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“Mens sana in corpore sano”… vale anche per i cattolici?

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Mabel Amber

Catholic Link - pubblicato il 28/02/17

di Sebastian Campos

Alcuni anni fa, durante un incontro per giovani, ho avuto l’opportunità di ascoltare un oratore a poche ore dal mio turno. Parlava dell’importanza della cura del corpo, ricordando che esso è il tempio dello Spirito Santo e che dovremmo onorare Dio vegliando e rispettandolo. Era un uomo di circa 40 anni, in evidente sovrappeso. Parlava di rispetto per il corpo nella sua purezza e criticava acconciature, piercing, tatuaggi, e in generale l’apparenza di buona parte dei ragazzi che erano lì; allo stesso tempo cercava di convincerli che stavano crescendo e che dovevano abbandonare completamente certe idee. Tutto questo aggiungendo la formula adatta per coloro che fanno uso di tabacco, droga ed eccedono con l’alcol, ovviamente basata sul fatto di dover amare e accettare il corpo che Dio ci ha dato e che non dovremmo cambiarlo, sarebbe un peccato grave. Contro ogni aspettativa, un giovane si fece coraggio, alzò la mano e con veemenza rimproverò l’oratore: “In Cile muoiono più persone per obesità e attacchi di cuore che per l’essersi fatti un tatuaggio o un orecchino”.

Non dico questo per iniziare a buttarci pietre a vicenda e vedere chi sono quelli che realmente si preoccupano per il corpo e quelli che non lo fanno, o per dare un valore morale definendo se è un peccato più grande essere volontariamente in sovrappeso e sedentari o farsi un tatuaggio. Non si tratta di giudicare, ma di illuminare e scoprire insieme, da alcuni punti in comune, la volontà di Dio.

Il nostro corpo è importante, dobbiamo prestarci attenzione nella giusta misura. Dobbiamo stare attenti ai segnali che ci dà e, soprattutto, dobbiamo trattare gli altri con dignità e amare noi stessi.

1. Dio ci ha creati con un corpo fin dall’inizio

Si tratta di un concetto che si ripete in tutta la Scrittura più e più volte. È la ragione di molte delle regole scritte sui libri del Pentateuco e San Paolo le attualizza mettendo particolare enfasi sui costumi del tempo. Dio ci ha dato un corpo fisico, non ha voluto farci esseri celesti spirituali e senza carne come gli angeli. Nel Suo disegno di amore, ci ha dato forma fisica e ci ha incaricato di prestarle cura.

Siamo invitati ad amare il nostro corpo così com’è, con cura e rispetto. Anche nella malattia e nei suoi limiti. Al di là della esplicita regola morale su ciò che dovrebbe e non dovrebbe fare, se prendiamo sul serio la cura del nostro corpo, Dio ci parlerà e, naturalmente, si prenderà cura di noi.

2. Corpo e anima sono uno

Secoli fa era molto popolare l’eresia del dualismo, secondo cui corpo e anima sono separate, l’anima è il bene ed è chiamata verso l’alto, mentre il corpo è il male, corruttibile e quasi un ostacolo per gli scopi di Dio. È vero che vi è una gerarchia dell’anima sul corpo, ma questo non significa che il corpo è un fastidio ed è un semplice accessorio.

Non cadiamo a volte anche noi in un dualismo? A volte ci preoccupiamo dell’interiore, coltivare l’anima, andiamo a messa, ai ritiri, prepariamo le riunioni dei nostri gruppi e facciamo tutto il lavoro pastorale e spirituale necessario. Ma se si tratta di riservare 20 minuti al giorno per una passeggiata, o di evitare di fare il bis con il dolce, perché non è necessario, allora facciamo il minimo sforzo. Oppure, al contrario, siamo troppo presi dal nostro corpo come se solo questo ci definisse e solo lì si trovasse il nostro valore.


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Siamo un unicum, tutto creato da Dio a sua immagine e somiglianza, sin dalla Genesi, infatti il corpo fa parte della dignità dell’immagine di Dio (CCC, 364). Pertanto il nostro corpo non è un peso, ma un dono di Dio.

Unità di anima e di corpo, l’uomo sintetizza in sé, per la stessa sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore. Non è lecito dunque disprezzare la vita corporale dell’uomo“(Concilio Vaticano II, Gaudium et spes 14).

3. Il fine del corpo non è il corpo, ma la persona

Il corpo ci permette di conseguire gli scopi per cui è stato creato, è attraverso il corpo che possiamo esprimere la nostra persona. Ma è solo un mezzo, non un fine. È quello che la nostra anima sperimenta grazie alle nostre attività corporee ad essere importante. Una domanda che ci aiuta a discernere ogni volta che abbiamo dei dubbi può essere: questa cosa mi aiuta come persona a conseguire gli scopi per cui Dio mi ha creato?

Non si tratta di disprezzare il corpo, o “promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo” (CCC, 2289). Vuol dire avere cura di esso, ma con moderazione, senza strafare e cadere nell’ossessione della sua cura. Il nostro corpo ci permette di servire gli altri e, infatti, ci permette di comunicare con Dio nel momento della preghiera e della sua preparazione. Non è la stesso pregare in piedi o in ginocchio.

