretario di Stato ha spiegato che «ci sono stati alcuni episodi che hanno portato la signora Collins a questo passo: per quello che io conosco lei li ha interpretati così, e ha sentito che l’unica maniera di reagire, anche un po’ per “scuotere l’albero”, era quella di dare le dimissioni».
Nonostante le «vergognose» resistenze interne da alcuni uffici curiali denunciate dalla donna, secondo il cardinale i membri dell’organismo «stanno portando avanti un bel lavoro di sensibilizzazione». «Ho visto sempre un grande impegno del cardinale O’Malley, l’arcivescovo di Boston (e presidente della Commissione ndr) per la protezione dei fanciulli», dichiara alla stampa. In ogni caso, precisa, «la Commissione di per sé non deve occuparsi degli abusi sessuali, è la Congregazione per la Dottrina della fede che lo fa, ma deve preoccuparsi soprattutto di creare nella Chiesa un ambiente che difenda bambini e ragazzi, li tuteli, e non permetta il ripetersi» di crimini di pedofilia.
Più netto il giudizio del segretario di Stato sulla presunta «solitudine» di Papa Francesco nel governo della Chiesa. «Credo che molte volte si tenda un po’ a esagerare», afferma, «non lo accentuerei come fanno certi settori dei media», anche perché che il Papa sia solo «è fisiologico» visto «l’ufficio che ricopre, al vertice della Chiesa». «Anche un arcivescovo o un parroco si trova a essere da solo; ma il Papa è circondato da molti collaboratori che gli sono molto vicini, e che cercano di aiutarlo nell’esercizio quotidiano del suo ministero», assicura il numero due del Vaticano.
Che non manca di rispondere anche alle domande sui delicati temi di fine vita e adozioni gay , in riferimento agli ultimi casi di attualità quali il suicidio assistito di dj Fabo e la sentenza del Tribunale di Trento che ha riconosciuto la genitorialità di due bambini a una coppia di uomini. «È fondamentale essere sempre in un atteggiamento di grande rispetto nei confronti di tutti e di tutte le scelte, anche se evidentemente non si possono condividere tutte le scelte», asserisce Parolin.
E chiarisce che quelle della Chiesa non sono «scelte oscurantiste», nonostante vengano viste come tali. «La nostra è fedeltà al Vangelo», afferma, perché la Chiesa «se dice dei “no” è perché ha dei “sì” più grandi. Non è una risposta esclusivamente negativa, ma è per qualcosa di più, una pienezza maggiore di vita e di gioia. La Chiesa ha questo, perché ha il Vangelo da annunciare, e il Vangelo ha sempre buone notizie per tutti».
Anzi, secondo il cardinale, «se non ci fosse la voce della Chiesa, che magari è scomoda, la società sarebbe molto impoverita» su «problemi estremamente nuovi e complessi, di fronte ai quali nemmeno la società mi pare così preparata: si interroga, e dà risposte differenziate». «Anche noi siamo parte di questa realtà, anche noi abbiamo le nostre difficoltà, ma tutto lo sforzo che fa la Chiesa va in questo senso: capire il mondo, interpretarlo e dare risposte», aggiunge.
È «difficile» dire se siano risposte adeguate, proprio per la complessità dei problemi; tuttavia, per Parolin, «come atteggiamento di fondo c’è la volontà di capire e rispondere in modo evangelico, che non vuol dire né chiudersi né accettare del tutto. La Chiesa – rimarca – ha una sua proposta da fare di fronte ai nuovi problemi del matrimonio, della vita, della famiglia» e ci sono tutti i presupposti per garantire una formazione adeguata ai sacerdoti affinché «siano preparati per dare risposte adeguate».
Un’ultima critica il segretario di Stato la riserva ai populismi di cui si assiste «un ritorno massiccio, soprattutto da parte della politica». Secondo il cardinale, «è una strumentalizzazione di quelli che forse sono anche sentimenti comprensibili, il desiderio di difesa della propria cultura, del proprio passato, ma quando si eccede sappiamo a cosa portano».