La popolazione siriana vivrà «una Quaresima amara». Segnata da una sofferenza prolungata, che produce effetti devastanti e avrà conseguenze a lungo termine sulla società. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, pensa ai dodici milioni di senza tetto, vede l’emorragia di fedeli e di preti che lasciano il paese, si dà pena per le famiglie divise dalla guerra. In una intervista a Vatican Insider racconta le angosce e le speranze dei siriani oggi, riposte solo «nel cuore di Cristo».
Monsignor Nassar, ci racconta la Siria che vede oggi?
«Ci troviamo di fronte a scene da apocalisse. In sei anni di guerra, il volto della Siria è molto cambiato. In vaste aree si vedono sono rovine, edifici carbonizzati, case bruciate. Vi sono città fantasma e interi quartieri rasi al suolo. Più di dodici milioni di siriani, il 50% della popolazione, mancano di un tetto. Sono la massa più grande di rifugiati dopo la Seconda Guerra mondiale. Diversi milioni hanno lasciato il Paese in cerca di una situazione vivibile. Molti sono in attesa di assistenza nei campi profughi. Alcuni sono morti cercando di lasciare il Paese, altri sono in fila alle ambasciate, molti sono nomadi in cerca di una terra accogliente. La questione che oggi occupa i nostri cuori e le nostre menti è: come può la nostra amata nazione uscire da questi tormenti?».
Quali sono le principali conseguenze della violenza nella società?
«Si avvertono effetti devastanti soprattutto sulle famiglie. L’istituto sociale della famiglia, che in passato ha retto la comunità cristiana ma anche l’intera nazione, è fortemente scosso. Raramente si ritrova una famiglia indivisa. Anni di violenza e guerra hanno disperso e polverizzato questa cellula fondamentale della società. Le famiglie hanno visto i loro cari morire o fuggire all’estero. Questa dolorosa condizione causa depressione e ansia diffusa e costringe molta gente rimasta in Siria, senza mezzi di sussistenza, a mendicare. Il conflitto prolungato ha reciso le speranze dei giovani. Conosco molti giovani fidanzati ora separati dall’esodo oltre confine, oppure a causa del prolungato arruolamento nell’esercito. I giovani vedono il loro futuro sbriciolato e questo nuoce gravemente alla società siriana».
Cosa può dire a proposito dell’infanzia?
«Questo è un altro punto dolente. I bambini sono i più vulnerabili. Hanno pagato un prezzo altissimo per questa violenza spietata. Secondo l’Unicef, oltre tre milioni di bambini siriani non frequentato la scuola perché devono dare la priorità alla sopravvivenza. E quelli più fortunati, che ancora vanno a scuola, ricevono un’istruzione in cui la qualità dell’insegnamento è crollata, dati i pochi docenti rimasti. I bambini, testimoni della violenza e della paura quotidiana, hanno subito gravi ripercussioni anche a livello psicologico. I centri di supporto psicologico esistenti non bastano a curare le profonde ferite e i blocchi psicologici. Cerchiamo in tutti i modi di ripristinare lo spirito innocente di questi bambini, che saranno segnati per tutta la vita dalle scene barbariche di morte, pianto e distruzione impresse nella loro mente».
Com’è la situazione della comunità cristiana?
«Come cristiani abbiamo sofferto e soffriamo accanto a tutto il popolo siriano. Le nostre parrocchie hanno visto il numero dei fedeli ridursi notevolmente. I sacerdoti sono pochi e non riescono a fornire sostegno umano e spirituale a tutti. A Damasco la Chiesa ha perso un terzo del clero (27 sacerdoti). Si tratta di un duro colpo, che indebolisce la minoranza cristiana già in declino. Altri preti lottano per restare, si dedicano ad aiutare le famiglie dei fedeli, ma sono tentati dall’emigrare. È una emorragia allarmante. Il popolo di Dio ha bisogno dei suoi Pastori».
Quali sono le necessità e i desideri che riscontra tra la gente?
«Oggi il popolo siriano, più che la libertà, cerca il pane. La lotta quotidiana è trovare pane, acqua, gas e combustibili, sempre più difficile da reperire. L’assenza di elettricità è divenuta sempre più frequente e per periodi sempre più lunghi. Prosegue incessante, tra anse e speranze, la ricerca di fratelli, parenti e amici dispersi. Trovare un ricovero o un rifugio in un paese in rovina è diventato un sogno per molte famiglie e giovani. La popolazione siriana vive una profonda sofferenza, visibile negli sguardi silenziosi o nei fiumi di lacrime versati. La lotta per la libertà è divenuta lotta quotidiana per il pane».
Come vi apprestate a vivere la Quaresima?
«La Quaresima del 2017 è un tempo di riflessione e di conversione per rivedere la nostra presenza in mezzo ai fedeli in difficoltà ed aprire la strada verso Cristo risorto. È una Quaresima amara. Ma Cristo, luce del mondo, che conosce i cuori degli uomini, dice: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo”».