4. Sulle modifiche del corpo

Spesso cose come tingersi i capelli, di verde per la moda o biondi per coprire quelli grigi, tatuarsi, indossare un piercing o altre modifiche del corpo non sono un problema morale che riguarda il bene e il male. Di fatto, la maggior parte delle volte non influenzano, anche moralmente, la nostra anima nei confronti degli altri o di Dio. Tuttavia, quando tutta la nostra attenzione e la dedizione è nel corpo, cadiamo nel peccato. Molti di questi cambiamenti possono essere piuttosto culturali e il modo in cui sono giudicati risponde a quella determinata cultura. Ma perché ci permettiamo di forare le orecchie di bambine appena nate? Modifichiamo il loro corpo dopo appena un paio di ore di vita. Per quanto riguarda la cultura, utilizziamo gli anelli per farle apparire femminili. Avere i capelli di un colore diverso rispetto a quello naturale e mantenere quel colore (o andarlo a cambiare ogni anno come nel caso di mia mamma), non è forse un cambiamento permanente tanto quanto un tatuaggio?

Per favore, non credo di essere in una delle due fazioni. Non ci sono fazioni. Voglio solo far capire che si tratta di una questione culturale, piuttosto che morale. Tuttavia, visto che il nostro corpo comunica, non è la stessa cosa avere una tinta nera per coprire i capelli bianchi e una blu per esprimere ribellione.


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La domanda importante è: perché dovremmo cambiare il nostro corpo? Il più delle volte la risposta ha a che fare con la scoperta dell’identità e del “distinguerci” dal resto. Serve per rendere evidente agli altri (e a noi stessi) che siamo unici, speciali e quindi per definire meglio chi siamo o chi pensiamo di essere.

5. Il corpo non è la persona ma è della persona

Se confrontiamo il corpo di un bambino con quello di un anziano o una persona malata, e lo valutiamo per la sua condizione, potremmo essere portati a credere che uno è meno persona rispetto agli altri perché il suo corpo è in uno stato “inferiore”. Sebbene il corpo esprimi la persona, non è la persona ma della persona. Altrimenti sarebbe meno persona qualcuno per strada rispetto a un atleta, o una donna dedicata ai bambini e alla casa rispetto a Miss Universo. Fissare il centro del problema nel corpo e nella sua condizione, ci fa inciampare. Guardare moralmente il corpo ci fa cadere in tentazioni illusorie. Basta poco per pensare che coloro che soffrono di malattie, siano in quella condizione a causa dei loro peccati e difetti, come credeva nell’antichità. Una sorta di punizione divina.

La Chiesa ci insegna instancabilmente che la dignità non dipende dal corpo. Ecco perché così vigorosamente difendiamo la vita dal concepimento alla morte naturale. Visto in questo modo, quando guardiamo agli altri, più del corpo contempliamone la persona.

6. Il corpo ci aiuta a esprimere ciò che abbiamo dentro

Il nostro viso e le espressioni rendono visibile ciò che è nel nostro spirito e in effetti non esprimere ciò che si muove dentro di noi è anche una manifestazione spirituale di mancanza di libertà, menzogna e vergogna. Gesù stesso si caratterizzò per esternare e comunicare fisicamente ciò che diceva con le parole. I nostri gesti comunicano. I nostri vestiti anche. Tutto ciò che facciamo con il nostro corpo ci aiuta a esprimere agli altri ciò che accade dentro di noi.


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Questo è probabilmente il motivo per cui l’oratore della storia a inizio articolo era così preoccupato per l’aspetto dei giovani. Vederli in disordine, con i loro corpi coperti da vestiti poco appropriati per l’occasione, piuttosto che una mancanza di per sé è un messaggio che dice agli altri “non mi importa”, “non sono d’accordo”, “non ti rispetto” e tante altre interpretazioni, che probabilmente hanno poco a che fare con il senso originale di chi usa queste cose, ma gli altri le percepiscono così.

7. E come prendersi cura del corpo?

Qui è dove l’oratore fallisce pesantemente e forse senza rendersene conto. Il ragazzo aveva ragione, perché non solo in Cile, ma secondo l’OMS in tutto il mondo, la principale causa di morte sono le malattie cardiovascolari. Tre su dieci persone muoiono a causa di questo e tra i fattori di rischio ci sono obesità, vita sedentaria e fumo. Tatuaggi e piercing non compaiono nella lista. Poi secondo questa logica moraleggiante di giudicare i peccati (ma non è affatto mia intenzione), sono molto maggiori i danni al tempio dello Spirito, che è il nostro corpo, provocati dal mangiare al McDonalds rispetto al mettere un anello al naso.

Ma no. Né l’uno né l’altro. Abbiamo parlato di modifiche del corpo, ma poco del resto. Di quanto cadiamo nell’accogliere eccessi tra le nostre abitudini, in particolare fisici e alimentari.

La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l’incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli (CCC, 2290).

Una dieta equilibrata, l’esercizio fisico, un adeguato riposo, ricreazione e formazione spirituale sono importanti anche nella vita di un cristiano. Essi sono anche parte di ciò che Dio si aspetta da noi quando ci ha chiesto di prenderci cura del tempio dello Spirito Santo. Guardare così la nostra natura non solo ci aiuta ad avvicinarci di più a Dio, ma ci permette di guardare gli altri con amore, senza metterli sotto processo. Essa ci porta a guardare la nostra stessa vita prima desiderare il cambiamento degli altri. Così, Dio usa il nostro corpo e ciò che facciamo con esso, per la nostra santificazione.


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QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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