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Qual è il centro della tua vita?

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Carlos Padilla - pubblicato il 27/02/17
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È così facile fare confusione e servire il potere, la fama, il prestigio, il mio ego…Quale padrone sto servendo?Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona“. Dio o il denaro. Dio o il potere. Dio o la fama. Dio o il successo. A chi sto servendo?

Non è una risposta semplice. Non vivo nascosto dal mondo. Non vivo dimenticato dagli uomini. Ma davanti a Dio. Nelle Sue mani. Molte volte sono turbato dal mondo e da tutto ciò che mi offre. Voglio pensare solo a Dio. Vivere solo nella Sua presenza. Ma non ci riesco.

Il mondo mi seduce con i suoi canti, con le sue attrazioni. Questo mondo creato da Dio. Questo bellissimo mondo, pieno della Sua presenza.

Gesù mi chiede, oggi, di servire solo Lui. Che viva per Lui, ovunque mi trovi. Che faccia i suoi interessi nella missione che mi ha affidato. Ma non so se ci riesco.

Qualcuno diceva: “L’avidità e potere. L’ansia della notorietà e della venerazione. Donare, servire, riverire. L’impegno, il servizio e la lode… Non il mio regno, ma il Tuo regno, si manifesti. La Tua volontà, non la mia. Non il mio nome, ma il Tuo nome, sia santificato. Rinuncio al mio onore. Tuo è il regno e la potenza e la gloria“.

Voglio vivere così. Non il mio regno, ma il Suo regno. Quel regno di Dio che inizia quando io inizio a servire. Quando non pongo più l’attenzione su me stesso, e comincio ad amare l’altro. A servire Dio nell’altro. A dare la vita per Dio, amando l’uomo.

Ho solo un cuore. E non posso dividerlo. Se non amo me stesso, non posso amare il mio prossimo. Se non amo sinceramente l’uomo, non posso amare Dio.

A chi servo in realtà? Molte volte mi ritrovo a cercare me stesso in tutto ciò che faccio. Smetto di pensare agli altri e penso solo a me stesso. Smetto di cercare l’amore disinteressato, e nel mio cuore sorge soltanto un amore interessato. Il mio amore è egoista e schiavo.

Voglio servire. Mi inginocchio implorando Dio di darmi più opportunità per servire. Ma poi finisco col servire i miei interessi. I miei desideri. Anche quando faccio del bene agli altri, sento il desiderio del riconoscimento.

E quando prego nel profondo della mia anima, è come se percepissi una ricerca egoistica della mia pace interiore. Essere in pace con me stesso e con gli uomini.

Come faccio a distinguere quando sto servendo altri signore, e quando sto servendo Dio? Non è così semplice. Ogni notte devo essere determinato a guardare nel mio cuore, la purezza dei miei sentimenti. La mia vita alla luce di Dio.

Oggi ho sentito queste parole: “Che la gente veda in noi soltanto dei servi di Cristo, degli amministratori dei misteri di Dio. Non giudicate prima del tempo: lasciate che venga il Signore. Egli illuminerà ciò che è nascosto nelle tenebre, ed esporrà i disegni del cuore“.

Non giudico le mie intenzioni finali, le mie inclinazioni. Tutto è confuso. Non ci sono intenzioni totalmente pure. Forse nel cielo. Qui lascio che Dio mi guardi. Che guardi la mia verità più nascosta nelle pieghe del mio cuore.

Voglio essere solo un servo fedele. Un uomo al servizio degli uomini. Al servizio di Dio. È così facile confondermi e servire altri padroni. Servire il potere, la fama, il prestigio. Servire il mio ego, che ha bisogno di amore e di riconoscimento continuo.

Forse ho bisogno di più profondità, non devo vivere nella periferia della mia vita: “Lo Spirito Santo è l’anima del Corpo Mistico di Cristo. Se trascuriamo l’anima, se non ci apriamo ad essa senza riserve, ci fermeremo sulla superficie della vita spirituale” [1].

Ho bisogno di affidarmi nuovamente a Dio, allo Spirito Santo, ogni giorno. Di mettere la mia vita nelle Sue mani, e di smetterla di agire. Solo così il Signore, Gesù, sarà al centro della mia vita. Solo allora tutto, nel mio cuore, ruoterà intorno a lui.


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Voglio servire con un cuore umile. Colui che serve, regna. Colui che serve la verità, e non si serve di essa. È difficile servire senza mettermi in mezzo. Molte volte, uomo quale sono, cado in tentazione. Servo, ma in realtà sto servendo me stesso.

Il mio servizio è utile. Mi pone in una posizione di potere, di vanità, di vanagloria. Sono contento quando viene riconosciuto il mio impegno. Quando mi ringraziano per la mia generosità.

Ma in questo modo non sono generoso. Cerco il mio bene. Desidero un luogo speciale in cui tutti mi possano vedere. Non è un servizio nascosto agli occhi degli uomini. E quando non lo vedono, quando gli altri non riconoscono il mio valore, piango e mi dispero. Voglio emergere. Voglio che mi apprezzino.

E poi mi viene in mente una frase che mi ha detto una persona: “Devi dare luce, non metterti in luce“. Forse mi interessa meno dare luce che mettermi in luce, che essere riconosciuto per il mio valore.

Gesù è venuto soltanto per dare luce. Non è venuto per mettersi in luce. Ed è morto nel buio della croce. Abbandonato. I suoi hanno smesso di servirlo. Perché chi è in croce, spesso rimane da solo. Colui che ha subito disprezzo e oblio, perde persino gli amici.

Chi serve davvero Dio smette di risplendere davanti agli uomini. È luce di fronte a Dio. Risplende per Dio. Anche se nella notte gli uomini non riescono a vedere questa luce che brilla. Voglio essere un fedele servitore. Servire Dio nel piccolo, senza cercare apprezzamenti o lodi.

Voglio servire, e non servirmi della mia autorità, della mia posizione, del mio incarico. Voglio servire disinteressatamente la vita degli altri. Mettere la mia vita al servizio di coloro che hanno di meno. Di quelli che mi possono dare di meno. Di quelli che non posso restituire quello ciò che do loro. Questo servizio è grande. È quello di Gesù, nella sua vita, nella sua croce.

[1] J. Kentenich, Envía tu Espíritu

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]